Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - giovedì 18 marzo 2021

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  • giovedì | 18 marzo 2021

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Lectio giovedì 18 marzo 2021

 
Giovedì della Quarta Settimana di Quaresima (Anno B)
 
Libro dell’Esodo 32, 7 - 14
Giovanni 5, 31 - 47
 
 
1) Orazione iniziale
O Padre, che ci hai dato la grazia di purificarci con la penitenza e di santificarci con le opere di carità fraterna, fa’ che camminiamo fedelmente nella via dei tuoi precetti, per giungere rinnovati alle feste pasquali.
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2) Lettura: Libro dell’Esodo 32, 7 - 14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostràti dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
 
3) Commento su   Libro dell’Esodo 32, 7 - 14
 «Va', scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto, si è pervertito... Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi e gli hanno offerto sacrifici». (Es 32, 7-8) -  Come vivere questa Parola?
Tutti hanno bisogno di un Dio! O ci si affida alle braccia del Dio Vivo e Vero, che non si dimentica mai di me o, altrimenti, si cade inesorabilmente tra le braccia di un idolo. Non c'è via di scampo! Il filosofo illuminista Voltaire ha affermato polemicamente: "Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma l'uomo si è vendicato facendosi un Dio a sua propria immagine e somiglianza". E l'idolo più pericoloso che io ci costruiamo è il nostro "ego", quando pretende di essere l'unico padrone della nostra vita, l'unico signore che vuole dominare su tutto. 
Il cammino quaresimale di conversione che stiamo percorrendo è un itinerario di liberazione da tutti gli idoli che noi siamo portati a costruirci con le nostre mani, a cominciare proprio dal nostro essere "egoico" che ci porta a prevalere su tutto e su tutti. "Il vitello d'oro" è stato sempre una tentazione e un peccato ricorrente nel popolo di Dio lungo la millenaria storia della salvezza e rimane ancora oggi il peccato al quale anche noi siamo continuamente esposti.
In un momento di riflessione e di esame di coscienza cercherò di verificare se ci sono degli idoli nel mio cuore e soprattutto se c'è l'idolo del mio "io" che troneggia sull'altare della mia vita e chiederò al Signore umilmente di liberarmene per amore del Suo Nome.
Ecco la voce di un santo sacerdote salesiano, il Venerabile Don Giuseppe Quadrio (dal suo Diario Spirituale: 30 marzo 1944): "Infrangi, o Signore, l'idolo che troneggia sull'altare della mia vita: domina tu, o Signore; tu e non io, tu solo sempre"
 
 
 Mosè allora supplicò il Signore suo Dio e disse: ‘Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di far del male al tuo popolo. Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre? (Es. 32, 9-13) - Come vivere questa Parola?
Mosè, conduttore di Israele, non demorde nel ripetere a Dio la sua supplica: ‘...abbandona il proposito di far del male al tuo popolo’. Tuttavia, nel corso della sua preghiera, Mosè comprende che non si tratta di convertire jhwh, ma piuttosto di rileggere la storia di Israele a partire dai suoi più lontani progenitori. Ecco allora che entrano in scena Abramo, Isacco e tutti quei servi che sono stati fedeli a Dio.
Il brano dell'Esodo è soprattutto una catechesi sulla preghiera, che, quando è ben fatta, ha il potere di cambiare i nostri pensieri, la nostra stessa vita. Infatti, mentre pensiamo di impetrare grazie per altri o per superare eventi dolorosi, avvertiamo che il nostro cuore si apre a quelle prospettive esaltanti che possono venire solo dal cielo: ‘Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo’. Nel momento in cui ci sembra che tutto sia perduto e cancellato, si apre il firmamento della possibilità di generare, di possedere beni impensabili ‘per sempre’.
Nella preghiera chiediamo al Signore di regalare anche a noi, come ad Abramo una posterità numerosa come le stelle del cielo. Per la sua gloria.
Ecco la voce di un profeta moderno V. Havel, presidente Cecoslovacchia: La speranza è una dimensione dell'anima, è un orientamento dello spirito, un orientamento del cuore. Quanto più sfavorevole è la situazione in cui manifestiamo la nostra speranza, tanto più è profonda la nostra speranza.
 
 Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. (Es 32,12) -  Come vivere questa Parola?
La lettura di oggi può suscitare qualche perplessità: certo, si sottolinea la forza dell'intercessione, ma il volto amante di Dio sembra cedere il passo alla stanchezza e all'indignazione, tanto da essere superato dall'atteggiamento misericordioso e magnanimo di Mosè, a cui Dio aveva promesso: " Di te invece farò una grande nazione".
Ma non si può stralciare una frase dal contesto più ampio della Sacra Scrittura, senza correre il rischio di sfalsarla. In questo caso possiamo richiamarci in particolare ad Ezechiele 22,30 dove Dio stesso si lamenta per non aver trovato nessuno che si facesse intercessore dei fratelli: " Io ho cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia di fronte a me, per difendere il paese perché io non lo devastassi, ma non l'ho trovato". E più avanti: " Io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o casa d'Israele?" (Ez 33,11). 
No, Dio non vuole il male di nessuno, ma nel suo rispetto per la libertà umana lascia che ognuno scelga la via da seguire, senza tuttavia desistere dal mettere in guardia dal pericolo che si corre. E quando l'uomo si ostina a seguire vie che lo autodistruggono, egli cerca chi freni questo correre al precipizio facendosi mediatore dei fratelli con i quali, in forza della condivisa natura umana, è pienamente solidale. Così ha fatto con Abramo, con Mosè, con Cristo, incarnatosi proprio per garantire questa piena solidarietà e così contrapporre il suo incondizionato e umano "sì" al persistente e ostinato "no" di coloro di cui si è fatto fratello a pieno titolo.
Oggi questa intercessione, fatta non solo di preghiera ma anche di "sì" che si oppongano al dilagare del male, è affidata in particolare a tutti noi che ci definiamo cristiani: è il nostro turno per ergerci sulla breccia perché tutti siano salvi.
Rendimi, Signore, capace di scendere sulla breccia e di battermi insieme a Cristo e a tutti i fratelli di fede, perché la società ritrovi la via della vita.
Ecco la voce di un testimone Carlo Maria Martini: Intercessione vuol dire mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto [...]. È il gesto di Gesù Cristo sulla croce [...]. Egli è colui che è venuto per porsi nel mezzo di una situazione insanabile [e ha potuto farlo] perché era solidale con le due parti in conflitto, anzi i due elementi in conflitto coincidevano in lui:
l'uomo e Dio.
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4) Lettura: dal Vangelo di   Giovanni 5, 31 - 47
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
 
5) Riflessione sul Vangelo di  Giovanni  5, 31 - 47  
 Perdona, Signore, le colpe del tuo popolo.
L'Alleanza è stata appena conclusa, e Dio costata che il popolo si è costruito un vitello d'oro da adorare come se fosse una divinità. La sua reazione è immediata: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ho lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione". Il momento era tragico per Dio: ripudiare il suo popolo e lo stesso Mosè, o mettere nuovamente la fedeltà umana alla prova? Avviene allora la sconvolgente intercessione di Mosè presso il Signore Dio, che si conclude con insistenza: "Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo". Dio riconosce la funzione di intercessore di Mosè. In modo analogo, Gesù, sempre vivo nella comunità ecclesiale, intercede per noi e con noi. La testimonianza di Gesù sottolinea la distanza tra "io" e "voi": Commovente è l'affermazione che riassume tutto il programma del Redentore: "Io sono venuto nel nome del Padre mio, e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste... C'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza". La fede dei giudei è deviata; non sono stati capaci di leggere la Sacra Scrittura con il cuore e la mente, e sono rimasti chiusi nel legalismo
Il tempo di Quaresima insiste anche sul dovere di essere adulti nella fede, di capire con coerenza i testi sacri; la vita di Gesù era un programma e una testimonianza resa alla verità e alla continuità dell'Alleanza.
 
  Giovanni, interprete di Gesù. Giovanni è un buon interprete delle parole di Gesù. Un buon interprete deve avere una duplice fedeltà. Fedeltà alle parole di colui che parla, e fedeltà al linguaggio di chi ascolta. Nel vangelo di Giovanni, le parole di Gesù non sono trasmesse letteralmente, bensì sono tradotte e trasposte al linguaggio della gente, delle comunità cristiane del primo secolo, lì in Asia Minore. Per questo motivo, le riflessioni del vangelo di Giovanni non sono sempre facili da capirsi. Poiché in esse si mescolano le parole di Gesù e le parole dell’evangelista stesso che rispecchia il linguaggio della fede delle comunità dell’Asia Minore. Per questo, non basta lo studio erudito o scientifico di Gesù. È necessario tenere in noi anche il vissuto comunitario della fede. Il vangelo di oggi è un tipico esempio della profondità spirituale e mistica del vangelo del discepolo amato.
 
 Illuminazione reciproca tra vita e fede. Qui vale ripetere ciò che Giovanni Cassiano disse nei riguardi della scoperta del senso pieno e profondo dei salmi: “Istruiti da ciò che noi stessi sentiamo, non percepiamo il testo come qualcosa che abbiamo solo udito, ma come qualcosa che abbiamo sperimentato e tocchiamo con le nostre mani; non come una storia strana ed inaudita, ma come qualcosa che diamo a luce dal più profondo del nostro cuore, come se fossero sentimenti che fanno parte del nostro essere. Ripetiamolo, non è la lettura (lo studio) ciò che ci fa penetrare nel senso delle parole, bensì la propria esperienza acquisita precedentemente nella vita di ogni giorno” (Collationes X,11). La vita illumina il testo, il testo illumina la vita. Se, a volte, il testo non dice nulla, non è per mancanza di studio o per mancanza di preghiera, ma semplicemente per mancanza di profondità nella propria vita.
 
Giovanni 5,31-32: Il valore della testimonianza di Gesù. La testimonianza di Gesù è vera, perché lui non si auto-promuove, né esalta se stesso. “Un altro dà testimonianza di me”, cioè il Padre. E la sua testimonianza è vera e merita di essere creduta.
 
? Giovanni 5,33-36: Il valore della testimonianza di Giovanni Battista e delle opere di Gesù. Anche Giovanni Battista dette testimonianza a Gesù e lo presenta alla gente come l’inviato di Dio che deve venire a questo mondo (cf. Gv 1,29.33-34; 3,28-34). Per questo, anche se è molto importante la testimonianza di Giovanni, Gesù non dipende da lui. Lui ha un testimone a suo favore che è più grande della testimonianza di Giovanni, e cioè, le opere che il Padre compie per mezzo di lui (cf Gv 14,10-11).
 
 Giovanni 5,37-38: Il Padre dà testimonianza a favore di Gesù. Anteriormente, Gesù aveva detto: “Chi è di Dio, ascolta le parole di Dio” (Gv 8,47). I giudei che accusavano Gesù non avevano la mente aperta a Dio. Per questo, non riescono a percepire la testimonianza del Padre che giunge loro attraverso Gesù.
 
 Giovanni 5,39-41: La scrittura stessa dà testimonianza a favore di Gesù. I giudei dicono di aver fede nelle scritture, però in realtà, loro non capivano la Scrittura, poiché la Scrittura parla di Gesù (cf. Gv 5,46; 12,16.41; 20,9).
 
 Giovanni 5,42-47: Il Padre non giudica, ma affida il giudizio al figlio. I giudei si dicono fedeli alla Scrittura di Mosè e, per questo, condannano Gesù. In realtà, Mosè e la scrittura parlano di Gesù e chiedono di credere in lui.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
• La vita illumina il testo ed il testo illumina la vita. Hai sperimentato questo qualche volta?
• Cerca di approfondire il valore della testimonianza di Gesù
 
 
7) Preghiera: Salmo 105
Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.
 
Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba.
 
Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.
 
Ed egli li avrebbe sterminati, se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.