domenica 29 agosto 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • domenica | 29 agosto 2021

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Lectio domenica 29 agosto 2021

 
Domenica della Ventiduesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
Lettera di Giacomo 1, 17-18. 21-22. 27
Marco 7, 1-8. 14-15. 21-23
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
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2) Lettura: Lettera di Giacomo 1, 17-18. 21-22. 27
Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature. Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi. 
Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.
 
3) Commento su Lettera di Giacomo 1, 17-18. 21-22. 27
 Con questa domenica iniziamo la lettera di Giacomo. Sebbene si apra con l'indirizzo di una lettera, questo scritto sembra piuttosto un'omelia che parla soprattutto della vera sapienza, dono di Dio, Questa sapienza cristiana ispira alcuni comportamenti: tradurre in atto la Parola ascoltata, evitare i favoritismi, compiere buone opere come prova di una fede viva, saper frenare la lingua e rifiutare l'uso ingiusto della ricchezza. 
L'autore della lettera è comunemente identificato con "Giacomo fratello del Signore", cioè suo cugino, figura di spicco della chiesa di Gerusalemme. Gli autori però sono più propensi ad attribuire la lettera a un anonimo cristiano autorevole, il quale avrebbe scritto verso gli anni 80/85 usando lo pseudonimo di Giacomo. 
Indirizzando la lettera "alle dodici tribù che sono nella diaspora" (Giacomo 1,1), egli si rivolge probabilmente a gruppi di cristiani di origine ebraica, di lingua greca, abitanti in Fenicia, Cipro, Antiòchia di Siria e forse anche in Egitto.
 
 Nella seconda lettura l'Apostolo Giacomo ci ricorda che per essere dei veri cristiani non basta ascoltare la Parola di Dio, ma è necessario metterla in pratica e poiché è un ‘dono’ dobbiamo farla ‘fruttificare’. 
Giacomo chiede ai fratelli e quindi anche a noi oggi di accogliere con docilità la Parola attraverso la quale siamo stati generati da Dio Padre e che può portarci alla salvezza, chiede di essere generosi con tutte le persone deboli ed indigenti e di non seguire le negatività del mondo in cui viviamo.
Abbiamo questa realtà fondamentale che la Parola è stata messa come un seme nel profondo del nostro cuore, ci sprona dal di dentro, quasi come una rivelazione di vita impegnata.
 
 Giacomo ci parla di ‘orfani e vedove’ perché a quei tempi erano le persone più deboli. Oggi non è certamente difficile trovare persone che hanno bisogno di tutto, ma soprattutto hanno bisogno di essere ascoltate, di essere considerato uguali a noi, di essere considerate persone.
La religiosità che ciascuno ha nei confronti del Signore aiuta l'uomo ad aprire il proprio cuore e sentire che Dio, se vogliamo incontrarlo e vederlo, lo troviamo soltanto nel fratello bisognoso, forse solo di un sorriso, ma anche di solidarietà, misericordia, di carità vera cioè di condivisione di ciò che si possiede.
Quando, dopo aver ascoltato la Parola, non sentiamo dentro di noi il desiderio di incontrare i fratelli forse abbiamo bisogno di un sincero e profondo esame di coscienza, per capire dove ci siamo fermati nel cammino verso la meta della nostra vita cristiana.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 7, 1-8. 14-15. 21-23
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». 
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco 7, 1-8. 14-15. 21-23
 Il vangelo di oggi ci presenta una disputa tra Gesù e i farisei: questi accusano i discepoli di non rispettare le norme di purità rituale; allora Gesù li accusa di essere ipocriti, perché osservano queste tradizioni e non curano invece i sentimenti del loro cuore e la pratica della vita.
In altre parole essi sono preoccupati dell’osservanza esteriore ma non curano l’osservanza della legge di Dio e del suo significato nel cuore. Gesù stigmatizza questo comportamento e dice che non sono le cose esterne che rendono impuro l’uomo ma il male che esce dal suo cuore, che è all’origine di furti, omicidi, calunnie e peccati di vario genere. È un richiamo anche per noi: non basta osservare scrupolosamente le regole e le norme se il cuore va in un’altra direzione; bisogna che all’osservanza esteriore corrisponda un cuore puro, veramente preoccupato del bene e impegnato ad aderire alla verità, alla giustizia. Questa parola ci invita a guardarci dentro: Che cosa occupa il nostro cuore? Cambiare il cuore è un’operazione che non possiamo fare da soli: se lo apriamo all’ascolto della Parola e all’azione di Dio allora potrà cambiare. Mettiamoci davanti al Signore e riconosciamo quello che abbiamo dentro: il primo passo per guarire è riconoscere umilmente come siamo.
 
