martedì 15 giugno 2021: per la preghiera personale e familiare "Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno

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  • martedì | 15 giugno 2021

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Lectio martedì 15 giugno 2021


 
Martedì della Undicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
 
2 Lettera ai Corinzi 8, 1 - 9
Matteo 5, 43 - 48
 
 
1) Preghiera 
O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
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2) Lettura: 2 Lettera ai Corinzi 8, 1 - 9
Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedònia, perché, nella grande prova della tribolazione, la loro gioia sovrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità. Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, domandandoci con molta insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a vantaggio dei santi. Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; cosicché abbiamo pregato Tito che, come l’aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest’opera generosa. E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. 
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
 
3) Commento su 2 Lettera ai Corinzi 8, 1 - 9
 Il modo con il quale Paolo incomincia il discorso che la liturgia ci propone oggi è veramente degno di attenzione. Scrive: "Vogliamo farvi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia". Ora, questa grazia che Dio ha dato è la loro generosità. A prima vista noi diremmo: "Non è Dio che ha dato, ma sono loro, questi cristiani che, pur essendo poveri, hanno dato generosamente per sollevare altri cristiani!". Paolo invece chiama questo grande sforzo di generosità una grazia concessa da Dio, rovesciando in un certo senso la situazione. Ed è proprio questa la lettura più profonda di questo gesto, come di ogni azione generosa, per due motivi. Il primo è che ciò che hanno dato lo hanno ricevuto da Dio: Dio ha dato loro la possibilità di essere generosi, passando ad altri in dono ciò che Dio aveva loro donato. Poter dare è una grazia di Dio; lo slancio di dare è anch'esso grazia di Dio. Il secondo motivo, più profondo, è che dando con amore disinteressato ricevono veramente il dono di Dio.
Scrive san Giovanni nella sua prima lettera: "Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?" (1 Gv 3, 17). La generosità è condizione indispensabile perché l'amore di Dio rimanga in noi, per rimanere nell'amore di Dio.
La grande grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia è proprio questa: vivere nell'amore di Dio, ricevere l'amore di Dio, partecipare attivamente al suo amore. L'amore di Dio non si può ricevere senza trasmetterlo; chi lo trasmette vive veramente in esso e lo riceve sempre di più.
Questo è il senso cristiano della generosità: unione all'amore di Dio, condizione perché questo amore ci sia donato con sempre maggiore munificenza, con quella munificenza di cui Gesù parla nel Vangelo, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
Pensando a questo amore che ci viene di continuo dal Padre celeste, apriamo il nostro cuore alla generosità verso chi si trova nel bisogno: bisogno di pane, bisogno di una parola fraterna, bisogno di essere aiutato a credere all'amore del Signore.
 
 E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera generosa. (2Cor 8,7) - Come vivere questa Parola?
Paolo sta organizzando una colletta, per i cristiani che si trovano in bisogno estremo, per la chiesa di Gerusalemme. Per questo, dopo aver sollecitato a vivere da ministri veri del Signore, presenta ai Corinzi alcune esperienze di generosità senza calcoli: la risposta concreta dei fedeli della Macedonia (7,5-8,6) nonostante la loro estrema povertà e, soprattutto, l'esempio dello stesso Gesù Cristo il quale, «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (8,9). 
Ora Paolo si appella alla generosità altrettanto concreta dei Corinzi, che sono ricchi, in tutti i sensi. Soprattutto nella fede, dono gratuitamente ricevuto, nella quale sono stati poi accompagnati e istruiti. Sono ricchi anche nello zelo e nella carità, nonostante le vacillazioni. Queste ricchezze ora possono diventare fonte di dono generoso e gratuito. Si tratta sì di offerte materiali, compresi i soldi. Ma non è questo l'essenziale: seguendo Gesù s'impara ad essere generosi come Lui,.. fino a donare la vita!
Allarga, Signore, le vedute del mio cuore, le comprensioni della mia mente, l'apertura delle mie mani... perché generosamente si proiettino verso gli altri.
Ecco la voce di Papa Francesco [cf Aprite la mente al vostro cuore, 66]: Alla generosità di Cristo non si può rispondere con un formale ed educato "tante grazie": bisogna essere pronti a offrire la vita, che esiste così come la concepiamo da quando il Signore ha percorso la strada della croce. Bisogna rispondere con la gratitudine di tutto il nostro essere.
 
 Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. (2 Cor 8, 9) - Come vivere questa Parola?
Questa espressione di san Paolo per me è la migliore per dare senso e significato della dimensione della povertà. Non è da invocare la mancanza fine a se stessa: perché è miseria e nella miseria, spesso subita e maledetta, trova spazio solo chi e cosa può attentare alla dignità delle persone. 
Ci sono scelte da operare che permettono di prendere le distanze dalle cose e liberarsene. Meglio, ci sono scelte che ci permettono di liberarci da un desiderio di possesso radicato nell'egoismo, nella sterilità del non volere condividere. 
L'esempio di Gesù è lampante: era Dio, godeva di ogni privilegio che essere Dio poteva comportare. Accetta di rinunciare a ciò per immergersi nella limitatezza dell'umanità. Questo movimento lo libera ed esalta ulteriormente la sua divinità. E non solo: allarga a noi la possibilità di condividere questo vuoto che si fa spazio alla divinità.
Signore, aiutaci ad essere liberi di fronte alle cose, che siano denaro, opportunità, privilegi. Rendici ricchi della povertà di Cristo, rendi la nostra umanità capace di condividere, di fare comunione, di superare la sterilità dell'egoismo in forme sempre nuove di generazione del bene.
Ecco la voce di Papa Francesco (Omelia del 16 giugno 2015): La povertà «non è un'ideologia». La povertà «è al centro del Vangelo». Nella «teologia della povertà» troviamo «il mistero di Cristo che si è abbassato, si è umiliato, si è impoverito per arricchirci». Così si capisce «perché la prima delle beatitudini sia: "Beati i poveri di spirito"». Ed «essere povero di spirito, è andare su questa strada del Signore», il quale «si abbassa tanto» da farsi «pane per noi» nel sacrificio eucaristico.
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4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 5, 43 - 48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
 
5) Commento sul Vangelo secondo Matteo 5, 43 - 48
 L’amore senza confini.
Amare coloro che ci amano è facile, gratificante ed istintivo. Amare i nemici e addirittura pregare per i nostri persecutori è eroico e impossibile alle sole forze umane. Ci appare evidente un progetto divino, annesso alla redenzione di Cristo: egli vuole non solo colmarci del suo amore e farci sentire dentro la veemenza della divina misericordia, ma desidera ancora che la violenza, le divisioni, le lotte cessino definitivamente tra gli uomini. Gesù ci dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore». La pace di Cristo è frutto del perdono da lui meritato per tutti noi sulla croce con tutta la sua passione. Ecco il meraviglioso intreccio: al peccato Dio ha risposto con la sua misericordia, alla violenza assurda degli uomini Cristo ha risposto con il suo perdono, ai suoi crudeli crocifissori Cristo ha risposto pregando per loro, al tentativo insane di dare la morte al Signore, egli ha risposto con la sua gloriosa risurrezione. Sono questi i percorsi della pace, percorsi ardui, ma che ci rendono realmente figli dell’unico Dio e fratelli dell’unico Padre. Soltanto se intimamente uniti a Cristo e certi del suo amore possiamo come lui donarlo ai nostri fratelli, senza distinzione di razza o di religione o di censo o di cultura. L’amore non ha confini, di sua natura a tutti e ovunque si diffonde. È l’arma del cristiano che gli consente di conseguire le più grandi vittorie, è il modo migliore per fermare i volenti, per disarmare i guerrieri, per stabilire la pace. Dentro le nostre chiese, dentro i nostri confessionali dovrebbe in modo privilegiato regnare quell’amore. Prima di pretendere che i cuori degli uomini siano aperte a Cristo, bisogna verificare se le porte delle nostre chiese sono davvero spalancate a tutti. I cuori dei pastori e dei ministri del perdono dovrebbero essere ricolmi dell’amore di Cristo e pronti ad accogliere come lui ha fatto durante tutta la sua vita terrena. Costatiamo con sgomento che talvolta i lontani a fatica e boccheggiando arrivano alle porte delle nostre chiese o al genuflessorio dei nostri confessionali e trovano porte chiuse e confessori che li respingono. Non ci è lecito tradire così il mandato che abbiamo ricevuto. Forse siamo ancora in troppi a prediligere la fredda applicazione della legge e dei canoni, creando nuove e più penose forme di schiavitù, che far sperimentare la gioia del perdono e della piena riconciliazione con Dio. Pare di vedere che intorno alla misericordia, nei confini del perdono, sono stati eretti steccati e muri talvolta invalicabili. Sappiamo che non è questo il comando del Signore.
 
