giovedì 4 novembre 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • giovedì | 4 novembre 2021

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Lectio giovedì 4 novembre 2021

 Giovedì della Trentunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Carlo Borromeo
 
Lettera ai Romani 14, 7 - 12
Luca 15, 1 - 10
 
 
1) Orazione iniziale
Custodisci nel tuo popolo, o Padre, lo spirito che animò il vescovo san Carlo, perché la tua Chiesa si rinnovi incessantemente, e sempre più conforme al modello evangelico, manifesti al mondo il vero volto del Cristo Signore.
 
S. Carlo, fulgida gloria della Chiesa, nacque ad Arona sul Lago Maggiore il giorno 2 ottobre 1538 dal conte Gilberto Borromeo e Margherita de' Medici. 
Dopo i primi studi, fu inviato all'Università di Pavia per il diritto; qui gli giunse notizia che un suo zio materno, il cardinal de' Medici, era stato fatto Papa col nome di Pio IV. Dobbiamo riconoscere che egli cedette alquanto alle consuetudini mondane del suo secolo; ma la morte del fratello Federico gli mostrò la vanità delle cose umane, ed egli docile alla voce di Dio riformò completamente se stesso e i suoi familiari, dandosi ad una vita austera e penitente. 
Poco più che ventenne fu creato cardinal segretario del Papa ed in seguito fatto arcivescovo di Milano. Come segretario lavorò con zelo indefesso per il Concilio di Trento, e poi per la pratica attuazione dei decreti di quel concilio. 
Morto Pio IV, suo zio, S. Carlo lasciò Roma per recarsi alla sua sede arcivescovile allora ridotta in tale stato da scoraggiare qualsiasi tentativo di riforma; ma l'Arcivescovo non indietreggiò. Con prudenza e con fortezza si diede ad abbattere e poi a riedificare. Pubblicò subito i decreti del Concilio di Trento, praticandoli egli per primo: eliminò dal suo palazzo ogni pompa secolaresca e vendette quanto aveva di superfluo, dandone il ricavato ai poveri. 
Sapeva che il mezzo migliore per riformare il popolo era quello di formare dei buoni sacerdoti, ed a questo scopo, seguendo le norme del concilio, fondò diversi seminari ed istituì la Congregazione degli Oblati. 
Infiammato dal suo zelo apostolico percorse più volte la sua vasta archidiocesi per le visite pastorali. Sarebbe certo suggestivo poterlo seguire nei suoi innumerevoli viaggi a Roma, in Piemonte, a Trento, nella Svizzera e dovunque vi fosse del bene da compiere. Visitava i più celebri santuari che incontrava sul suo cammino, lasciando ovunque segni di grande pietà. 
Però dove maggiormente rifulsero la sua carità e il suo zelo, fu nella terribile peste scoppiata a Milano, mentre egli si trovava in visita pastorale nel 1572. Tutti i personaggi più distinti fuggivano terrorizzati: San Carlo invece, tornato prontamente in città, organizzò l'assistenza agli appestati, il soccorso ai poveri, l'aiuto ai moribondi, dappertutto era il primo, ovunque dava l'esempio. Per invocare poi l'aiuto divino, indisse processioni di penitenza, alle quali partecipò a piedi scalzi e prescrisse preghiere e digiuni. Alla peste seguì la più grave miseria, e il santo prelato, dopo aver dato quanto possedeva, vendette i mobili dell'arcivescovado, contraendo anche forti debiti. 
Nell'ottobre 1584 si ritirò sul monte Varallo per un corso di esercizi spirituali. Ivi s'ammalò e trasportato a Milano spirò il giorno 3 novembre.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 14, 7 - 12
Fratelli, nessuno di noi vive per sé stesso e nessuno muore per sé stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto: «Io vivo, dice il Signore: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio.
3) Commento su   Lettera ai Romani 14, 7 - 12
Tutto il Cielo si rallegra quando un peccatore si converte. Il Cielo si rallegra, gioisce, fa festa. Farisei e scribi cosa fanno? Si rattristano. Mormorano contro Gesù. Chiudono le porte.
Quanta differenza tra il pensiero del Cielo e quello della terra. Farisei e scribi non conoscono Dio, non sanno nulla del suo cuore. Non comprendono l'amore del Padre celeste. Essi ignorano che il Padre per la vita dei suoi figli sacrifica il suo Unigenito.
 
Nessuno di noi infatti vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo viviamo per il Signore, se noi moriamo moriamo per il Signore. (Rm 14, 7-8) - Come vivere questa Parola?
Queste parole di s. Paolo ci parlano di una vita "orientata", di una esistenza che sa perché e per chi vive e perché e per chi muore.
Di una vita che ha la sua Bussola, il "GPS" integrato.
I cellulari o le automobili sono ormai sempre più spesso dotati di congegni di "navigazione" che l'uomo con la sua intelligenza ha inventato per facilitare la vita ai viaggiatori.
Se dunque noi che siamo piccola cosa siamo capaci di facilitarci il transito sulle strade, Dio ancora di più.
Lui stesso si è "integrato" nel nostro cuore di pellegrini, si è innestato per trasmetterci la sua linfa vitale. Lui non solo è la nostra meta ma pure la nostra via, la nostra guida e la nostra benzina.
É la nostra fame ma anche il nostro cibo, la nostra sete e la nostra acqua.
Una vita radicata in lui ha il suo orientamento che resiste alle sbandate, alle buche, agli errori di percorso. Infatti con Lui il "ricalcolo" del tragitto è sempre possibile.
In Lui e per Lui non solo la vita non si smarrisce definitivamente ma anche il morire non è un perdersi.
Abbiamo bisogno di sollevare i nostri occhi dal nostro ombelico dove purtroppo a volte si inchiodano, portandoci a vivere (e a pensare) solo per noi stessi e dunque condannandoci al disorientamento.
Quando riusciamo a farlo scopriamo allora una nuova possibilità di "navigazione" nel mondo interiore ed esteriore e l'impressione di essere senza un inizio e senza una fine, senza una meta e senza un percorso finalmente ci abbandona.
Grazie per essere Signore il nostro punto fermo e la via per raggiungerlo. Grazie perché ci aiuti a ritrovarci in Te.
Ecco la voce di un Rabbi - Rabbi di Gher citato da M. Buber: Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi un giorno dovrai rendere conto
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4) Lettura: Vangelo di Luca 15, 1 - 10
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
 