 I puri di cuore abiteranno nella casa del Signore.
Il tempo scorre velocemente. Oggi siamo alla XXII domenica del Tempo Ordinario. È finito anche il mese di agosto, il mese delle vacanze. Qualcuno forse ancora gode dell'ultima domenica di ferie. E noi siamo qui, come ogni domenica meditiamo la Parola di Dio. Siamo venuti qui per dare lode al Signore, per ringraziarlo, per chiedere qualcosa... Ma anche lui ci accoglie, ci accoglie con gioia. Come sempre ha qualcosa per noi, un messaggio per noi, un insegnamento. Come dice s. Giacomo nella II lettura «ogni buon regalo, ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce». Ogni insegnamento che Egli ci dà èbuono, è per noi, per la nostra vita, per la nostra intelligenza. Purtroppo spesso capita che ciò che ascoltiamo in Chiesa, ciò che apprendiamo di buono e di salutare, finisce qui, ce lo dimentichiamo velocemente, invece di essere un segno, un segno di Dio per noi, un segno che non viene ascoltato, non viene accolto, non diventa parte della nostra vita. Mentre la Parola di Dio di oggi ci insegna, forse anche ci rimprovera: «Siate di quelli che mettono in pratica la parola di Dio e non soltanto ascoltatori». In pratica il Signore ci dice che non basta sapere i comandamenti, non basta sapere come vivere, non basta saper parlare bene, se dietro a tutto questo non viene un impegno, una vita cristiana, una vita conforme a tutto ciò che Egli ci insegna. Siamo sempre nell'Antico Testamento ma si può vedere quanto l'Antico Testamento è attuale anche oggi. La fede deve guidare la nostra vita, se non fosse così, la nostra fede è vana «perché questo popolo mi onora solo con le labbra ma con il cuore lontano è da me...»
Il Vangelo è nella stessa linea, ci invita a guardare nel profondo del nostro cuore, guardare se non siamo anche noi come quei farisei ipocriti che rispettano la formalità, compiono tutte le prescrizioni per essere visti, per farsi vedere, essere ammirati dalla gente.
Questo potrebbe essere anche pericolo nostro. Anche noi potremmo venire in Chiesa, aiutare altri, fare opere di bene, di carità ma non perché ci sentiamo di farlo, non perché il Signore ci chiede di amare il prossimo ma solo perché così dicono i comandamenti, le leggi, o peggio ancora per essere visti da altri, ammirati dagli altri. I farisei si sentono perfetti perché osservano le leggi. Ma Gesù li chiama ipocriti perché il loro cuore è lontano da Dio. Così la risposta di Gesù, la risposta che Egli dà ai farisei, alle accuse che muovono contro Gesù e contro gli Apostoli non si fa attendere. Loro volevano ancora una volta colpire Gesù, discreditandolo davanti alla gente. Farlo vedere in cattiva luce, che lui non è un buon maestro, non è un buon insegnante perché gli apostoli non si comportano bene, secondo la legge dei padri e in questo modo risultare perfetti loro. Ma Gesù non insegna la disubbidienza, non insegna di non dover osservare le leggi di Mosè. Dice che egli è venuto a insegnare la legge dell'amore e solo alla luce di questa legge, del comandamento nuovo si possono interpretare tutte le Scritture. La Nuova Alleanza, non quella scritta sulle tavole di pietra, ma l'alleanza nuova, scritta nei cuori dei fedeli, nei nostri cuori, è il completamento e non il rinnegamento dell'Antica Legge. Chiediamo il Signore perché possiamo non solo averlo scritto nei nostri cuori ma essere sempre capaci, essere ascoltatori di quelle leggi che proprio lì sono scritte.
 
 Quel rischio di una fede dal «cuore lontano» piegata all'esteriorità.
Gesù viveva le situazioni di frontiera della vita, incontrava le persone là dov'erano e attraversava con loro i territori della malattia e della sofferenza: dove giungeva, in villaggi o città o campagne, gli portavano i malati e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccavano venivano salvati (Mc 6,56). Da qui veniva Gesù, portando negli occhi il dolore dei corpi e delle anime, e insieme l'esultanza incontenibile dei guariti. Ora farisei e scribi lo provocano su delle piccolezze: mani lavate o no, questioni di stoviglie e di oggetti! Si capisce come la replica di Gesù sia decisa e insieme piena di sofferenza: Ipocriti! Voi avete il cuore lontano! Lontano da Dio e dall'uomo.
Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal «cuore lontano», fatta di pratiche esteriori, di formule recitate solo con le labbra; di compiacersi dell'incenso, della musica, della bellezza delle liturgie, ma non soccorrere gli orfani e le vedove (Giacomo 1,27, II lettura).
Il pericolo del cuore di pietra, indurito, del «cuore lontano» da Dio e dai poveri è quello che Gesù più teme. «Il vero peccato per Gesù è innanzitutto il rifiuto di partecipare al dolore dell'altro» (J. B. Metz), e l'ipocrisia di un rapporto solo esteriore con Dio.
Lui propone il ritorno al cuore, per una religione dell'interiorità. Non c'è nulla fuori dall'uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell'uomo...
Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l'impuro, quei pregiudizi così duri a morire. Ogni cosa è pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell'uomo e della donna. Come è scritto: «Dio vide e tutto era cosa buona».
Gesù benedice di nuovo le cose, compresa la sessualità umana, che noi associamo subito al concetto di purezza e impurità, e attribuisce al cuore, e solo al cuore, la possibilità di rendere pure o impure le cose, di sporcarle o di illuminarle.
Il messaggio festoso di Gesù, così attuale, è che il mondo è buono, che le cose tutte sono buone, che siamo liberi da tutto ciò che è apparenza. Che devi custodire invece con ogni cura il tuo cuore perché è la fonte della vita.
Via le sovrastrutture, i formalismi vuoti, tutto ciò che è cascame culturale, che lui chiama «tradizione di uomini». Libero e nuovo ritorni il Vangelo, liberante e rinnovatore.
Che respiro di libertà con Gesù! Apri il Vangelo ed è come una boccata d'aria fresca dentro l'afa pesante dei soliti, ovvii discorsi. Scorri il Vangelo e ti sfiora il tocco di una perenne freschezza, un vento creatore che ti rigenera, perché sei arrivato, sei ritornato al cuore felice della vita.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Come Comunità e come famiglia che cosa facciamo concretamente per seguire il nuovo cammino religioso e etico che Gesù ci indica per arrivare a Dio? Sappiamo leggere la presenza di Dio nel nostro rapporto di coppia? Quanto c'è di formalistico nel nostro rapporto di coppia?
- Che rapporto abbiamo con coloro che si definiscono "non praticanti"? Diamo loro "ospitalità"? Ci sentiamo uniti a loro, oppure separati? Il nostro comportamento li avvicina o li allontana?
 
 
7) Preghiera: Salmo 14
Chi teme il Signore abiterà nella sua tenda.
 
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore, 
non sparge calunnie con la sua lingua.
 
Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.            
 
Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.
 
 
8) Orazione Finale
O Padre, tu che hai voluto nutrirci con la tua parola di verità, concedici di celebrare con cuore puro i tuoi santi misteri.