 Matteo 5,43-45: Fu detto: Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. In questa frase Gesù spiega la mentalità con cui gli scribi spiegavano la legge; mentalità che nasceva dalle divisioni tra giudei e non giudei, tra prossimo e non prossimo, tra santo e peccatore, tra puro e impuro, etc. Gesù ordina di sovvertire questo preteso ordine di divisioni interessate. Ordina di superare le divisioni.Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano perché siate figli del Padre vostro che sta nei cieli e che fa sorgere il sole sui malvagi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” E qui attingiamo alla fonte da cui sgorga la novità del Regno. Questa fonte è proprio Dio, riconosciuto come Padre, che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni. Gesù vuole che imitiamo questo Dio: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (5,48). È imitando questo Dio che creiamo una società giusta, radicalmente nuova.
 
 Matteo 5,46-48: Essere perfetti come il Padre celeste è perfetto. Tutto si riassume nell’imitare Dio: "Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. (Mt 5,43-48). L’amore è principio e fine di tutto. Non c’è prova di maggiore amore che dar la vita per il fratello (Gv 15,13). Gesù imitò il Padre e rivelò il suo amore. Ogni gesto, ogni parola di Gesù, dalla nascita fino all’ora della morte in croce, era un’espressione di questo amore creatore che non dipende dal presente che riceve, né discrimina l’altro per ragioni di razza, sesso, religione o classe sociale, ma che nasce da un voler bene completamente gratuito. Fu un crescendo continuo, dalla nascita fino alla morte in Croce.
 
 La manifestazione piena dell’amore creatore in Gesù. Fu quando in Croce lui offrì il perdono al soldato che lo torturava e lo uccideva. Il soldato, impiegato dell’impero, mise il polso di Gesù sul braccio della croce, pose un chiodo e cominciò a battere. Dette diversi colpi. Il sangue cadeva a fiotti. Il corpo di Gesù si ritorceva dal dolore. Il soldato, mercenario ignorante, ignaro di ciò che stava facendo e di ciò che stava succedendo attorno a lui, continuava a battere come se fosse un chiodo nella parete per appendere un quadro. In quel momento Gesù rivolge al Padre questa preghiera: “Padre, perdonali. Perché non sanno quello che fanno!” (Lc 23,34). Malgrado tutta la volontà degli uomini, la disumanità non riuscì a spegnere in Gesù l’umanità. Loro lo prendono, lo deridono, gli sputano sul volto, lo beffeggiano, fanno di lui un re pagliaccio con una corona di spine sulla testa, lo flagellano, lo torturano, lo fanno andare per le strade come se fosse un criminale, deve ascoltare gli insulti delle autorità religiose, sul calvario lo lasceranno completamente nudo alla vista di tutti e di tutte. 
 
 Ma il veleno della disumanità non riesce a raggiungere la fonte di umanità che sgorgava dal cuore di Gesù. L’acqua che sgorgava dal di dentro era più forte del veleno di fuori, volendo di nuovo contaminare tutto. Guardando quel soldato ignorante, Gesù sentì compassione per il soldato e pregò per lui e per tutti: “Padre, perdona!” Ed aggiunse perfino una scusa: “Sono ignoranti. Non sanno ciò che stanno facendo!Davanti al Padre, Gesù si fa solidale con coloro che lo torturano e lo maltrattano. Come il fratello che vede i suoi fratelli assassini dinanzi al giudice e lui, vittima dei propri fratelli, dice al giudice: “Sai sono i miei fratelli. Sono ignoranti. Perdonali. Miglioreranno!” Era come se Gesù avesse paura che la minima rabbia contro l’uomo potesse spegnere in lui il resto di umanità che ancora esisteva. Questo incredibile gesto di umanità e di fede nella possibilità di recupero di quel soldato è stata la maggiore rivelazione d’amore di Dio. Gesù poté morire: “Tutto è consumato!” E inclinando il capo, rese lo spirito (Gv 19,30). Compiendo così la profezia del Servo Sofferente (Is 53).
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6) Per un confronto personale 
• Qual è il motivo più profondo dello sforzo che compi per osservare la Legge di Dio: meritare la salvezza o ringraziare la bontà immensa di Dio che ti ha creato, ti mantiene in vita e ti salva?
• Quale significato dai alla frase “essere perfetto come il Padre del cielo è perfetto”?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 145
Loda il Signore, anima mia.
 
Loda il Signore, anima mia: loderò il Signore finché ho vita,
canterò inni al mio Dio finché esisto. 
 
Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe: la sua speranza è nel Signore suo Dio,
che ha fatto il cielo e la terra, il mare e quanto contiene,
che rimane fedele per sempre. 
 
Rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. 
 
Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri.