Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 28 marzo 2021

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  • domenica | 28 marzo 2021

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Lectio domenica 28 marzo 2021


 
Domenica delle Palme (Anno B)
 
Lettera ai Filippesi 2, 6 - 11
Marco 14, 1 - 15, 47
 
 
1) Orazione iniziale 
Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione.
 
La Domenica delle Palme nella tradizione liturgica è dedicata alla lettura del racconto della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo; il ricordo di questo evento centrale per la nostra fede merita tutta la nostra attenzione e la nostra meditazione sulla sofferenza di Gesù accettata per amore degli uomini a cui il Padre lo ha mandato e per abbandono fiducioso al proprio destino sapendo che il progetto di Dio sulle nostre vite va al di la della nostra comprensione e ha un senso anche nella incomprensibilità della morte.
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2) Lettura: Lettera ai Filippesi 2, 6 - 11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
 
3) Commento su Lettera ai  Filippesi  2, 6 - 11
 Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. (Fil 2,5.7) -  Come vivere questa Parola?
A mostrarci, incarnate in lui, le esigenze dell'amore è, quest'oggi, Gesù stesso. Nel suo essere Dio, avrebbe benissimo potuto far scendere su di noi, con benevola condiscendenza ma salvaguardando la propria dignità, le sue benedizioni e il suo aiuto. Sarebbe stato comunque un dono gratuito da apprezzare e accogliere con umile riconoscenza. 
Ma è proprio dell'amore abolire le distanze, fare spazio in sé perché l'altro possa dimorarvi senza sentirsi allo stretto e stabilire rapporti di reciprocità. Ed ecco Dio "svuotarsi" fino ad assumere la condizione di servo, in tutto simile all'uomo.
Un abbassamento che non riusciremo mai a scandagliare fino in fondo: ne resteremmo sconvolti, beneficamente sconvolti! Ma finché non tenteremo di inoltrarci in questo mistero di annientamento volontario non capiremo la portata di quelle parole che ripetiamo con tanta leggerezza: Dio è amore, Dio mi ama! E l'amore resterà sempre per noi un mondo inesplorato di cui restiamo ai margini cercando di sostituirlo con surrogati che non appagano, anzi sviliscono e gettano in un'esistenza priva di senso.
Mi chiederò quest'oggi: quanto vuoto faccio in me perché l'altro possa abitarlo?
Fammi assaporare, almeno un poco, Signore, quel tuo svuotarti per condividere la mia situazione di precarietà fragilità incertezza, così da farti sentire vicino, veramente fratello amico e compagno di viaggio. Potrò così, non ripetere meccanicamente che tu mi ami, ma percepirlo nell'alito della tua vicinanza.
Ecco la voce di una carmelitana del XIX/XX sec Madre Maria Candida dell’Eucaristia: Dinanzi agli abbassamenti del Verbo, il nostro povero intelletto si smarrisce e altro non sa fare che abbassarsi, adorare, fra tanta luce emanante dal Mistero.
 
 Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. (Fil 2, 6-8) - Come vivere questa Parola?
Paolo scolpisce, con parole forti, il mistero del Figlio di Dio fatto uomo e crocifisso per la redenzione del mondo. Lo stesso grande mistero viene pure narrato dal lungo racconto di Matteo, con il quale la liturgia odierna apre il grande sipario della esaltazione e della passione del Signore. Fino a Pasqua, la via della croce, prevista, sofferta, assunta da Gesù sarà l'anima dei giorni della settimana santa, che nel rito ambrosiano viene detta "Autentica", perché ci "dice tutto" di Gesù: ci svela perché si è "fatto uomo", perché è venuto ad "abitare in mezzo a noi", "dove" e "come" ci vuole condurre e, non ultimo, ci mostra il "Padre".
Tuttavia non ci è dato di capire la Passione del Maestro se non attraverso la grazia del Signore, a cui chiediamo di introdurci nel grande mistero. E Maria, la Madre, ci è accanto per aiutarci ad entrare, con la preghiera, nel fuoco divorante di un Dio che si è fatto debole per noi fino alla morte.
Ecco la voce del cardinale Martini: Signore Gesù, che per nostro amore vai alla Passione, fa' che ciascuno di noi si lasci attrarre da te per seguirti là dove vuoi condurci.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 14, 1 - 15, 47
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco (forma breve)
 
- Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei? 
Al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
 
- Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo 
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. 
 
- Condussero Gesù al luogo del Gòlgota 
Costrinsero a portare la croce di lui un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 
 
- Con lui crocifissero anche due ladroni 
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 
- Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
 
- Gesù, dando un forte grido, spirò 
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
 
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
 
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco  14, 1 - 15, 47
 Nel brano della passione di Marco trova risposta la domanda che attraversa tutto il suo vangelo: Chi è Gesù? La risposta, riassunta sulle labbra del centurione che ha visto morire Gesù, è: vero uomo e vero Dio. La narrazione è sobria, incisiva; il protagonista tace e l’irrisione di molti non trova risposta. Vero uomo nel Getsemani Gesù cade a terra pregando; vero Figlio di Dio può invocare l’Altissimo chiamandolo padre. Dopo la ripetuta preghiera avviene, sofferta, la resa alla volontà del Padre. Davanti a quelli che lo accusano non ha altre parole che quelle sulla Sua identità che lo fanno condannare come bestemmiatore perché si è dichiarato Figlio del Dio Benedetto. In mezzo al frastuono delle voci che accusano e urlano “Crocifiggilo!” è impressionante il silenzio di Gesù, che nell’ora estrema diviene forte grido e preghiera accorata al Padre fino alla morte. Seguiamo in silenzio e con partecipazione la lettura della Passione. 

