domenica 7 novembre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • domenica | 7 novembre 2021

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Lectio domenica 7 novembre 2021

 Domenica della Trentaduesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
Lettera agli Ebrei 9, 24 - 28
Marco 12, 38 - 44

1)    Orazione iniziale
Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.

2)    Lettura: Lettera agli Ebrei 9, 24 - 28
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.

3)    Commento su Lettera agli Ebrei 9, 24 - 28
L'Apostolo Paolo nella lettera agli Ebrei ricorda che gli antichi sacerdoti salivano una volta all'anno al tempio ed immolavano molti animali, Cristo invece si è immolato una volta sola e con il suo sacrificio ha sconfitto il peccato ed è salito in cielo per comparire al cospetto di Dio in nostro favore, così come per l'uomo è stabilito che muoiano una sola volta e poi viene il giudizio così è avvenuto per Cristo.

San Paolo è chiarissimo nel parlare del sacrificio di Cristo che è apparso, offrendosi, "una volta per togliere i peccati di molti, una seconda volta apparirà senza rapporto al peccato, a salvezza di coloro che l'aspettano". Non possiamo dimenticare che questo è il nostro destino, nel quale dobbiamo convogliare tutti i sacrifici che incontriamo nella nostra vita. È proprio questo che ci consentirà di apparire, un giorno, al cospetto di Dio dove, come ci ricorda ancora San Paolo, Cristo "appare ora per noi".

24Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore.
Ecco dunque la descrizione del sacrificio di Cristo. Per prima cosa il luogo dell'offerta. Il sommo sacerdote Gesù non è entrato nel tempio fatto dagli uomini, ma in quello vero, cioè al cospetto di Dio. Il tempio di Gerusalemme era solo una figura della corte celeste. Gesù è comparso davanti al Dio dell'universo per intercedere a nostro favore. Dal giorno dell'Ascensione egli è davanti al trono di Dio, nel suo corpo glorioso e parla di noi al Padre.

25E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui:
Un altro elemento importantissimo è che la sua offerta ha valore perenne, non deve essere più ripetuta ogni anno come invece dovevano fare i sacerdoti a Gerusalemme. Inoltre Gesù non ha presentato l'offerta del sangue altrui, quello degli animali del sacrificio. Lui stesso è stato immolato e offerto, vero agnello pasquale.

26in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.
Il nostro autore specifica meglio la definitività del sacrificio di Cristo. Egli non deve offrire più volte se stesso perché il suo sacrificio non ha semplicemente impetrato il perdono dei peccati, bensì ha annullato del tutto il peccato.

27E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, Ora vediamo le ricadute che questa offerta ha avuto sulla condizione umana. Anche per gli uomini vi è un evento definitivo e irreversibile, quello della morte. Dopo la morte avviene il giudizio, la valutazione di quanto di bene una persona ha fatto durante la sua vita terrena.

28così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza. Per Gesù ci sarà una seconda venuta nel mondo. Egli che si è offerto una sola volta per annullare il peccato, tornerà una seconda volta nella gloria non più per annullare il peccato, ma per venire incontro a quanti lo aspettano per essere ammessi alla sua salvezza.

4)   Lettura: dal Vangelo secondo Marco 12, 38 - 44
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

5)   Riflessione sul Vangelo secondo Marco 12, 38 - 44
Nel vangelo di oggi Gesù definisce il comportamento degli scribi; essi agivano per vanagloria, cioè per essere riconosciuti, per la lode degli altri. Un'altra osservazione riguardava la loro avidità e infine l'ostentazione della religiosità per cui facevano lunghe preghiere. Gli scribi erano coloro che si occupavano della legge e della sua interpretazione ma anche noi possiamo avere dei comportamenti come loro: quando ricerchiamo l'approvazione, il riconoscimento degli altri più che la giustizia; quando cerchiamo di apparire più che di servire, quando ci lasciamo prendere dall'avidità e poniamo la nostra sicurezza nella ricchezza anche se abbiamo piccole somme. Ognuno può vedere se dentro di sé ci sono alcuni di questi atteggiamenti, non però per condannarsi: Gesù non condanna, scuote, vuole fare la verità dentro di noi, vuole che prendiamo coscienza dei nostri errori per migliorare: beato l'uomo che è corretto da Dio, dice la Scrittura. E Gesù nel vangelo dice che il Padre pota l'albero che porti frutto perchè porti più frutto. Non scoraggiamoci allora se riscontriamo in noi atteggiamenti farisaici o come gli scribi: chiediamo perdono cercando di correggerci.
La vedova incontrata da Elia, pur avendo poca farina e poco olio, fa una focaccia per il profeta, mentre la vedova del vangelo dà tutto quanto ha. Queste donne sono un grande esempio di generosità e di fede: si affidavano totalmente a Dio, hanno avuto il coraggio di offrire ciò che è loro necessario. Queste figure ci stimolano ad agire in due direzioni: ci sono di esempio nella fede, perchè hanno riposto la loro sicurezza nel Signore, si appoggiavano a Lui per la loro vita, confidando in Lui. Esse non contavano sul denaro o su altri beni, ma sul Signore. Esse ci invitano poi ad essere generosi, a dare a Dio e agli altri non solo il superfluo, ma anche il necessario: non si parla solo di soldi ma di tempo, di energie: chiediamo la grazia di credere come loro.

