Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - mercoledì 3 marzo 2021

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  • mercoledì | 3 marzo 2021

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Lectio mercoledì 3 marzo 2021

 
Mercoledì della Seconda Settimana di Quaresima (Anno B)

Geremia 18, 18 - 20
Matteo 20, 17 - 28    
 
 
1) Preghiera 
Sostieni sempre, o Padre, la tua famiglia nell’impegno delle buone opere; confortala con il tuo aiuto 
nel cammino di questa vita e guidala al possesso dei beni eterni.
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2) Lettura: Geremia 18, 18 - 20  
[I nemici del profeta] dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremìa, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole». Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira.
 
3) Commento  su  Geremia 18, 18 - 20  
 Geremia è un profeta scomodo. Ma quando i veri profeti non sono stati attaccati quale elemento di disturbo? I loro richiami a una vita che non si adegua alla mentalità corrente, che non si adagia in un comodo lassismo dove tutto è permesso e giustificato, non tornano graditi.
Il loro non allinearsi all’andazzo comune ne fa degli isolati. Eppure è proprio il coraggioso levarsi della loro voce, magari tra contestazioni e contrasti, a gettare un fascio di luce sul mare instabile della storia. Un faro che indica la rotta quando c’è solo smarrimento.
In fondo se ne avverte il bisogno, come rivela l’appellarsi ai sacerdoti, ai saggi e ai profeti, cioè a dei punti di riferimento stabili, ma si vorrebbe che la loro parola accarezzasse il nostro tranquillo adagiarci in uno stile di vita disimpegnato.
E si dimentica che la sorgente della vera saggezza è Dio e che il sacerdote e il profeta sono depositari di un messaggio che non viene da loro: l’autorevolezza del loro parlare dipende dalla docilità all’ascolto di una Parola che va decifrata nell’ordito della storia. È nell’oggi che l’appello di Dio li raggiunge perché se ne facciano portavoce.
Il pretendere che essi rimangano estranei agli eventi sociali, politici, scientifici, etici..., quasi che il loro compito fosse quello di vivere in un iperuranio astratto disincarnato e lontano è un rischioso tentativo di imbavagliare Dio stesso, di cui essi sono soltanto la ‘voce’.
Ma, attenzione: non c’è nulla di più avvilente e pericoloso che il silenzio di Dio!
Oggi, nella mia pausa contemplativa, chiederò al Signore di non privarmi del dono di persone che abbiano il coraggio di indicarmi la via da seguire e di richiamarmi quando ne imbocco un’altra.
Ti ringrazio, Signore, per il coraggio di tanti tuoi testimoni che non si lasciano imbavagliare da chi vorrebbe che il loro ruolo si esaurisse nell’ambito delle sacrestie.
Ecco la voce di un grande vescovo Fulton Sheen:  Se oggi vuoi trovare Cristo, trova la Chiesa che non va d’accordo con il mondo... Cerca quella Chiesa che i mondani vogliono distruggere in nome di Dio come crocifissero Cristo. Cerca quella Chiesa che il mondo rifiuta, come gli uomini rifiutarono di accogliere Cristo.
 
