Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - sabato 29 maggio 2021

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  • sabato | 29 maggio 2021

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Lectio sabato 29 maggio 2021

 
Sabato dell’Ottava Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)

 
Libro del Siracide 51, 17 - 27
Marco 11, 27 - 33
 
 
1) Preghiera 
Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio.
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2) Lettura: Libro del Siracide 51, 17 - 27
Ti loderò e ti canterò, e benedirò il nome del Signore. Quand’ero ancora giovane, prima di andare errando, ricercai assiduamente la sapienza nella mia preghiera. Davanti al tempio ho pregato per essa, e sino alla fine la ricercherò. Del suo fiorire, come uva vicina a maturare, il mio cuore si rallegrò. Il mio piede s’incamminò per la via retta, fin da giovane ho seguìto la sua traccia.
Chinai un poco l’orecchio, l’accolsi e vi trovai per me un insegnamento abbondante.
Con essa feci progresso; onorerò chi mi ha concesso la sapienza.
Ho deciso infatti di metterla in pratica, sono stato zelante nel bene e non me ne vergogno.
La mia anima si è allenata in essa, sono stato diligente nel praticare la legge.
Ho steso le mie mani verso l’alto e ho deplorato che venga ignorata.
A essa ho rivolto la mia anima e l’ho trovata nella purezza.
 
3) Riflessione su Libro del Siracide 51, 17 - 27
 Il Siracide si propone di trascrivere l'insegnamento tradizionale (Legge-Toràh) in termini sapienziali. La sapienza, che ha la sua radice e centro unificante nel timore di Dio, è un dono di Dio e frutto dell'impegno umano. La Legge di Dio è la concentrazione della sapienza. La sapienza ha due dimensioni: una trascendente, dall'alto, dono di Dio, e una immanente, frutto dell'impegno dell'essere umano nel mondo e nella storia. L'antropologia del Siracide si fonda sulla creazione di Dio. Egli afferma la libertà umana di fronte al male e ha una viva coscienza del limite dell’essere umano, segnato dalla morte.
 
 "Ricercai assiduamente la Sapienza nella preghiera (...)Adesso ho rivolto la mia anima e l'ho trovata nella purezza" (Sir 51,17-27) - Come vivere questa Parola?
L'autore del Siracide afferma quel che riguarda un'esperienza molto importante. La sapienza è reperibile, se preghi. Non è da confondersi con un gran cumulo di nozioni scientifiche letterarie e di sapere umano. La sapienza ha altre origini e altra consistenza: scaturisce da Dio e riesce ad ottenerla chi s'impegna a chiederla umilmente in preghiera, chi la cerca con purezza di cuore.
Bisogna subito dire che l'uomo colto come lo scienziato, il letterato, il ricercatore in qualsiasi campo dello scibile umano, per il fatto di essere colto e sapiente: uomo di cattedra universitaria o di premi accademici sia escluso dalla sapienza dono dello Spirito Santo. No certo! L'importante però è quella purezza di cuore, quella realtà interiore in perenne cammino di conversione che sia il grande scienziato sia l'operaio o il contadino possono ottenere da Dio.
Là dove il tuo cuore cerca semplicemente di vivere in conformità a quello che Dio vuole, la sapienza è reperibile: una presenza tanto necessaria soprattutto oggi in cui molti allontanandosi da Dio, cadono nella stoltezza e, a volte, nella depravazione criminale.
Signore, dacci il tuo Spirito Santo! Sia lui ad ottenerci il dono della Sapienza che può fare di noi una persona capace di scegliere sempre ciò che è giusto vero buono e bello. Ma prima ancora, ti preghiamo Signore, dacci un cuore puro: libero da tutto quello che non è da Te.
Ecco la voce di un profeta di oggi Enzo Bianchi: La terra contiene le risorse per dare le risposte a tante urgenze. Ma bisogna mettere lo studio la ricerca l'intelligenza la cultura (tutte cose ottime) a servizio degli altri, non della propria avidità.
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4) Lettura: Vangelo secondo Marco 11, 27 - 33
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». 
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». 
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». 
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco 11, 27 - 33 
 I giudici di Cristo.
Gli scribi e i farisei si ritengono i rappresentati qualificati della legge e di conseguenza si arrogano il diritto di tutelarne l'integrità. Gli insegnamenti di Cristo risuonano come novità inattese e indesiderate per loro; spesso si ritengono gravemente offesi dalle sue affermazioni. Il loro imbarazzo, che sfocia in rabbia e aperta contestazione, cresce nel costatare che molti, sempre più numerosi e devoti, seguono Gesù, lo riconoscono come vero profeta e soprattutto notano che "Egli parla con autorità e non come i loro scribi". Questo confronto particolarmente li irrita, per cui affrontano Gesù con una precisa domanda: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farle?». Non potendo contestare le verità che Gesù afferma né negare i prodigi che compie, fanno appello all'autorità e alla gerarchia. Vogliono accusare Gesù di millantato credito, di abuso di autorità. Non gli riconoscono il diritto di rivelare al mondo la verità e di proclamare la legge nuova dell'amore. Si èrgono a giudici del Cristo, senza essere in grado di valutare con sapienza quanto sta accadendo nel loro mondo. Questa loro insipienza era già stata apostrofata da Signore: "Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?". Abbiamo ancora un esempio di ottusità mentale e di cecità spirituale. Un cattivo esempio purtroppo seguìto da molti. Quanti presumono di giudicare Dio e vorrebbero essere suggeritori dei suoi comportamenti con noi. Quell'iniquo ed assurdo giudizio con cui scribi e farisei condannarono Cristo si perpetua nella storia: i timidi osanna dei suoi fedeli vengono spesso soffocati dalle grida di morte di pochi scalmanati. Il passaggio poi da Cristo alla sua chiesa è breve: non solo Cristo è motivo di scandalo e di contestazioni, ma anche coloro che lo rappresentano, i suoi ministri, i suoi seguaci. Tutto è stato già predetto dal Signore: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi", ma ci è stata data anche una indefettibile garanzia: "le porte degli inferi non prevarranno".
 
