domenica 8 agosto 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • domenica | 8 agosto 2021

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Lectio domenica 8 agosto 2021

 
Domenica della Diciannovesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
San Domenico di Guzman
 
Lettera agli Efesini 4, 30 - 5, 2
Giovanni 6, 41 - 51
 
 
1) Orazione iniziale 
Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità, interceda come nostro patrono davanti a te.
 
Domenico di Guzman (Caleruega, Spagna 1170 – Bologna, 6 agosto 1221) è, con Francesco d’Assisi, uno dei patriarchi della santità cristiana suscitati dallo Spirito in un tempo di grandi mutamenti storici. All’insorgere dell’eresia albigese si dedicò con grande zelo alla predicazione evangelica e alla difesa della fede nel sud della Francia. Per continuare ed espandere questo servizio apostolico in tutta la Chiesa, fondò a Tolosa (1215) l’Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani). Ebbe una profonda conoscenza sapienziale del mistero di Dio e promosse, insieme all’approfondimento degli studi teologici, la preghiera popolare del rosario.
Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l'aveva. Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234.
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2) Lettura: Lettera agli Efesini 4, 30 - 5, 2
Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
 
3) Commento su Lettera agli Efesini 4, 30 - 5, 2
 La seconda lettura che, questa diciannovesima settimana del tempo ordinario del ciclo B, è offerta alla nostra meditazione, è tratta dalla così detta lettera di Paolo agli Efesini e comprende i vv. 4,30-5,2. L'autore della lettera o chi per lui del suo entourage, ci comunica, in maniera chiara, che solo chi ubbidisce alla voce dello spirito, che è in lui come caparra per il giorno del giudizio, può camminare nell'amore come Cristo e offrirsi al Padre in sacrificio di soave odore. Solo quanti si lasciano condurre dalla Amore, a imitazione di Gesù, riescono ad uscire da se stessi per donarsi e così compiere anch'essi la pasqua. Questa è la condizione per mezzo della quale l'uomo vecchio rinasce come uomo nuovo abbandonando la menzogna per la verità, le parole maligne per quelle costruttive, l'ira per la benevolenza, la volgarità per la lode di Dio.
 
 È veramente triste che Dio sia obbligato a fare delle raccomandazioni così elementari a persone che sono viste sedute nei luoghi celesti: non mentite, non rubate, non vi ubriacate (5:18). Ma Egli sa di cosa sono capaci i nostri poveri cuori carnali; e il diavolo, che lo sa anche lui, non perderà nessuna delle occasioni che gli offriremo (v. 27-30).
 
 Osserviamo che ogni esortazione è accompagnata da un motivo particolarmente elevato e toccante. Vi sono interessate le tre Persone divine: 
a) lo Spirito Santo è in noi; stiamo attenti a non contristarlo (v. 30). 
b) Noi siamo i figli diletti di Dio, e il nostro Padre desidera che noi lo imitiamo (5:1): «Perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo», è scritto (v. 32); e questo va oltre la preghiera insegnata ad alcuni discepoli giudei: «Perdonaci i nostri peccati, poiché anche noi perdoniamo...» (Luca 11:4). 
c) Gesù stesso è il nostro Modello (5:2; Giovanni 13:14); Egli ci ha insegnato l’amore amandoci fino alla morte (1 Giovanni 3:16). Tuttavia, non dimentichiamolo mai, si è offerto prima di tutto a Dio in perfetto sacrificio, quale profumo infinitamente soave...
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 6, 41 - 51
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni 6, 41 - 51
 Il vangelo racconta di Gesù a Cafarnao dove si registra una reazione forte dei suoi ascoltatori quando Egli afferma di essere il pane disceso dal cielo. È una reazione che si spiega con il fatto che quella gente conosceva la famiglia di Gesù e pensava di sapere la sua provenienza. Molti allora non seppero andare oltre il pregiudizio ed aprirsi alla fede. Anche oggi scandalizza il fatto che in un uomo concreto, in Gesù, sia presente Dio. Eppure è così: noi lo crediamo e lo annunciamo ma tanti non credono. In questo mistero è nascosto il cuore stesso della fede cristiana: l’infinito si manifesta nel finito, Dio si manifesta in un uomo. Da 2000 anni per conoscere Dio dobbiamo guardare un uomo. Questo scandalizza ma Dio si è fatto vicino. Quello che diciamo di Gesù va applicato anche alla Chiesa, che è il Suo corpo. Nella Chiesa si manifesta il Figlio di Dio: Egli è presente in essa. La Chiesa è santa perché è unita a Lui. Oggi molti credono che la Chiesa sia un’istituzione umana e basta, ma essa è unita a Gesù. Certo, è fatta di uomini che sbagliano, non dobbiamo negarlo, ma in essa c’è una santità vera. Crediamo questo mistero?
Oggi Gesù si propone come il pane del Cielo. Chi mangia di Lui, dice, ha la vita eterna. Non dobbiamo crederci autosufficienti come a volte facciamo: abbiamo bisogno di Lui, non sono solo le nostre forze a permetterci di vivere da cristiani. Rinnoviamo la fede in Cristo, riconosciamo che la grazia viene da Lui e dal Padre: Nessuno viene a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato, dice Gesù. Come per Elia ci fu bisogno del cibo del cielo per proseguire il cammino verso Dio così noi abbiamo bisogno dell’Eucaristia per incontrare Dio.
 
 Chi mangia di questo Pane vivrà in eterno.
Io sono il Pane, il Pane disceso dal cielo. Chi mangia di questo Pane vivrà in eterno.
È il terzo incontro nostro, il terzo incontro, la terza catechesi di Gesù sul Pane di vita. Il terzo incontro con il brano di Giovanni inserito nel capitolo 6 del suo vangelo. E, credo, deve essere veramente importante questo brano se la Chiesa, la Liturgia ce lo propone tutto intero, in più domeniche, come con contagocce, perché entri tutto intero dentro di noi, perché entri pian piano nei nostri cuori.
Abbiamo già sentito del miracolo di Gesù, Gesù che con cinque pani e due pesci sa sfamare più di cinque mila persone. Poi, domenica scorsa avremmo potuto sentire Gesù che ci faceva la domanda precisa... «perché mi cercate, perché siete venuti fin qui?» (quest'anno omesso a causa della Festa della trasfigurazione...) E tutto questo per farci capire che per il nostro spirito non c'è un altro pane, non c'è l'altro cibo se non lui stesso, se non Gesù, perché c'è un pane che perisce ma c'è un pane che dura per la vita eterna.
Ma questo non basta ancora. Non basta solo mangiarlo. Serve qualcos'altro, serve un dono del Padre, serve un po' di fede, serve che ci lasciamo attirare dal Padre, perché nessuno può venire a me, a cibarsi di me, avere la vita, se non lo attira il Padre che ha mandato Gesù.
È allora la fede, anche se poca, dubbiosa, con tante domande, con tante difficoltà... che deve farci da guida, deve guidare tutta la nostra vita. Quel piccolo spiraglio, piccolo spazio lasciato aperto a Dio perché possa entrare dentro di noi, guidarci...
Nel momento in cui ci chiediamo, nel momento in cui ci barrichiamo in noi stessi, quando vogliamo fare da noi, quando vogliamo fare da soli, ci accorgiamo che le cose sono troppo grandi, le cose ci sovrastano e allora ci può capitare come ad Elia nella prima lettura, crisi, sconforto, rinuncia, mormorazione... «Non è forse quel Gesù che conosciamo? – si domandavano i Giudei in un altro brano... - Non è il figlio di Giuseppe, il carpentiere? Perché guardavano con gli occhi, volevano solo segni, solo sensazioni. Sarà capitato a molti di noi, forse ci siamo trovati anche noi in situazioni difficili, senza speranze, forse anche noi abbiamo gridato come il profeta: «Ora basta, prendi la mia vita, fammi morire...», forse ci siamo allontanati da lui, siamo andati anche noi lontano, nel deserto, lontano da tutto e da tutti...
Ma il Signore non ci lascia soli, ascolta il nostro grido, al profeta manda un Angelo, lo nutre, non solo di pane ma di speranza, di amore, lo sazia... «e con la forza datagli da quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti, fino al monte di Dio, Oreb», fino alla dimora di Dio...
Anche noi possiamo nutrirci di quel Pane di vita, di quel Pane che dà la vita, dà la forza per andare avanti, per sconfiggere il male, per vincere il peccato dentro di noi, sconforto, mormorazione in noi. Non è un semplice pane, è un Pane che dà la vita, è il Corpo di Cristo che dà la forza, che aiuta ad arrivare al santo monte di Dio, alla dimora di Dio, alla Gerusalemme celeste.
Rafforzati da questo pane, da questo cibo, diventiamo imitatori di Dio e possiamo amare come Cristo, posiamo sostenere i fratelli, come Cristo, camminare con loro. Se parteciperemo alla messa, all'eucaristia... fra poco lo vedremo di nuovo qui, spezzato sull'altare per noi. Diremo di nuovo: «Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa...», ma continuiamo con fede questa frase: «non sono degno, ma di' soltanto una parola ed io sarà salvato...»
Il Signore ce lo conceda...
 
 Non discutere di Dio, tuffati nel suo mistero.
Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Potenza del linguaggio di Gesù, il suo mistero e la sua storia espressi non con ragionamenti ma per immagini: pane, vivo, discesa, cielo. Quattro parole e quattro metafore, ciascuna generativa, in quanto ricca di movimento, di esperienza, di sapore e di orizzonti. Non spiegano il mistero, ma lo fanno vibrare nella tua vita, mistero gioioso da godere e da assaporare. Il pane di cui parlano non è quel pugno di acqua e di farina passata per la macina e il fuoco, contiene molto di più: è il simbolo di tutto ciò che è buono per noi e ci mantiene in vita.
I giudei si misero a mormorare contro Gesù. Ma come? Pretendi di essere il pane piovuto dal cielo? Ma sei venuto come tutti da tua madre e da tuo padre. Tu vuoi cambiarci la vita? E facendo quello che fa il pane con il nostro corpo, che si nasconde e scompare nell'intimo, e non fa rumore. No, il Dio onnipotente dovrebbe fare ben altro: miracoli potenti, definitivi, evidenti, solari. Ma Dio non fa spettacolo. In fondo è la stessa critica che mormoriamo anche noi: che pretese ha sulla mia vita quest'uomo di duemila anni fa? Lui pensa davvero di farci vivere meglio?
Non mormorate tra voi... Non sprecare parole a discutere di Dio, puoi fare di meglio: tuffati nel suo mistero. Pane che discende dal cielo. Nota: discende, per mille strade, in cento modi, come il pane nel corpo; discende verso di me, adesso, in questo momento, e continuamente. Io posso scegliere di non prenderlo come cibo, lo posso anche relegare nel repertorio delle fantasie, ma lui discende instancabilmente, mi avvolge di forze buone. Io sono immerso in lui e lui è immerso in me, e nutre la mia parte più bella.
Non mormorate, mangiate. Il brano del Vangelo di oggi si articola attorno al verbo mangiare. Un gesto così semplice e quotidiano, eppure così vitale e potente, che Gesù l'ha scelto come simbolo dell'incontro con Dio; ha raccontato la frontiera avanzata del Regno dei cieli con le parabole del banchetto, della convivialità. Il Pane che discende dal cielo è l'autopresentazione di Dio come una questione vitale per l'uomo. Il pane che mangi ti fa vivere, e allora vivi di Dio e mangia la sua vita, sogna i suoi sogni, preferisci quelli che lui preferiva. Bocconi di cielo.
Sorge una domanda: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosità, bellezza, profondità? Oppure mi nutro di egoismo, intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere, paure? Se accogliamo pensieri degradati, questi ci fanno come loro. Se accogliamo pensieri di Vangelo e di bellezza, questi ci trasformeranno in custodi della bellezza e della tenerezza, il pane che salverà il mondo.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
- Siamo certi che il Dio che Gesù Cristo ci ha rivelato è un Dio non un idolo come noi forse vorremo, pronto a risolvere i nostri desideri come il genio della lampada Dio Aladino?
- Siamo convinti che il significato della nostra vita lo dobbiamo scoprire insieme e non inventare?
- Siamo convinti che per raggiungere maturazione della fede bisogna essere costanti nell'attesa?
 
 
7) Preghiera: Salmo 33
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
 
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
 
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.    
 
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.
 
L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.
 
 
8) Orazione Finale
Nell'Eucaristia viviamo le parole di Gesù: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Il pane che io vi dò è la mia carne per la vita del mondo”. Preghiamo perché noi, che ci nutriamo di questo pane, possiamo vivere la speranza della vita eterna fin da oggi.