5) Riflessione sul Vangelo di Luca 15, 1 - 10  
 "In quel tempo dice il passo evangelico di oggi si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro"". Manca ai farisei l'atteggiamento interiore della povertà spirituale, indispensabile per essere all'unisono con Gesù, per condividere i suoi sentimenti. La loro è invece l'attitudine contraria: questo è mio e non appartiene che a me, non può essere condiviso con altri. Scribi e farisei sono convinti che Dio è proprietà loro e di nessun altro: gli altri sono peccatori. Sono loro i padroni di Dio, i padroni della salvezza, i padroni della vita spirituale e mormorano contro Gesù che "riceve i peccatori e mangia con loro", perché hanno l'impressione che venga ingiustamente dato ad altri qualche cosa che è di loro esclusiva proprietà. Gesù vuole invece far loro capire che per essere uniti a Dio non devono rinchiudersi nel loro egoismo, ma aprirsi agli altri, accogliere gli altri, anche quelli che sembrano i più indegni, perché questo è l'atteggiamento di Dio. Dio è la generosità senza limiti, colui che si prende cura di tutti, si rallegra con tutti, si preoccupa in modo speciale dei più bisognosi, cioè di chi si trova in una condizione di mise4a spirituale che deve essere sostenuta, confortata.
Chi è povero in spirito desidera il bene degli altri, condivide con gli altri i doni che ha ricevuto, sapendo che sono doni che si moltiplicano distribuendoli; così è nella condizione privilegiata per essere unito al Signore.
Le ricchezze spirituali sono state paragonate alla fiamma. Una fiamma non perde nulla comunicandosi, anzi è accresciuta e diffonde più luce, diffonde più fuoco. Chi vuoi metterla al sicuro in un luogo chiuso, la fa morire per mancanza di ossigeno. Così è per le ricchezze spirituali.
Domandiamo al Signore di comprendere profondamente questa attitudine di spirito, che ci impedisce di inorgoglire, di appoggiarci su noi stessi, e ci fa abbandonare nelle mani del Signore tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo, sapendo che tutto ci viene da lui e che, se li condividiamo, egli moltiplica in noi i suoi doni.
 
"Allora egli disse loro questa parabola: "Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta. Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione." (Lc 15, 3-6) - Come vivere questa Parola?
Di fronte alle critiche dei farisei e degli scribi sul fatto che il Maestro stava a mensa con i peccatori, Gesù racconta le parabole della misericordia. "Brevi tratteggi, plasticamente efficaci, dicono l'attenzione amorosa e la preoccupazione sincera di Dio che va in cerca dell'uomo che si è perduto".
Sono istantanee di un Dio che non si accontenta di aspettare un ritorno, a volte, difficile e arduo, ma di un Pastore/Padre che si muove, facilita l'incontro, spiana la strada a chi si è reso lontano. E gioisce per averlo ritrovato. Questo è il senso e il messaggio di speranza che vuole raggiungere tutti noi, spesso sperduti e soli.
Ecco la voce di uno scrittore contemporaneo Ch. Péguy: "La conversione di un uomo è il compimento di una speranza di Dio."
 
La buona pastorale, quella secondo Dio, è fatta di due missioni: la prima deve sempre consolidare, rafforzare, vivificare, santificare il gregge che già si possiede. La cura del gregge prevede che quanti si perdono vengano cercati e ricondotti nell'ovile. Senza questa azione di custodia e di crescita spirituale all'interno l'aggiunta di nuove pecore che non appartenevano già all'ovile, sarà opera di vero disastro. Un gregge ammalato, non curato bene, non nutrito come si conviene, infetta ogni altra pecora che ad esso si aggiunge. Si opera vanamente all'esterno se non si lavora santamente all'interno.
Oggi molto lavoro missionario viene sciupato, vanificato. Molte pecore all'interno sono ammalate, smarrite, confuse, incerte, vagano da errore in errore e da falsità in falsità. Non appena vi si aggiunge un'altra pecora, subito viene infettata di ogni eresia, menzogna, falsità. La Chiesa che si vuole in uscita, deve essere prima di tutto Chiesa pienamente ricca della verità di Cristo Gesù.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
Preghiamo perché nessun peccato diminuisca in noi la gioiosa certezza che Cristo è alla nostra ricerca per accoglierci tra le sue braccia, come la pecora smarrita?
Preghiamo perché nel nostro paese le risorse che Dio ci ha dato, siano investite nella costruzione di una società attenta agli ultimi e giusta con tutti?
Preghiamo perché i genitori e gli educatori sappiano trasmettere alle nuove generazioni il gusto d'una vita in armonia con Dio e con il prossimo?
Preghiamo perché i cristiani discriminati o perseguitati a motivo della fede, vivano la loro emarginazione con fortezza, umiltà e senza rancori?
 
 
7) Preghiera: Salmo 26
Contemplerò la bontà del Signore nella terra dei viventi.
 
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore èdifesa della mia vita:
di chi avrò paura?
 
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.
 
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.