 Il trionfo che dura per l'eternità.
Le palme in segno di vittoria, i mantelli stesi a terra, i festosi osanna dei bambini e del popolo, la trionfale processione che acclama Cristo Gesù, re dei re e Signore dei signori! Viene spontaneo a tutti noi aggregarci a quella folla festosa, associarci a quei canti, partecipare a quel trionfo. Finalmente, verrebbe da dire! Dopo tante contestazioni, dopo tante insidie tramate contro Gesù, è arrivato il momento di proclamarlo osannando, vero re e Messia, figlio di Dio, come Colui che viene nel nome del Signore. Purtroppo è di brevissima durata questa festa. La liturgia e la verità della storia ci obbligano a leggere gli eventi in modo completo e sapienziale: il percorso verso il trionfo deve passare attraverso la dura esperienza della passione, della croce e della morte: questo è l'arcano disegnodell'Altissimo, questa è l'"opera" già adombrata nella figura profetica del servo sofferente, preannunciata da secoli e compiuta in Cristo redentore. San Paolo ci ricorda questo misterioso percorso: "Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce". La regalità di Cristo si esprime in questo annientamento, in questa totale spogliazione, nel farsi servo e schiavo in una profondissima e completa umiliazione e tutto questo per cancellare e redimere la nostra umana presunzione che ci ha indotto e ci induce al peccato. Sì, per questa via, per la via della croce, si realizza la vera suprema e perenne regalità di Cristo: "Per questo, conferma San Paolo, Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre". Ormai tutta la storia, quella dell'umanità, quella della Chiesa e quella di ognuno di noi è segnata definitivamente dalla passione di amore che il Figlio di Dio ha patito ed offerto per noi. Con una violenza che ci aiuta a capire con quanto amore il buon Dio ci ha soccorso, quale danno ha prodotto in noi il peccato, quale meravigliosa possibilità di recupero ci viene offerto. Più che mai per essere partecipi di quella divina e umana regalità, dobbiamo fissare lo sguardo dell'anima a Colui che abbiamo trafitto e con grande e doverosa umiltà piegarci dinanzi al crocifisso e proclamare che Gesù è il nostro, il mio Re e Signore. Così proclamiamo anche la gloria di Dio Padre e la sua infinita misericordia. Così immersi nella morte e nella croce, attratti dal Crocifisso, possiamo essere veramente partecipi della sua gloriosa risurrezione, della sua regalità e del suo sacerdozio. Possiamo vivere una santa Pasqua.
 
 «Davvero era figlio di Dio». La Croce capovolge la storia.
In questa settimana santa, il ritmo dell'anno liturgico rallenta: sono i giorni del nostro destino e sembrano venirci incontro piano, ad uno ad uno, ognuno generoso di segni, di simboli, di luce. La cosa più bella che possiamo fare è sostare accanto alla santità delle lacrime, presso le infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. E deporre sull'altare di questa liturgia qualcosa di nostro: condivisione, conforto, consolazione, una lacrima. E l'infinita passione per l'esistente.
«Salva te stesso, scendi dalla croce, allora crederemo». Qualsiasi uomo, qualsiasi re, potendolo, scenderebbe dalla croce. Gesù, no.
Solo un Dio non scende dal legno, solo il nostro Dio. Perché il Dio di Gesù è differente: è il Dio che entra nella tragedia umana, entra nella morte perché là è risucchiato ogni suo figlio.
Sale sulla croce per essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all'uomo che è in croce. Perché l'amore conosce molti doveri, ma il primo di questi è di essere con l'amato, unito, stretto, incollato a lui, per poi trascinarlo fuori con sé nel mattino di Pasqua.
Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio. La croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.
L'ha capito per primo un estraneo, un soldato esperto di morte, un centurione pagano che formula il primo credo cristiano: costui era figlio di Dio. Che cosa ha visto in quella morte da restarne conquistato? Non ci sono miracoli, non si intravvedono risurrezioni. L'uomo di guerra ha visto il capovolgimento del mondo, di un mondo dove la vittoria è sempre stata del più forte, del più armato, del più spietato. Ha visto il supremo potere di Dio, del suo disarmato amore; che è quello di dare la vita anche a chi dà la morte; il potere di servire non di asservire; di vincere la violenza, ma prendendola su di sé.
Ha visto sulla collina che questo mondo porta un altro mondo nel grembo, un altro modo di essere uomini.
Come quell'uomo esperto di morte, anche noi, disorientati e affascinati, sentiamo che nella Croce c'è attrazione, e seduzione e bellezza e vita. La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d'amore. La nostra fede poggia sulla cosa più bella del mondo: un atto d'amore. Bello è chi ama, bellissimo chi ama fino all'estremo. La mia fede poggia su di un atto d'amore perfetto. E Pasqua mi assicura che un amore così non può andare deluso.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
a) Cosa mi ha maggiormente colpito nell’atteggiamento dei dodici apostoli e nell’atteggiamento delle donne durante la passione e morte di Gesù? Che avresti fatto tu se fossi stato/a presente? Avresti agito come gli uomini o come le donne? 
b) Cosa ti ha maggiormente colpito nell’atteggiamento di Gesù riguardo ai discepoli ed alle discepole nella narrazione della sua passione e morte? Perché? 
c) Qual’é il messaggio speciale della narrazione della passione e morte nel vangelo di Marco? Sei riuscito/a a scoprire le differenze tra la narrazione della passione e la morte nel vangelo di Marco e negli altri vangeli? Quali?
 

 
7) Preghiera: Salmo 21
Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
 
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».          
 
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.       
 
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.   
 
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.
 
 
8) Orazione Finale
O Dio, nostro Padre, che ci hai tanto amato da donare il tuo Figlio unigenito, fa' che abbiamo sempre presente l'insegnamento della sua passione, per poter partecipare alla gloria della sua risurrezione.