Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 25 aprile 2021

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  • domenica | 25 aprile 2021

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Lectio domenica 25 aprile 2021

 
Domenica della Quarta Settimana di Pasqua (Anno B)
 
1 Lettera di Giovanni 3, 1 - 2
Giovanni 10, 11 - 18
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, creatore e Padre, che fai risplendere la gloria del Signore risorto quando nel suo nome è risanata l’infermità della condizione umana, raduna gli uomini dispersi nell’unità di una sola famiglia, perché aderendo a Cristo buon pastore gustino la gioia di essere tuoi figli.
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2) Lettura: 1 Lettera di Giovanni 3, 1 - 2
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
 
3) Commento su 1 Lettera di Giovanni 3, 1 - 2
 Giovanni invita i lettori alla meraviglia, alla grandezza infinita dell'amore del Padre, un amore gratuito, donato a tutti i fedeli attraverso la vita che Egli ha dato. La vita è Dio stesso, averla significa avere Dio stesso dentro di noi. La stessa Bibbia ci ha insegnato che Dio è la nostra vita. Al momento della nostra nascita, non riceviamo la vita di Dio, ma Dio come vita. Non solo Dio ci dà la Sua vita, ma Dio stesso è vita, la Sua vita è il Suo proprio essere. È il Suo amore gratuito a noi figli di Dio e siccome l'amore chiede amore anche noi dovremmo corrispondere a Lui il nostro.
 
 L'apostolo Giovanni nella sua prima lettera spiega come i figli di Dio non sono riconosciuti dagli uomini perché questi non conoscono Dio e conseguentemente neppure noi. Noi siamo stati amati da Dio con un amore grandissimo da farci suoi figli, anzi ci ha creato perché tutti fossimo felici in lui.
Sappiamo già qui sulla terra di essere suoi figli ma non sappiamo come diventeremo quando saremo con lui e godremo in lui; perché questo avvenga dobbiamo fin d'ora vivere nella speranza che è la vera virtù che ci farà diventare puri come lui.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 10, 11 - 18
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». 
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni 10, 11 - 18
 La lettura del Vangelo ci presenta Gesù buon pastore: Egli ha a cuore la vita delle pecore, diversamente dal mercenario. Gesù offre la vita per le pecore: Egli è il pastore ideale, modello dei pastori cioè dei capi e delle guide del popolo. Già nell’Antico Testamento Dio si era presentato a Israele come Pastore, ora Gesù s’identifica col “Bel pastore”. Il diverso modo di agire permette di distinguere tra pastore e mercenario: il secondo nell’ora del pericolo fugge, mentre Gesù non abbandona il gregge e anzi offre la Sua vita. Siamo coscienti che siamo stati riscattati con il sangue di Cristo? Egli ha accettato di morire per tutti, non solo di fare fatica, la fatica quotidiana. Egli conduce le pecore ai pascoli della vita invitandole a seguirlo con fiducia. Due sono le sue caratteristiche: dà la vita, non solo a parole ma nei fatti, e conosce le Sue pecore. Tanti maestri di sapienza promettono di condurci chissà dove ma pochi giocano la propria vita.. inoltre Gesù ama di un amore così grande da “personalizzare l’altro”: Egli ha verso di noi un amore oblativo grande come quello che ha verso il Padre. Sentiamo il Suo amore che permette di accettarci come siamo? Siamo aperti a Lui, ci lasciamo amare? Lasciamoci condurre dal Signore!
 
 Il buon Pastore offre la vita per le sue pecore.
Gesù si propone come il buon Pastore. Subito ci appare una bella icona. Suggerisce aperte campagne con pascoli rigogliosi in un ambiente invitante. Tutto in un clima rilassante. Il contatto con la natura propone una simbiosi che allarga lo spirito. Le pecore sono al sicuro, proprio perché c'è il pastore, il buon pastore che vigila costantemente. Gesù prende molto spesso spunto dalla natura per fornire delle immagini che vanno però ben oltre la realtà che Egli richiama. Il buon pastore di Gesù dona la sua vita per le sue pecore. È un gesto generoso, di vero e puro amore; significa donazione completa. Gesù, però non è mai banale nelle sue affermazioni; pone sempre una questione che va oltre. Richiede da noi molta attenzione. Il Buon Pastore dona la sua vita non semplicemente come gesto supremo di amore. Gesù proclama la sua divinità quando dice che Lui stesso ha il potere di offrire la sua vita, per poi riprenderla. Gesù è l'autore della vita; è la Vita stessa. È una dichiarazione ma anche un annuncio ed una profezia sul suo Mistero Pasquale. La sua Passione e Resurrezione non sono, allora, eventi tragici ed ineluttabili di una missione impossibile. Non è lo scontrarsi nella realtà terrena di un piano divino. Non è un infrangersi di una missione preparata da tempo. Il Mistero Pasquale è nella logica di Dio non nella logica dell'uomo. È donazione completa che essendo divina è condivisa dal Padre, come Donatore e dal Figlio, come Donato nello Spirito. È un mistero profondo che è trinitario e che non trova sbavature tra il comando del Padre e l'obbedienza del Figlio; due realtà che coincidono. Non c'è abbandono, non c'è dimenticanza nella Croce; anzi nel silenzio del Padre è presente tutta l'opera Trinitaria. Gesù si proclama vero Dio con l'immagine del Pastore. Non è un Dio nascosto e lontano; le sue pecore conoscono la sua voce. Gesù china la divinità all'uomo per comunicare questo amore infinito; custodisce, difende le sue pecore. Parla loro con amore, infonde fiducia e coraggio. La sua voce è rassicurante; le pecore quando sentono la voce amica del Buon pastore sanno che ormai possono essere tranquille. Gesù si mostra vicino agli uomini; si proclama vero Dio e vero uomo, proprio perché in Lui albergano veri sentimenti umani. Ascoltiamo la sua voce, accettiamo questo Dono di infinito amore per metterci accanto a Lui nella Morte e resurrezione. Sentiamoci veramente sicuri e protetti dalla sua Guida, che ami prevarica sull'uomo.
 
