Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - lunedì 8 marzo 2021

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  • lunedì | 8 marzo 2021

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Lectio lunedì 8 marzo 2021

 
Lunedì della Terza Settimana di Quaresima (Anno B)
San Giovanni di Dio
 
2 Libro dei Re 5, 1 - 15
Luca 4, 24 - 30
 
 
1) Orazione iniziale 
Signore Gesù che facendoti uomo, hai voluto condividere le nostre sofferenze, ti supplichiamo, per l'intercessione di Giovanni di Dio di aiutarci a superare i difficili momenti della nostra vita.
Come un giorno hai dimostrato una particolare predilezione verso i malati, così ora rivela anche a noi la tua bontà. Ravviva la nostra fede nella tua presenza e dona a quanti ci assistono la delicatezza del tuo amore.
 
Cristo é fedele e a tutto provvede.
Se guardassimo alla misericordia di Dio, non cesseremo mai di fare il bene tutte le volte che se ne offre la possibilità. Infatti quando, per amor di Dio, passiamo ai poveri ciò che egli stesso ha dato a noi, ci promette il centuplo nella beatitudine eterna. O felice guadagno, o beato acquisto! Chi non donerà a quest’ottimo mercante ciò che possiede, quando cura il nostro interesse e ci supplica a braccia aperte di convertirci a lui e di piangere i nostri peccati e di metterci al servizio della carità, prima verso di noi e poi verso il prossimo? Infatti come l’acqua estingue il fuoco, così la carità cancella il peccato (cfr. Sir 3, 29). Vengono qui tanti poveri, che io molto spesso mi meraviglio in che modo possano esser mantenuti. Ma Gesù Cristo provvede a tutto e tutti sfama. (dalle Lettere di San Giovanni di Dio)
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2) Lettura: 2 Libro dei Re 5, 1 - 15
In quei giorni Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramèi. Ma quest’uomo prode era lebbroso. Ora bande aramèe avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samarìa, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele». Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me». Quando Elisèo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Elisèo. Elisèo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damàsco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele».
 
3) Commento sul 2 Libro dei Re 5, 1 - 15
 La prima lettura ci parla di "Naaman, capo dell'esercito del re di Aram, un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato...Ma questo uomo prode era lebbroso". Pur affidandosi alle cure dei medici e ai sortilegi dei maghi siriani non riesce a guarire. Si fida, forse per disperazione, alle parole di una persona insignificante, la schiava della moglie. Chiede al suo signore il permesso di andare in Samaria per essere guarito dalla lebbra dal profeta Eliseo. Eliseo gli ordina di lavarsi sette volte nelle acque del giordano, dalle cui acque l'uomo riemerge con la sua carne come quella di un giovinetto. Torna da Eliseo per ringraziarlo e dice: "ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele". Con queste parole egli riconosce di aver fede in Dio e in Eliseo l'intermediario di Dio. Dopo inutili tentativi di far accettare doni di riconoscenza al profeta, chiede il permesso " di caricare terra quanta ne portano due muli...per offrire olocausti e sacrifici...solo al Signore". 
 
 La prima riflessione che passa per la mente è la seguente: "Quante persone che, noi riteniamo insignificanti, svanite, ci suggeriscono, con parole e atteggiamenti parole ed atteggiamenti che vani non sono? Quanti pensieri ci passano per la mente e che non vengono presi in considerazione perché richiedono fede, perseveranza e umiltà per poterli attuare?"
La fede è un dono, un dono di Dio, che Lui elargisce, senza che noi ce ne rendiamo conto; ma ci rendiamo conto del dono solo se la chiediamo insistentemente, con cuore puro e non come ricompensa per il nostro buon operare. La fede nel Dio di Israele fa ritenere a Naaman che Dio può essere adorato e ringraziato solo in quella terra di cui egli sii fa provvista rientrando in patria. 
 
 Noi sappiamo che Dio si adora e si ringrazia in spirito e verità ovunque ci siano dei veri adoratori, cioè si fa comunione con Dio solo attraverso la fede, e il materiale per la celebrazione è sua proprietà: le sue meraviglie, i prodigi del suo amore. A noi spetta coltivare tutto con riconoscenza in un "cuore di carne". Cristiano è chi rende grazie a Dio, non chi chiede grazie e talvolta, indegnamente le riceve. Cristiano è colui che riconosce i molteplici doni che, Dio gli fa attraverso i sacramenti, con la consapevolezza che ciò che ha ricevuto non gli è dovuto. Cristiano è colui che si chiede "che cosa gli darà ancora la vita", ma colui che dice "che cosa sono capace di dare a Dio in ringraziamento per i suoi innumerevoli doni ricevuti e che ancora mi darà". La risposta a queste domande la troviamo nel salmo responsoriale. " Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni!".
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 4, 24 - 30
In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Luca 4, 24 - 30
 Perché grande è il suo amore per noi.
Nel brano del secondo libro dei re, si narra una guarigione dalla lebbra, operata dal profeta Eliseo con alcune immersioni nel fiume Giordano: la lebbra, nella mentalità semitica, significava separazione, impurità, castigo divino. Il beneficiario dell'evento straordinario è Naaman, capo dell'esercito arameo e quindi pagano; accetta (con qualche iniziale titubanza presuntuosa) l'invito di Eliseo ad immergersi nell'acqua del fiume. La guarigione realizza un atto di fede totale: "Ebbene, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele". La tradizione esegetica e teologica ha interpretato quel fatto in una prospettiva battesimale: l'immersione nelle acque, l'ascolto della parola profetica, la salvezza ottenuta da un pagano (e quindi non riservata ai seguaci della fede mosaica). La riflessione quaresimale orienta verso l'impegno battesimale, che sarà uno degli elementi centrali della Veglia pasquale. Nel Vangelo, nel testo di Luca, Gesù, nella sinagoga di Nazaret, ricorda quel fatto, ricorda la guarigione del lebbroso Naaman, e altri precedenti episodi miracolosi; in questo modo, egli intende provocare la fede nella sua missione, ma la reazione generale è un rifiuto: "Nessun profeta è bene accetto in patria". I presenti intendono ucciderlo, ma Gesù riesce a passare indenne. Probabilmente, l'evangelista accenna al fatto che la fede non dipende da miracoli, ma è un dono divino, non legato a situazioni geografiche o etniche. In un certo modo, il brano di Luca è una riflessione analoga a quella della prima lettura odierna.
 
 Il vangelo di oggi (Lc 4,24-30) fa parte di un insieme più ampio (Lc 4,14-32). Gesù aveva presentato il suo programma nella sinagoga di Nazaret, servendosi di un testo di Isaia che parlava dei poveri, dei prigionieri, dei ciechi e degli oppressi (Is 61,1-2) e che rispecchiava la situazione della gente di Galilea al tempo di Gesù. In nome di Dio, Gesù prese posizione e definì la sua missione: annunciare la Buona Novella ai poveri, proclamare la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, restituire la libertà agli oppressi. Terminata la lettura, attualizzò il testo e disse: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi!” (Lc 4,21). Tutti i presenti rimasero ammirati (Lc 4,16-22ª). Però ci fu subito dopo una reazione di discredito. La gente nella sinagoga rimase scandalizzata e non ne volle sapere di Gesù. Diceva: “Non è il figlio di Giuseppe?” (Lc 4,22b) Perché rimasero scandalizzati? Qual è il motivo di quella reazione così inaspettata?
 
 Perché Gesù citò il testo di Isaia solo fino a dove dice: "proclamare un anno di grazia del Signore", e taglia la fine della frase che dice: “e proclamare un giorno di vendetta del nostro Dio” (Is 61,2). La gente di Nazaret rimane meravigliata perché Gesù omette la frase sulla vendetta. Loro volevano che la Buona Novella della liberazione degli oppressi fosse un’azione di vendetta da parte di Dio contro gli oppressori. In questo caso, la venuta del Regno non era che un cambiamento superficiale, e non una mutazione o conversione del sistema. Gesù non accetta questo modo di pensare. La sua esperienza di Dio Padre lo aiuta a capire meglio il significato delle profezie. Toglie di mezzo la vendetta. La gente di Nazaret non accetta questa proposta e comincia a diminuire l’autorità di Gesù: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”
 
 Luca 4,24: Nessun profeta è ben accetto in patria. La gente di Nazaret era gelosa dei miracoli compiuti da Gesù a Cafarnao, perché non ne aveva compiuti a Nazaret. Gesù risponde: “Nessun profeta è ben accetto in patria!” Nel loro intimo non accettavano la nuova immagine di Dio che Gesù comunicava loro mediante questa nuova interpretazione più libera di Isaia. Il messaggio del Dio di Gesù oltrepassava i limiti della razza dei giudei e si apriva per accogliere gli esclusi e tutta l’umanità.
 
 Luca 4,25-27: Due storie dell’Antico Testamento. Per aiutare la comunità a superare lo scandalo e a capire l’universalismo di Dio, Gesù si servì di due storie ben conosciute dell’Antico Testamento: una di Elia e l’altra di Eliseo. Mediante queste storie criticava la chiusura della gente di Nazaret. Elia fu mandato dalla vedova straniera di Sarepta (1 Re 17,7-16). Eliseo fu mandato ad occuparsi dello straniero della Siria (2 Re 5,14).
 
 Luca 4,28-30: Volevano gettarlo dal precipizio, ma egli se ne andò. Ciò che Gesù disse non calmò gli animi, anzi! L’uso di questi due passaggi della Bibbia produsse ancora più rabbia. La comunità di Nazaret giunse al punto di voler uccidere Gesù. E così, nel momento in cui presentò il suo progetto di accogliere gli esclusi, Gesù stesso fu escluso! Ma lui manteneva la calma! La rabbia degli altri non riuscì a fargli cambiare strada. Luca indica così che è difficile superare la mentalità del privilegio e chiusa in se stessa. E mostrava che l’atteggiamento polemico da parte dei pagani esisteva già al tempo di Gesù. Gesù ebbe le stesse difficoltà che ebbero le comunità ebree al tempo di Luca.
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6) Per un confronto personale
• Il programma di Gesù, è anche il mio programma, il nostro programma? Il mio atteggiamento è quello di Gesù o della gente di Nazaret?
• Chi sono gli esclusi che dovremmo accogliere meglio nella nostra comunità?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 41 e 42
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
 
Come la cerva anèla
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anèla
a te, o Dio.
 
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
 
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
 
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.