 “Con quale autorità?”. La parola “autorità” è centrale in questo breve brano e racchiude il segreto del cammino di fede e di crescita spirituale che possiamo compiere, se ci lasciamo guidare dalla Parola, nella meditazione di questo Vangelo. La domanda provocatoria rivolta a Gesù dai suoi avversari fa capire subito quanta distanza ci sia tra Lui e loro ed è per questo che non può esserci una risposta. “Autorità” risuona sulla bocca dei sacerdoti e degli scribi come “potere”, “forza”, “dominio”, “capacità di imporre leggi e giudicare”. Ma per Gesù “autorità” è un’altra cosa, come possiamo comprendere se teniamo presente che nella lingua ebraica questa parola viene da una radice che significa anche “farsi simile a”. Infatti Gesù mette subito in chiaro qual è l’orizzonte in cui Lui si muove, in cui cammina (v. 27) e in cui vuole condurre anche noi: quello della somiglianza col Padre, quello del rapporto d’amore con Lui, come tra Padre e figlio. Non è un caso che Egli subito nomini il battesimo di Giovanni…
 
 “Il battesimo di Giovanni…”. Gesù ci conduce subito con chiarezza al punto di partenza, alla fonte, là dove possiamo ritrovare veramente noi stessi, nell’incontro con Dio. Sulle rive del fiume Giordano, dove Lui ha ricevuto il Battesimo, è preparato anche il nostro posto, perché, come Lui, scendiamo nell’acqua, nel fuoco dell’Amore e ci lasciamo segnare col Sigillo dello Spirito santo, ci lasciamo raggiungere e raccogliere e visitare da queste parole: “Tu sei il mio Figlio, l’amato” (Mc 11). Gesù ci dice che non esiste altra autorità, altra grandezza o ricchezza che questa.
 
 “Dal cielo o dagli uomini?”. Vogliamo stare con Dio o con gli uomini, seguire Lui o loro, entrare nella luce dei Cieli aperti (Mc 1, 10) o rimanere nel buio della nostra solitudine?
 
 “Rispondetemi”. È bellissima questa parola di Gesù, ripetuta con forza per due volte (vv. 29 e 30). Lui chiede una scelta precisa, una decisione chiara, sincera, autentica fino in fondo. Il verbo “rispondere”, in greco, vuole esprimere proprio questo atteggiamento, questa capacità di fare distinzione, di separare bene le cose. Il Signore vuole invitarci ad entrare nel profondo di noi stessi per lasciarci attraversare dalle sue Parole e così, in questo rapporto forte con Lui, imparare sempre più a tirar fuori da noi stessi le decisioni importanti della nostra vita o anche solo delle nostre giornate.
Ma c’è ancora qualcosa in più in questo verbo così semplice e così bello. La radice ebraica esprime, allo stesso tempo, la risposta, ma anche la miseria, la povertà, l’afflizione, l’umiltà. Cioè non può esserci vera risposta, se non nell’umiltà, se non nell’ascolto. Gesù sta chiedendo ai sacerdoti e agli scribi, ma anche a noi, di entrare in questa dimensione di vita, in questa attitudine dell’anima: il farci umili davanti a Lui, il riconoscere la nostra povertà, il nostro bisogno di Lui, perché solo questa può essere la vera risposta alle sue domande.
 
 * Discutevano fra loro”. Un altro verbo importante, che ci aiuta a capire un po’ meglio il nostro mondo interiore. Questo discutere, infatti, è un “parlare attraverso”, così come intuiamo da una traduzione letterale del verbo greco usato da Marco. Queste persone, che incontriamo nel brano, sono spaccate dentro, sono attraversate da una ferita; non sono tutte d’un pezzo davanti a Gesù. Parlano tra di loro, portando insieme diverse ragioni e considerazioni; invece di entrare in quel rapporto e in quel dialogo col Padre che è stato inaugurato con il Battesimo di Gesù, rimangono fuori, a distanza, come il figlio della parabola, che rifiuta di entrare al banchetto dell’amore (cfr. Lc 15, 28). Anche loro non credono alla Parola del Padre, che ancora una volta ripete: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1, 11) e continuano a cercare e a volere la forza dell’autorità e del potere piuttosto che la debolezza dell’amore.
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6) Per un confronto personale
* Il Signore mi insegna che la sua autorità, anche nella mia esistenza, non è dominio, né forza di oppressione, ma è amore, è capacità di farsi simile, di farsi vicino. Desidero accogliere questa autorità di Gesù nella mia vita, desidero entrare veramente in questo rapporto di somiglianza con Lui. Sono pronto a fare i passi che questa scelta comporta? Sono deciso a seguire questo percorso fino in fondo?
 
* Forse, accostandomi a questo Vangelo, non mi sarei aspettato di venire riportato all’episodio del Battesimo e a quell’esperienza così fondamentale e fontale del rapporto con Dio Padre. Invece, ancora una volta, il Signore ha voluto rivelarmi il suo amore così immenso, che non indietreggia davanti a nessuna fatica, a nessun ostacolo pur di raggiungermi. Ma il mio cuore com’è, in questo momento, davanti a Lui? Riesco a sentire la voce del Padre che mi parla e mi chiama “figlio”, pronunciando il mio nome? Riesco ad accogliere questa sua dichiarazione d’amore? Mi fido, Gli credo, mi consegno a Lui? Scelgo il Cielo o ancora la terra?
 
* Non posso pensare di uscire da questa meditazione senza aver dato la mia risposta. Gesù me lo chiede espressamente; quel “Rispondetemi” è rivolto anche a me, oggi. Ho imparato che non può esserci una versa risposta senza un vero ascolto e il vero ascolto può nascere solo dall’umiltà… Sono questi i passi che desidero fare? Oppure voglio continuare a rispondere solo spinto dalle mie convinzioni, dai miei vecchi modi di pensare e di sentire, dalla mia saccenteria e autosufficienza?
 
* Un’ultima cosa. Se guardo al mio cuore, mi vedo forse un po’ diviso anch’io, come gli avversari di Gesù? C’è una ferita che mi attraversa e non i permette di essere tutto d’un pezzo come cristiano, come amico di Cristo, come suo discepolo? Cosa c’è, nella mia vita, che mi spezza dentro, che mi divide da Lui?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 18
I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
 
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
 
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.        
 
Il timore del Signore è puro, 
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli, 
sono tutti giusti.
 
Più preziosi dell’oro, 
di molto oro fino,
più dolci del miele 
e di un favo stillante.