lunedì 5 luglio 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno"

Dettagli evento

  • lunedì | 5 luglio 2021

___________________________________________________________________________________________________________________

Per prendere visione delle Lectio Divine finora pubblicate 

_____________________________________________________________________________________________________________________

Lectio lunedì 5 luglio 2021

 
Lunedì della Quattordicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
Genesi 28, 10 - 22
Matteo 9, 18 - 26
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna.
______________________________________________________________________________
 
 
2) Lettura: Genesi 28, 10 - 22
In quei giorni, Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto». Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». La mattina Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretto come stele, sarà una casa di Dio».
 
3) Commento su Genesi 28, 10 - 22
 Il racconto della visione di Giacobbe suscita gli stessi pensieri. Giacobbe ha preso una pietra, se l'è posta come appoggio sotto la testa: è una pietra. Ma in questa pietra c'è la presenza di Dio e Giacobbe al suo risveglio lo riconosce: "Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". C'era una possibilità che lui ignorava, e il Signore gliel'ha rivelata; era possibile una relazione fra il cielo e la terra: "una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli Angeli di Dio salivano e scendevano su di essa". Quella non era una comune pietra, ma il luogo della presenza di Dio. 
Quante volte noi vediamo soltanto "pietre", fermandoci all'aspetto più immediato della realtà: qualche difficoltà, la malattia, le contrarietà, qualche dissenso sul lavoro o in famiglia, li vediamo solo come tante pietre sul nostro cammino. Se abbiamo fede viva scopriamo che queste pietre, concrete, non sono la realtà totale. Noi vediamo l'apparenza ma nel profondo c'è l'amore del Signore, che ci offre la possibilità di un rapporto più vivo con lui, di una trasformazione della realtà quotidiana. 
Chiediamo al Signore la grazia di avere gli occhi aperti e di aumentare la nostra fede, perché possiamo vedere le cose nella loro vera, profonda realtà.
 
 Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carrai. Capitò così in un luogo dove passò la notte...Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Si svegliò dal sonno e disse: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". (Gn 28,10-12) - Come vivere questa Parola?
Braccato dal fratello a cui aveva carpito la benedizione del padre con l'inganno, Giacobbe è costretto a fuggire su consiglio della madre. Colei che gli era stata in qualche modo complice ora prende le distanze da lui, "per non perdere entrambi i figli in un sol giorno". Disorientato e stanco, Giacobbe si abbandona al riposo della notte e nel sogno vede una scala posta tra terra e cielo e su di essa salire e scendere gli angeli di Dio. Destatosi stupito per la visione esclama: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo".
Ma chi è veramente Giacobbe? Un uomo che ha sbagliato ed ora è confuso, solo, scoraggiato, senza più riferimenti, in rotta con la famiglia, reciso colpevolmente negli affetti, sbandato, in preda al rimorso per aver prevaricato sul fratello e su Dio stesso, da quale si sente rigettato e maledetto. Unica prospettiva: la fuga, nel tormento di un futuro incerto, subìto per ripiego. Dietro di sé l'ombra del peccato, davanti a sé lo spettro di una precarietà finora sconosciuta: non ha più un lavoro né un amico né una terra. Solo il fardello ingombrante di una colpa che gli fa ritenere d'essere irrimediabilmente perduto.
Ma Dio non ha mai revocato il suo amore né sottratto la benedizione su di lui: questa è la verità che Giacobbe non è riuscito ad afferrare. Ed ora la visione della scala lo sconvolge, lo scuote sino a ridestarlo ad una consapevolezza nuova: "Dio è nella mia vita, tra le macerie contorte del mio cuore, ed io non lo sapevo. È tra le pieghe della mia storia, e non mi ha mai abbandonato". Ora Giacobbe può dirsi 'rinato'!
'Dio è nella mia vita': ecco il leit-motiv della nostra fede. Nessuno può ritenersi 'troppo' peccatore da non potersi pacificare e consolarsi nel balsamo di questa sconvolgente verità, a partire dalla quale si può ricominciare, ogni giorno, vincendo scoramenti e paure.
Non finiremo mai di scavare un mistero d'amore così grande!
Oggi nella mia pausa contemplativa mi esporrò grato alla benedizione del Signore, ripetendo nel ritmo del respiro: "Dio è nella mia vita", fino a sentirmi pervaso da una fiducia illimitata nelle risorse di bene che Lui ha deposto in me. Questa la mia preghiera:
Ora so, Signore, che tu hai benedetto la mia storia, anche se è cominciata in modo sbagliato. Grazie! Diventi ora una' stele' eretta per Te.
Ecco la voce di una mistica del XX secolo Marthe Robin: Mio Dio, tu conosci la mia fragilità e l'abisso senza fondo della mia miseria...Poiché sono l'oggetto del tuo divino beneplacito, non ho rimpianti non avendo desideri; poiché tutto viene da Te, di tutto mi accontento. Io vengo a Te per tutto, con animo fiducioso, perché so di poter sempre contare sul tuo cuore, e non avrò mai più nulla di che tormentarmi.
______________________________________________________________________________
 
