Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - lunedì 15 marzo 2021

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  • lunedì | 15 marzo 2021

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Lectio lunedì 15 marzo 2021

 
Lunedì della Quarta Settimana di Quaresima (Anno B)
 
 
Profeta Isaia 65, 17 - 21
Giovanni 4, 43 - 54
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, che rinnovi il mondo con i tuoi sacramenti, fa’ che la comunità dei tuoi figli si edifichi con questi segni misteriosi della tua presenza e non resti priva del tuo aiuto per la vita di ogni giorno.
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2) Lettura: Profeta Isaia 65, 17 - 21
Così dice il Signore: «Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto.
Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto».
 
3) Commento su  Profeta Isaia 65, 17 - 21
 Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra (Is 65,17) -  Come vivere questa Parola?
Israele ha vissuto l'amara esperienza dell'esilio ed ora gli si prospetta la possibilità di una ripresa all'insegna della novità più radicale, in cui è coinvolto l'intero cosmo.
Una svolta storica per un popolo, ma dietro di esso una realtà ben più vasta: non solo Israele, ma l'intera umanità vive in esilio, con in cuore la nostalgia della Patria perduta.
Come per l'antico Israele, è ancora Dio a riaccendere la speranza: non con un'opera precaria di restauro, ma con " cieli nuovi e terra nuova". Il rilancio della creazione con l'impronta divina della novità. All'orizzonte si profila l'opera redentiva di Cristo. Con lui veramente la storia conosce una svolta decisiva e determinante, ma sempre all'insegna del coinvolgimento umano, di cui Dio per primo rispetta la libertà.
Quei cieli nuovi e terra nuova non sono da proiettare in un futuro indeterminato, quando la realtà cosmica attuale giungerà al suo termine naturale.
L'evento pasquale di morte-resurrezione ne ha già segnato l'inizio. Un capitale deposto nelle nostre mani perché lo facciamo fruttificare sia a livello personale che sociale.
Oggi sta a me rimboccarmi le maniche perché sulle macerie di una società che presenta tutti i segni del decadimento, possa farsi strada la novità, proprio come una pianticella che spacca l'asfalto per gridare il trionfo della vita.
Per il cristiano non c'è spazio per la tristezza e lo scoraggiamento: la vita ha vinto la morte e noi corriamo verso la pienezza dei cieli e della terra, prorompenti della novità che Cristo vi ha comunque immesso.
Il buio dell'ora presente non deve farci dimenticare questa consolante certezza, anzi deve renderci maggiormente impegnati per affrettare la manifestazione di questa gioiosa novità. È l'impegno che mi assumo quest'oggi.
Donami, Signore, di essere operaio solerte che collabora con te e con i fratelli perché la novità dilaghi nel mondo rinnovandolo.
Ecco la voce di un dottore della chiesa S. Agostino: Il Creatore ha investito l'uomo del potere di dominare la terra; gli chiede cioè di essere padrone, con il suo lavoro, del campo che gli è stato affidato, di mettere in opera tutte le sue capacità affinché la sua personalità, e la comunità intera, giungano al loro pieno sviluppo.
 
 Si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare... (Is 65, 18) - Come vivere questa Parola?
Una settimana all'insegna della gioia, della speranza. La profezia di Isaia ci sollecita a riconoscere la novità di Dio che rivitalizza, ristabilisce la bellezza delle origini e crea novità. Il vangelo secondo Giovanni con il secondo segno di Gesù, ci aiuta a vedere che la novità di Dio passa anche per quello che a noi sembra morto, perduto. Perché la novità di Dio non solletica le emozioni, ma si rende visibile nella fede, credibile nella speranza e si fa generativa nell'amore. Signore, attraversa, con la tua novità, la nostra esistenza.
Ecco la voce della liturgia (Canto al Vangelo Am 5,14) - Gloria e lode a te, o Cristo, Verbo di Dio!
Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e il Signore sarà con voi.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 4, 43 - 54
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. 
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni  4, 43 - 54
  Va', il tuo figlio vive.
Vi era un funzionario del re che aveva un figlio malato a Cafarnao. Udito che Gesù era ritornato in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere per guarire suo figlio che stava per morire. Gesù è pregato di scendere da Cana a Cafarnao, geograficamente è esatto, ma nel vangelo di Giovanni i richiami teologici fanno sempre da sottofondo. "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete". Non accetta di intervenire per concedere un beneficio, pur necessario, senza suscitare la fede in lui, che chiede, e negli astanti. La fede non è chiedere "segni o prodigi", è credere a Dio per quello che ha già fatto. Il ricordo, molte volte assente, di ciò che ha compiuto in noi nel passato, è motivo sufficiente per credere qui e ora a lui. La salvezza non è la salute, bene tanto prezioso, neppure la rianimazione di un cadavere: la salvezza sta nella fede che fa aderire a colui che è la vera Vita. Il funzionario del re – dice l'evangelista, - insistette: "Signore, scendi". Gesù dunque accetta di guarire a distanza. Tuttavia, ecco la delicatezza del Dio che vuole completamente salvarci e non si accontenta di soddisfare il desiderio accorato di questo genitore. Egli vuole mettere fede in questo cuore, e perciò nell'atto stesso di concedere, chiede fede. "Va' tuo figlio vive". Quell'uomo credette e si mise in cammino. "Mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: Tuo figlio vive!" Abbiamo bisogno anche di testimoni, che confermano la nostra totale fiducia nella parola del Signore. La fede come viene dall'ascolto, è sempre e solo fondata sulla Parola, che raccontando la salvezza avvenuta, la dona e la conferma a chi l'ascolta ancora. Nella vita di ciascuno di noi, ogni giorno si rinnova questo itinerario di vita, che ci fa confessare: "Io credo, o Signore, e sulla tua Parola, farò come tu dici".
 
 Gesù era uscito dalla Galilea, e si dirigeva verso la Giudea, per arrivare fino a Gerusalemme in occasione della festa (Gv 4,45) e, passando per la Samaria, si dirigeva di nuovo verso la Galilea (Gv 4,3-4). Ai giudei osservanti era proibito passare per la Samaria, e non potevano nemmeno parlare con i samaritani (Gv 4,9). A Gesù non importano queste norme che impediscono l’amicizia e il dialogo. Rimase vari giorni in Samaria e molta gente si convertì (Gv 4,40). Dopo ciò si decise a ritornare in Galilea.
 
 Giovanni 4,43-46ª: Il ritorno verso la Galilea. Pur sapendo che la gente di Galilea guardava verso di lui con un certo riserbo, Gesù volle ritornare alla sua terra. Probabilmente Giovanni si riferisce alla brutta accoglienza che Gesù riceverà a Nazaret della Galilea.
Gesù stesso aveva detto: “Nessun profeta è ben accetto in patria” (Lc 4,24). Però ora, dinanzi all’evidenza dei segnali di Gesù, i galilei cambiarono la loro opinione e lo accolsero bene. Gesù ritorna a Cana, dove aveva operato il primo “segnale” (Gv 2,11).
 
 Giovanni 4,46b-47: La richiesta di un funzionario del re. Si tratta di un pagano. Poco prima, nella Samaria, Gesù aveva parlato con una samaritana, persona eretica secondo i giudei, a cui Gesù rivelerà la sua condizione di messia (Gv 4,26). Ed ora, in Galilea, lui riceve un pagano, funzionario del Re, che cercava aiuto per il figlio malato. Gesù non si limita alla sua razza, né alla sua religione. È ecumenico ed accoglie tutti.
 
 Giovanni 4,48: La risposta di Gesù al funzionario. Il funzionario voleva che Gesù andasse con lui fino alla sua casa per curare il figlio. Gesù risponde: “Se voi non vedete segnali e prodigi voi non credete!” Risposta dura e strana. Perché Gesù risponde così? Qual era il difetto della richiesta del funzionario? Cosa voleva raggiungere Gesù con questa risposta? Gesù vuole insegnare come deve essere la fede. Il funzionario del re crederebbe solo se Gesù fosse con lui fino alla sua casa. Lui voleva vedere Gesù che curava. In definitiva, questo è l’atteggiamento normale di tutti noi. Noi non ci rendiamo conto della deficienza della nostra fede.
 
 Giovanni 4,49-50: Il funzionario ripete la richiesta e Gesù ripete la risposta. Malgrado la risposta di Gesù, l’uomo non tace e ripete la stessa richiesta: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia!” Gesù continua nella sua posizione. Non risponde alla richiesta e non va a casa con l’uomo e gli ripete la stessa risposta, ma formulata in modo diverso: “Vai! Tuo figlio è vivo!” Sia nella prima risposta come pure nella seconda risposta, Gesù chiede fede, molta fede. Chiede che il funzionario creda che il figlio è già curato. Ed il vero miracolo avviene! Senza vedere nessun segnale, né nessun prodigio, l’uomo crede nella parola di Gesù e ritorna a casa. Non deve essere stato facile. Questo è il vero miracolo della fede; credere senza nessun’altra garanzia, eccetto la Parola di Gesù. L’ideale è credere nella parola di Gesù, anche senza vedere (cf Gv 20,29).
 
 Giovanni 4,51-53: Il risultato della fede nella parola di Gesù. Quando l’uomo va verso la sua casa, gli impiegati lo vedono e gli corrono incontro per dirgli che il figlio era guarito. Lui si informò sull’ora in cui era guarito e scoprì che era esattamente l’ora in cui aveva detto: “Tuo figlio vive!” Lui ebbe la conferma della sua fede.
 
 Giovanni 4,54: Un riassunto da parte di Giovanni, l’evangelista. Giovanni termina dicendo: “Questo fu il secondo segnale che Gesù fece”. Giovanni preferisce parlare di segnale e non di miracolo. La parola segnale evoca qualcosa che noi vediamo con gli occhi, ma il cui senso profondo solo la fede ci fa scoprire. La fede è come i Raggi X: fa scoprire ciò che ad occhio nudo non si vede.
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6) Per un confronto personale
• Come vivi la tua fede? Hai fiducia nella parola di Gesù o solo credi ai miracoli ed alle esperienze sensibili?
• Gesù accoglie le persone eretiche e straniere. Ed io, come mi relaziono con le persone?
 
7) Preghiera finale: Salmo 29
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
 
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato
e non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
 
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera è ospite il pianto
e al mattino la gioia.
 
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.