Gesù contrappone qui due tipi di comportamento religioso. Il primo è quello degli scribi pretenziosi che si pavoneggiano ed usano la religione per farsi valere. Gesù riprende questo atteggiamento e lo condanna senza alcuna pietà. Il secondo comportamento è invece quello della vedova povera che, agli occhi degli uomini, compie un gesto irrisorio, ma, per lei, carico di conseguenze, in quanto si priva di ciò di cui ha assolutamente bisogno. Gesù loda questo atteggiamento e lo indica come esempio ai suoi discepoli per la sua impressionante autenticità. Non è quanto gli uomini notano che ha valore agli occhi di Dio, perché Dio non giudica dall'apparenza, ma guarda il cuore (1Sam 16,7). Gesù vuole che guardiamo in noi stessi. La salvezza non è una questione di successo, e ancor meno di parvenze. La salvezza esige che l'uomo conformi le azioni alle sue convinzioni. In tutto ciò che fa, specialmente nella sua vita religiosa, l'uomo dovrebbe sempre stare attento a non prendersi gioco di Dio. Scrive san Paolo: “Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato” (Gal 6,7).
Il Signore chiede che si abbia un cuore puro, una fede autentica, una fiducia totale. Questa donna non ha nulla. È vedova, e dunque senza appoggio e senza risorse. È povera, senza entrate e senza garanzie. Eppure dà quello che le sarebbe necessario per vivere, affidandosi a Dio per non morire. Quando la fede arriva a tal punto, il cuore di Cristo si commuove, poiché sa che Dio è amato, e amato per se stesso. L'avvenire della Chiesa, il nostro avvenire, per i quali le apparenze contano tanto, è nelle mani di questi veri credenti.

L'amore in perdita, senza calcoli, della vedova povera.
Il brano è costruito come una contrapposizione tra gli scribi, i teologi ufficiali potenti e temuti, e una donna senza nome, vedova e povera, senza difese e senza parole, che però detta la melodia del vivere, maestra di fede. Donna nel bisogno, e per questo porta di Dio, breccia per il suo intervento. Nella Bibbia, vedove, orfani e stranieri, compongono la triade dei senza difesa. E allora è Dio che interviene prendendo le loro difese, entrando negli interstizi del dolore.
Gesù ha sempre mostrato una predilezione particolare per le donne sole. Al tempio, questa maestra senza parole, che non ha titolo per insegnare, che ha solo la fede e la sapienza del vivere che sa di pane e di lacrime, raccolta tra le pieghe dolenti della vita, scalza dal pulpito i sacerdoti, dalla cattedra i teologi, per una lezione fondamentale: abitare il mondo non secondo il criterio della quantità, ma del cuore.
Venuta una vedova, povera, gettò in offerta due spiccioli. Gesù se n'è accorto, unico; osserva e nota i due centesimi: sono due, è importante notarlo, poteva tenersene uno e dare l'altro. Gesù vede che la donna dà tutto, osserva il suo gesto totale. Allora chiama a sé i discepoli, per un insegnamento non morale ma rivelativo. Accade qualcosa d'importante: Questa povera vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Lo stupore per quel gesto nasce dall'aver intuito un di più, uno scialo, uno sciupìo di cuore, un eccesso che esce dal calcolo e dalla logica. Lo stupore scombina il circolo della polemica, suggerendo che c'è anche dell'altro da guardare, molto altro oltre le ricche offerte dei ricchi. Lo sguardo di Gesù mette a fuoco i dettagli: il divino si cela in un gesto di donna, l'annuncio si nasconde nel dettaglio di due centesimi. Piccole cose che non annullano il duro scontro in atto, ma indicano la possibilità, la strada di una religione dove non tutto sia calcolo, che suggeriscono una possibilità: si può amare senza misura, amare per primi, amare in perdita, amare senza contraccambio. Il Vangelo ama l'economia della piccolezza: non è la quantità che conta, ma l'investimento di vita che metti in ciò che fai. Le parole originarie di Marco qui sono bellissime: gettò intera la sua vita. Che risultati concreti portano i due centesimi della vedova? Nessun risultato, nessun effetto per le belle pietre e le grandi costruzioni del tempio. Ma quella donna ha messo in circuito nelle vene del mondo molto cuore e molta vita.
La santità? Piccoli gesti pieni di cuore. Ed è così, perché ogni gesto umano compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio. Ogni atto umano "totale" contiene in sé e consegna qualcosa di divino.