 
4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 9, 18 - 26
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 9, 18 - 26
 La mano e il lembo del mantello di Gesù
L'avvento del Regno è contrassegnato dalla persona del Cristo, che percorre con noi le strade del mondo, annunciando e portando a tutti la salvezza. Egli "passa" sanando e guarendo tutti coloro che gli si accostano e l'invocano con fede. Anche uno dei capi, che ordinariamente lo avversano in ogni modo, trova la forza e il coraggio di prostrarsi dinanzi al Signore per rivolgergli la sua accorata preghiera: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà". A Gesù è riconosciuto il grande potere di richiamare alla vita chi è già stato ghermito dal sonno della morte. Perché possa esprimere concretamente questa forza divina e soprannaturale, a dire del "capo", Gesù deve recarsi nella sua casa, "vieni" e imporre le sue mani sul corpo della defunta. Ecco la forza e limiti della fede: da una parte la lodevole convinzione che Gesù può compiere il miracolo richiesto e dall'altra l'idea che per realizzarlo egli deve vedere e toccare la fanciulla morta, quasi che tutto sia legato alla persona fisica del Signore. È diversa la fede de Centurione romano che alla stessa richiesta dichiara: "Signore non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì solo una parola e il mio servo sarà guarito". Ancora una volta vediamo Gesù che cammina anche con chi non ha la pienezza della fede con il chiaro intento di farlo crescere dinanzi all'evidente sua divina potenza. Per noi non dovrebbe essere difficile comprendere, dopo le reiterate esperienze, cosa significhi "essere toccati da Dio", com'egli agisca in noi misteriosamente, ma calandosi nella nostra realtà storica con la forza del suo amore e della sua grazia. Per farci risorgere non ci prende per mano come fa con la fanciulla morta, ma ci tocca il cuore ed entra nelle fibre intime dell'anima. Resta in ogni modo vero che dal suo corpo emana un'energia vitale che guarisce e dona una vita nuova, ma ciò accade solo quando il toccare diventa comunione di vita nella realtà eucaristica. L'ha sperimentato la donna che furtivamente è convinta che solo toccando il lembo del mantello di Cristo potrà essere guarita dalla sua lunga, penosa ed umiliante malattia. Gesù però avverte che non è il suo mantello a guarire la donna, ma la sua divina persona, che ha ne ha percepito la fede e l'ha sanata all'istante.
 
 Il vangelo di oggi ci porta a meditare due miracoli di Gesù a favore di due donne. Il primo fu a favore di una donna considerata impura a causa di un’emorragia irregolare che durava da oltre dodici anni. L’altro, a favore di una fanciulla morta da poco. Secondo la mentalità di quell’epoca, la persona che toccava il sangue o un cadavere era considerata impura e chi toccava questa persona, diventava impuro/a. Il sangue e la morte erano fattori di esclusione! Per questo, quelle due donne erano persone emarginate, escluse dalla partecipazione alla comunità. Chi le toccava diventava impuro/a, e quindi non poteva partecipare alla comunità, e quindi non poteva relazionarsi con Dio. Per poter essere ammessi a partecipare in pieno in comunità, c’era bisogno di passare per il rito della purificazione, prescritto dalle norme della legge. Ora, curando per mezzo della fede l’impurità di quella donna, Gesù apre un nuovo cammino verso Dio che non dipende più dai riti di purificazione, controllati dai sacerdoti. Risuscitando la ragazza, Gesù vince il potere della morte ed apre alla vita un orizzonte nuovo.
 
 Matteo 9,18-19: La morte della fanciulla. Quando ancora Gesù stava parlando, ecco che un capo del luogo viene a intercedere per sua figlia morta da poco. Chiede a Gesù di andare ad imporgli le mani, “e lei vivrà”. Il capo crede che Gesù abbia il potere di far rivivere sua figlia. Segno di molta fede in Gesù da parte del padre della fanciulla. Gesù si alza e va con lui, portando anche i discepoli. Ecco il punto di partenza dei due episodi che seguono: la guarigione della donna che soffriva da dodici anni di un’emorragia, e la risurrezione della fanciulla. Il vangelo di Marco presenta gli stessi due episodi, ma con molti dettagli: il capo si chiamava Giairo ed era uno dei capi della sinagoga. La fanciulla non era ancora morta, ed aveva dodici anni, etc. (Mc 5,21-43). Matteo abbrevia la narrazione così viva di Marco.
 
 Matteo 9,20-21: La situazione della donna. Durante il percorso verso la casa del capo, una donna che da dodici anni soffriva a causa di un’emorragia irregolare si avvicina a Gesù in cerca di guarigione. Dodici anni con un’emorragia! Per questo motivo viveva emarginata, esclusa, perché come si è detto, in quel tempo il sangue rendeva impura la persona. Marco dice che la donna aveva speso tutti i suoi beni con i medici, ma invece di migliorare, la sua situazione era peggiorata (Mc 5,25-26). Ecco che aveva sentito parlare di Gesù (Mc 5,27). Per questo nasce in lei una speranza nuova. Diceva tra sé: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Il catechismo dell’epoca diceva: “Se tocco il suo vestito, rimarrò impuro”. La donna pensa esattamente il contrario! Segno di molto coraggio. Segno che le donne non erano d’accordo con tutto ciò che le autorità religiose insegnavano. L’insegnamento dei farisei e degli scribi non riusciva a controllare il pensiero della gente. Grazie a Dio! La donna si avvicina a Gesù da dietro, tocca il lembo del suo mantello e guarisce.
 
 Matteo 9,22: La parola di Gesù che illumina. Gesù si volta e vedendo la donna dichiara: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarito!” Frase breve, ma che lascia intravedere tre punti molto importante: 
(a) Nel dire “Figliola”, Gesù accoglie la donna nella nuova comunità, che si formava attorno a lui. Non era più un’esclusa. 
(b) Ciò che lei sperava e credeva avvenne di fatto. Lei guarì. Prova questa che il catechismo delle autorità religiose non era corretto e che in Gesù si apriva un nuovo cammino che dava alla gente la possibilità di ottenere la purezza che la legge esigeva e di entrare in contatto con Dio. 
(c) Gesù riconosce che, senza la fede di quella donna, lui non avrebbe potuto fare il miracolo. La guarigione non fu un rito magico, ma un atto di fede.
 
 Matteo 9,23-24: In casa del capo. Dopo Gesù si reca a casa del capo. Vedendo l’agitazione di coloro in lutto per la morte della fanciulla, chiese a tutti di uscire dalla stanza. E dice: “La fanciulla non è morta. Sta dormendo!”. La gente ride, perché sa distinguere quando una persona dorme o quando è morta. Per loro la morte era una barriera che nessuno poteva oltrepassare. È la risata di Abramo e di Sara, cioè di coloro che non riescono a credere che nulla è impossibile a Dio (Gn 17,17; 18,12-14; Lc 1,37). Le parole di Gesù hanno un significato ancora più profondo. La situazione delle comunità al tempo di Matteo sembrava una situazione di morte. Anche loro sentivano dire. “Non siete morti, voi siete addormentati! Svegliatevi!”
 
 Matteo 9,25-26: La risurrezione della fanciulla. Gesù non dà importanza alla risata della gente. Aspetta che tutti escano dalla casa. Poi entra, prende la fanciulla per mano e lei si alza. Marco conserva le parole di Gesù: “Talita kúmi!”, che vuol dire: Fanciulla, alzati (Mc 5,41). La notizia si sparse per tutta quella regione. La gente credette che Gesù è il Signore della vita che vince la morte.
______________________________________________________________________________
 
 
6) Per un confronto personale
• Oggi, quali sono le categorie di persone che si sentono escluse dalla partecipazione alla comunità cristiana? Quali sono i fattori che causano l’esclusione di tante persone e rendono loro difficile la vita in famiglia e nella società?
• “La fanciulla non è morta. Dorme!” “Non è morta! Voi state dormendo! Svegliatevi! È questo il messaggio del vangelo di oggi. Cosa mi dice? Sono di quelli che ridono?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 90
Mio Dio, in te confido.
 
Chi abita al riparo dell’Altissimo passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido».
 
Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge.
Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio;
la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.
 
«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui».