sabato 24 luglio 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

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  • sabato | 24 luglio 2021

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Lectio sabato 24 luglio 2021

 
Sabato della Sedicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 

Esodo 24, 3 - 8
Luca 9, 43 - 45 
 
 
1) Preghiera 
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti.
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2) Lettura: Esodo 24, 3 - 8
In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. 
Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
 
3) Riflessione su Esodo 24, 3 - 8
 Il momento solenne della conclusione dell'alleanza sul Sinai rivela l'intenzione di Dio di far entrare il popolo nella sua comunione. Ma occorre la docilità ai suoi comandi, e gli Israeliti si dichiarano pronti: "Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo". 
Mosè allora prende il sangue, segno che suppone la morte e quindi segno di un dono definitivo, e ne asperge il popolo dicendo: "Ecco il sangue dell'alleanza". 
Però la lettera agli Ebrei fa notare che si trattava del sangue di animali e che su di esso non si poteva fondare una vera alleanza con Dio: occorreva il dono totale dell'uomo a Dio, e nessun uomo era in grado di offrirlo. Perciò la loro promessa aveva un fondamento fragile e fu infatti violata, fino alla rottura. 
Gesù nell'Ultima cena riprende le parole di Mosè: "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza" (Mt 26,28). È il sangue di chi sta per dare se stesso, di chi ha accettato la morte perché la comunione fra Dio e l'uomo fosse definitiva. Gesù, vittima perfetta, concluderà sulla croce, con il suo sangue, la "nuova" alleanza, di cui quella sinaitica era figura.
 
 Ci troviamo di fronte ad un testo complesso in cui si distinguono varie operazioni avvenute con Mosè, il popolo, i 70 anziani, il rito di comunione con Dio e infine la salita di Mosè sul Sinai.
Con il Signore si realizza un rito che sancisce un'Alleanza con il popolo, come si usava fare tra popoli per garantirsi delle alleanze. Mosè "scrive la legge" (qui v. 4 e in 34,27) ma anche Dio scrive la legge (24,12;31,18; 34,1).
Nel Medio Oriente il testo, scritto dai contraenti l'alleanza, è deposto nel tempio ai piedi della statua del Dio e poi letto periodicamente (per es. all'inizio dell'anno).
Dio si assoggetta a questi riti perché sono segni che si praticano e la gente li capisce. Così il Signore vuole garantire un'alleanza con il suo popolo attraverso il sacrificio di animali e il mutuo consenso del popolo intero e non solo di Mosè. Così metà del sangue è versato sull'altare (che rappresenta Dio): Dio in tal modo esprime il suo consenso. Un'altra metà è posta in catini. A questo punto Mosè "prese il libro dell'Alleanza e lo lesse alla presenza del popolo".
 
 Un'alleanza si compie quando per tutti sono chiare le clausole e si sa quello che si accetta. E qui vengono lette le leggi che il popolo deve mantenere per stare ai patti e quindi meritare la fiducia del Signore e la sua protezione.
Il popolo accetta e formula la propria adesione. "Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Assunta l'alleanza perché c'è accordo con le regole-leggi di Dio, Mosè versa l'altra metà del sangue contenuta nei catini: Con tutta probabilità si asperge il popolo versando il sangue su dodici stele o colonnine, probabilmente disposte in cerchio (vv 4-8) che rappresentano le 12 tribù. La medesima vita, significata dal sangue, lega i due contraenti: Dio e il suo popolo diventano "consanguinei". Il rito del sangue, che conclude il patto, insieme al banchetto di comunione, esprime adesione, comunicazione, unità con Dio e non certo magia: unità e intreccio inscindibile tra rito e parola. Esso crea vincoli, ripara, difende, ristabilisce. Nella fedeltà il sangue unisce, lo stesso sangue garantisce. Nel tradimento il sangue è morte, è minaccia, grida la maledizione (vedi l'episodio della morte di Abele da parte di Caino: "La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo" (Gen 4,10). Anche oggi, se nel bene è vita (trasfusione), nel male il sangue è documento di morte: guerra di sangue, sangue sulle strade, scempio.
 
 Si riprende il racconto di Mosè sul Sinai: v. 9: Mosè sale con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d'Israele. Essi mangiano il loro pasto e restano in vita. Anzi, in tal caso, viene chiarita e legittimata la loro autorità. Poi, da solo, Mosè sale sulla montagna (vv 12-18), dove il Signore gli consegna le tavole di pietra, legge e comandamenti. Agli occhi del popolo appaiono i segni della presenza di Dio: la gloria e la nube. Quando sarà costruito il santuario, la gloria e la nube non abbandoneranno più questo popolo (Es 40,34- 38).
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 13, 24 - 30 
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 
Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 13, 24 - 30 
 La parabola della zizzania è stata forse tra le parole evangeliche decisive in alcuni momenti storici quando maggiormente gli uomini religiosi videro minacciati i diritti della verità e sentirono l'esigenza di difenderli. Si può dire che una lunga vicenda di guerre di religione, condotte da cristiani, abbiano trovato principalmente in questo testo scritturistico un ostacolo capace di indurre riflessioni, ripensamenti e dubbi. Il padrone del campo, infatti, ha un comportamento assolutamente singolare. Egli si rende conto che un nemico ha seminato la zizzania là dov'egli aveva seminato il seme buono. Eppure, ai servi che gli fanno notare l'accaduto, impedisce di tagliare l'erba cattiva fin dall'inizio. Perché questo padrone ferma lo zelo di quanti in definitiva vogliono solo difendere l'opera sua? La domanda ci introduce nel mistero dell'amore di Dio che è più grande delle nostre logiche. Potremmo dire che da questa parabola inizia la storia della tolleranza cristiana, perché secca in radice l'erba malvagia del manicheismo, della distinzione tra buoni e cattivi, tra giusti e ingiusti. In essa c'è non solo l'invito ad una illimitata tolleranza, ma persino al rispetto per il nemico, anche quando fosse nemico non solo personale ma della causa più giusta e più santa, di Dio, della giustizia, della nazione, della libertà. Questa parabola, così lontana dalla nostra logica e dai nostri comportamenti, fonda una cultura di pace. Oggi, mentre proliferano tragici conflitti, questa parola evangelica è un invito all'incontro e al dialogo. Tale atteggiamento non è segno di debolezza e di cedimento. È concedere ad ogni uomo la possibilità di scendere nel profondo del proprio cuore per ritrovare l'impronta di Dio e della sua giustizia.
 
 Il vangelo di oggi ci parla della parabola del grano. Sia nella società come nelle comunità e nella nostra vita di famiglia/Comunità e personale, si intrecciano qualità buone ed incoerenze, limiti ed errori. Nelle comunità si riuniscono persone di diverse origini, ciascuna con la sua propria storia, con il suo vissuto, la sua opinione, i suoi aneliti, le sue differenze. Ci sono persone che non sanno convivere con le differenze. Vogliono essere giudici degli altri. Pensano che solo loro sono nel giusto, e che le altre sono nell’errore. La parabola del grano e della zizzania ci aiuta a non cadere nella tentazione di escludere dalla comunità coloro che non pensano come noi.
 
 Lo sfondo della parabola del grano e della zizzania. Per secoli, a causa dell’osservanza delle leggi della purezza, i giudei erano vissuti separati dalle altre nazioni. Questo isolamento li aveva marcati. Anche dopo essersi convertiti, alcuni continuavano a seguire questa osservanza che li separava dagli altri. Volevano la purezza totale! Qualsiasi segno di impurità doveva essere estirpato in nome di Dio. “Il peccato non può essere tollerato” dicevano alcuni. Ma altri, come per esempio Paolo, insegnavano che la nuova legge che Gesù chiedeva di osservare, diceva il contrario! "Il peccato non può essere tollerato, ma bisogna essere tolleranti con il peccatore!"
 