 Gesù il pastore buono che dà la vita, che contagia d'amore.
Pastore buono: è il titolo più disarmato e disarmante che Gesù abbia dato a se stesso. Eppure questa immagine non ha in sé nulla di debole o remissivo: è il pastore forte che si erge contro i lupi, che ha il coraggio di non fuggire; il pastore bello nel suo impeto generoso; il pastore vero che si frappone fra ciò che dà la vita e ciò che procura morte al suo gregge.
Il pastore buono che nella visione del profeta «porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri» (Isaia 40,11), evoca anche una dimensione tenera e materna che, unita alla fortezza, compone quella che papa Francesco chiama con un magnifico ossimoro, una «combattiva tenerezza» (Evangelii gaudium 88).
Che cosa ha rivelato Gesù ai suoi? Non una dottrina, ma il racconto della tenerezza ostinata e mai arresa di Dio. Nel fazzoletto di terra che abitiamo, anche noi siamo chiamati a diventare il racconto della tenerezza di Dio. Della sua combattiva tenerezza.
Qual è il comportamento, il gesto che caratterizza questo pastore secondo il cuore di Dio? Il Vangelo di oggi lo sottolinea per cinque volte, racchiudendolo in queste parole: il pastore dà la vita. Qui affiora il filo d'oro che lega insieme tutta intera l'opera ininterrotta di Dio nei confronti di ogni creatura: il suo lavoro è da sempre e per sempre trasmettere vita, «far vivere e santificare l'universo» (Prece eucaristica III).
Dare la vita non è, innanzitutto o solamente, morire sulla croce, perché se il Pastore muore le pecore sono abbandonate e il lupo rapisce, uccide, vince.
Dare la vita è l'opera generativa di Dio, un Dio inteso al modo delle madri, uno che nel suo intimo non è autoreferenzialità, ma generazione.
Un Dio compreso nel senso della vite che dà linfa ai tralci; del seno di donna che offre vita al piccolo; dell'acqua che dà vita alla steppa arida. Io offro la mia vita significa: vi offro una energia di nascita dall'alto; offro germi di divinità, per farvi simili a me (noi saremo simili a lui, 1 Gv 3,2 nella II Lettura). Solo con un supplemento di vita, la sua, potremo battere coloro che amano la morte, i tanti lupi di oggi. Perché anche noi, discepoli che vogliono, come lui, sperare ed edificare, dare vita e liberare, siamo chiamati ad assumere il ruolo di "pastore buono", cioè forte e bello, combattivo e tenero, del gregge che ci è consegnato: la famiglia, gli amici, quanti contano su di noi e di noi si fidano. "Dare vita" significa contagiare di amore, libertà e coraggio chi avvicini, di vitalità ed energia chi incontri. Significa trasmettere le cose che ti fanno vivere, che fanno lieta, generosa e forte la tua vita, bella la tua fede, contagiosi i motivi della tua gioia.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Quanto tempo delle nostre giornate dedichiamo alla preghiera?
- Fede, speranza e carità costituiscono il dinamismo verso la comunione con Dio. Ci riconosciamo in questi 3 punti, pilastri dell'esistenza cristiana?
- La preghiera in comune tra noi è abituale, abitudinaria, saltuaria?
 
 
7) Preghiera: Salmo 117
La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.
 
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti.     
 
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi.
 
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
 
 
8) Orazione Finale
Buon Pastore, che conosci tutte le tue pecore, guarda con amore questa tua comunità radunata e fa' che sempre di più cresca nel desiderio di seguire te, unica meta del pellegrinaggio terreno.