Gli spiccioli della vedova e il tesoro in Cielo.
Il Vangelo mette a confronto due magisteri: quello degli scribi, teologi e giuristi importanti, e quello di una vedova povera e sola; ci porta alla scuola di una donna senza più difese e la fa maestra di vita.

Gli scribi sono identificati per tre comportamenti: per come appaiono (passeggiano in lunghe vesti) per la ricerca dei primi posti nella vita sociale, per l'avidità con cui acquisiscono beni: divorano le case delle vedove, insaziabili e spietati. Tre azioni descritte con i verbi che Gesù rifiuta: apparire, salire e comandare, avere. Sintomi di una malattia devastante, inguaribile, quella del narcisismo. Sono di fatto gli inconvertibili: Narciso è più lontano da Dio di Caino.
Gesù contrappone un Vangelo di verbi alternativi: essere, discendere, servire e donare. Lo fa portandoci in un luogo che è quanto di più estraneo al suo messaggio si possa immaginare: in faccia al tesoro del tempio; e lì, seduto come un maestro, osserva come la gente getta denaro nel tesoro: "come" non "quanto". Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.
I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine. L'uomo per star bene deve dare. È la legge della vita, siamo progettati così. Questa capacità di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in sé qualcosa di divino! Tutto ciò che è fatto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.
Il verbo salvifico che Gesù propone in contrapposizione al "divorare" degli scribi, è "gettare", ripetuto sette volte nel brano, un dare generoso e senza ritorno.
Lo sa bene la vedova, l'emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con gesto largo, sicuro, generoso, convinto, anche se ciò che ha da donare è pochissimo. Ma non è la quantità che conta, conta sempre il cuore, conta l'investimento di vita. La fede della vedova è viva e la fa vivere. Non le dà privilegi né le riempie la borsa, ma le allarga il cuore e le dà la gioia di sentirsi figlia di Dio, così sicura dell'amore del Padre da donare tutto il poco che ha.
Questa donna, che convive col vuoto e ne conosce l'angoscia, è fiduciosa come gli uccelli del cielo, come i gigli del campo. E il Vangelo torna a trasmettere il suo respiro di liberazione.

6)     Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Che cosa è per noi il "superfluo"?
- Per noi tutto è assolutamente necessario, ma allora perché solo una parte degli uomini ha tutto e gli altri non hanno neppure il cibo?
- Quante volte nella nostra vita abbiamo seguito gli atteggiamenti dei grandi, di chi era agli onori della cronaca, di chi possedeva molto, forse solo perché attratti da quel modo di vivere dimenticandoci, che la vera gioia viene solo da Dio e solo i piccoli ed i poveri sono coloro che ci indicano la via giusta per arrivare alla conoscenza di Dio?
- Siamo capaci a rinunciare a qualcosa che ci piace per donare l'equivalente al fratello bisognoso?
- Che cosa sto gettando io nel tesoro del tempio, a favore di Dio?

7)     Preghiera: Salmo 145 Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per sempre rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

8)     Orazione Finale
Signore Gesù, che per venire a salvarci hai scelto la strada dell'umiltà e del nascondimento e hai avuto attenzione verso tutti, ma in special modo verso i poveri, aiutaci a camminare per la stessa tua strada, in umiltà e condivisione.