 Matteo 13,24-26: La situazione: grano e zizzania crescono insieme. La parola di Dio che fa nascere la comunità è buon seme, però nelle comunità a volte ci sono cose contrarie alla parola di Dio. Da dove vengono? Ecco la discussione, il mistero, che conduce a ricordare la parabola del grano e della zizzania.
 
 Matteo 13,27-28a: L’origine della mescolanza che c’è nella vita. Gli operai chiesero al padrone: “Signore, non seminasti il buon seme nel tuo campo? Come mai ora c’è zizzania?” Il padrone risponde. Un nemico ha fatto questo. Chi è questo nemico? Il nemico, l’avversario, satana o diavolo (Mt 13,39), è colui che divide, che allontana dalla buona strada. La tendenza alla divisione esiste nella comunità e in ognuno di noi. Il desiderio di dominare, di approfittarsi della comunità per essere più importanti e tanti altri desideri interessati dividono, sono il nemico che dorme in ognuno di noi.
 
 Matteo 13,28b-30: La reazione diversa dinanzi all’ambiguità. Dinanzi a questa mescolanza di bene e di male, gli operai vogliono eliminare la zizzania. Pensavano: "Se lasciamo tutto nella comunità, perdiamo la nostra ragione d’essere! Perdiamo l’identità!" Volevano mandare via coloro che pensavano essere diversi. Ma non è questa la decisione del Padrone della terra. Lui dice: "Lasciate che l’uno e l’altra crescano insieme fino alla mietitura!" Ciò che è decisivo non è ciò che ognuno parla e dice, ma ciò che ognuno vive e fa. Dio ci giudicherà per il frutto che produciamo (Mt 12,33). La forza e il dinamismo del Regno si manifesteranno nella comunità. Pur essendo piccola e piena di contraddizioni, è un segno del Regno. Ma non è la padrona o la proprietaria del Regno, né può considerarsi totalmente giusta. La parabola del grano e della zizzania spiega il modo in cui la forza del Regno agisce nella storia. È necessario fare una scelta chiara per la giustizia del regno, e nello stesso tempo, insieme alla lotta per la giustizia, avere pazienza ed imparare a vivere e a dialogare con le differenze e con le contraddizioni. Quando avverrà la mietitura avverrà la separazione.
 
 L’insegnamento in parabole. La parabola è uno strumento pedagogico che si serve della vita di ogni giorno per indicare che la vita ci parla di Dio. Diventa una realtà e rende contemplativo lo sguardo della gente. Una parabola tende verso le cose della vita, e per questo è un insegnamento aperto, perché tutti abbiamo qualche esperienza delle cose della vita. L’insegnamento in parabole fa sì che la persona parta dalle esperienze che ha: seme, luce, pecora, fiore, uccello, padre, rete, piccoli, pesce, etc. Così la vita di ogni giorno diventa trasparente, rivelatrice della presenza e dell’azione di Dio. Gesù non soleva spiegare le parabole. Ne lasciava aperto il senso, non lo determinava. Segno questo, che credeva nella capacità della gente di scoprire il senso della parabola partendo dalla sua esperienza di vita. Ogni tanto, a richiesta dei discepoli, lui spiegava il senso (Mt 13,10.36). Per esempio, come fa con la parabola del grano e della zizzania (Mt 13,36-43).
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6) Per un confronto personale
• Come si manifesta oggi nella nostra comunità la mescolanza tra grano e zizzania? Quali conseguenze per la nostra vita?
• Guardando nello specchio della parabola, con chi mi sento più in sintonia: con gli operai che vogliono raccogliere la zizzania, o con il padrone del campo che ordina di aspettare il tempo della mietitura?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 49
Offri a Dio come sacrificio la lode.
 
Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
Da Sion, bellezza perfetta,
Dio risplende.
 
«Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno stabilito con me l’alleanza
offrendo un sacrificio».
I cieli annunciano la sua giustizia:
è Dio che giudica.
 
Offri a Dio come sacrificio la lode
e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;
invocami nel giorno dell’angoscia:
ti libererò e tu mi darai gloria.