 Venite e tramiamo insidie contro Geremia, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole. (Ger 18,18) -  Come vivere questa Parola?
Quando il cuore si chiude nel suo ostinato attaccamento al male, non c'è nulla che riesca a scalfirlo
Si rimuove senza il minimo scrupolo il ricordo del bene ricevuto e si cerca di tacitare le voci scomode, sostituendole con altre più compiacenti e rassicuranti. 
È quanto si coglie nel grido angosciato del profeta Geremia, un uomo totalmente consacrato alla causa di Dio e al bene della nazione, ma rigettato dal popolo che non intende modificare un comportamento dissonante con l'alleanza che lo lega a YHWH. La sua posizione non è certo facilmente sostenibile: da un lato le minacce di chi vorrebbe sopprimerlo, dall'altro il fuoco ardente di una Parola che gli è stata consegnata perché l'annunci nella sua estrema ma salutare durezza. No, non ha il diritto di tacere, anche se egli ne esce dilaniato.
È la posizione scomoda di chiunque intenda fare sul serio, vivendo la propria fede senza sconti e senza compromessi. Molte volte non si tratta neppure di un annuncio verbale che può risultare sferzante: è sufficiente un comportamento che dissociando dall'andazzo comune viene percepito come una riprensione, un far emergere quel richiamo sommesso della coscienza che invano si cerca di tacitare. Eppure, oggi come ieri, non ci si può tirare indietro per codardia: il nostro compito è di essere luce posta sul candelabro perché nessuno inciampi o rimanga impigliato nelle reti di chi ha tutto l'interesse di impedirne il libero e spedito andare verso quel più di vita a cui tutti aneliamo.
Ed io, che tipo di cristiano sono? Avverto l'urgenza di una testimonianza limpida e lineare che rimetta in campo valori capaci di dar senso alla vita?
Con il battesimo, Signore, mi hai consacrato quale tuo profeta perché incarnassi la tua Parola, unica e autentica sorgente di vita. Sostienimi col tuo Spirito perché trovi sempre il coraggio di annunciarla, anche quando ciò risultasse scomodo.
Ecco la voce di un Padre apostolico S. Policarpo: Abbandoniamo la vanità della gente e le false dottrine, ritorniamo alla parola evangelica trasmessaci da principio.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 20, 17 - 28  
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 20, 17 - 28    
 Lo condanneranno a morte.
Il cammino di Gesù verso Gerusalemme, la città del sacrificio, meta dei profeti, testimoni di Dio, dà pieno compimento e significato ad ogni offerta suprema di sé. Oggi ci viene proposto il suo atteggiamento deciso e sereno, mentre annuncia di nuovo (per la terza volta) ai discepoli la sorte dolorosa e gloriosa che lo attenderà a Gerusalemme. Questa gloriosa attesa – forte del desiderio di donarsi - ricorda anche a noi che la Quaresima è da intendersi come un grande viaggio comunitario verso la Pasqua, festa della vita. Non sempre si accoglie così. Perfino da parte dei discepoli, che ascoltano l'annuncio di Gesù, non vi è dato un esempio edificante. Appare più evidente in loro una seria preoccupazione per il futuro, che per la sorte del loro Maestro. Hanno capito che Gesù è il Messia, ma le loro attese si concentrano nella comune convinzione, condivisa da tutti di un Messia liberatore politico e militare, di conseguenza è opportuno assicurarsi uno spazio onorevole in questo nuovo regno. L'iniziativa parte dalla mamma dei figli di Zebedeo. È curioso il testo, "si prostrò e chiese: di' che questi due figli si assidano". Chi adora accetta la maestà di Dio, semmai chiede, ma non comanda. Non si possono mettere sul medesimo piano l'amore di Dio che abbraccia l'universo e i meschini interessi umani. Comunque senza indignarsi, come fa sempre con tutti, Gesù cerca di far sapere che ben altro lo aspetta a Gerusalemme (altro che trionfi!), e che essi in tale circostanza saranno messi a dura prova. Non sembrano di aver capito che la strada del discepolo è condividere la sorte del Maestro. Anzi insistono che tutto potranno fare, perfino bere il calice. Tutto vedono ora e desiderano con occhio umano. Sono veramente ciechi. Siamo ciechi nelle cose di Dio, che ci riguardano. Quanto è bello poter confessare: "Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino". Gli altri dieci non sono da meno. Si sentono prepotentemente scavalcati da questa temeraria iniziativa. L'indignazione degli apostoli offre a Cristo l'occasione di spiegare ulteriormente il significato dell'apostolato. A imitazione del Maestro, chi nella Chiesa è costituito in autorità deve servire come lui ha servito, dando la vita. Qualunque chiamata di Dio non è mai un privilegio, ma un amore che accetta di farsi servizio per gli altri.
 
 Il vangelo di oggi ci presenta tre punti: il terzo annuncio della passione (Mt 20,17-19), la richiesta della madre dei figli di Zebedeo (Mt 20,20-23) e la discussione dei discepoli per il primo posto (Mt 20,24-28).
 
 Matteo 20,17-19: Il terzo annuncio della passione. Stanno andando verso Gerusalemme. Gesù cammina davanti a loro. Sa che lo uccideranno. Il profeta Isaia lo aveva già annunciato (Is 50,4-6; 53,1-10). La sua morte non è frutto di un piano stabilito in precedenza, ma la conseguenza dell’impegno assunto riguardo alla missione ricevuta dal Padre accanto agli esclusi del suo tempo. Per questo Gesù parla ai discepoli della tortura e la morte che lui dovrà affrontare a Gerusalemme. Il discepolo deve seguire il maestro, anche se deve soffrire come lui. I discepoli sono impauriti e lo accompagnano con paura. Non capiscono ciò che sta succedendo (cf. Lc 18,34). La sofferenza non andava d’accordo con l’idea che avevano del messia (cf. Mt 16,21-23).
 
 Matteo 20,20-21: La richiesta della madre per ottenere il primo posto per i figli. I discepoli non solo non capiscono la portata del messaggio di Gesù, ma continuano con le loro ambizioni personali. Quando Gesù insiste nel servizio e nel dono di sé, loro continuano a chiedere i primi posti nel Regno. La madre di Giacomo e Giovanni, portando con sé i figli, arriva vicino a Gesù. I due non capirono la proposta di Gesù. Erano preoccupati solo dei loro interessi. Segno del fatto che l’ideologia dominante dell’epoca era penetrata profondamente nella mentalità dei discepoli. Malgrado la convivenza di vari anni con Gesù, loro non avevano rinnovato il loro modo di vedere le cose. Guardavano Gesù con lo sguardo di sempre, del passato. Volevano una ricompensa per il fatto di seguire Gesù. Le stesse tensioni esistevano nelle comunità del tempo di Matteo ed esistono ancora oggi nelle nostre comunità.
 
 Matteo 20,22-23: La risposta di Gesù. Gesù reagisce con fermezza: “Voi non sapete quello che chiedete!” E chiede se sono capaci di bere il calice che lui, Gesù, berrà e se sono disposti a ricevere il battesimo che lui riceverà. È il calice della sofferenza, il battesimo di sangue! Gesù vuol sapere se loro, invece del posto d’onore, accettano di dare la vita fino alla morte. I due rispondono: “Possiamo!” Sembra una risposta detta non dal di dentro, poiché, pochi giorni dopo, abbandonarono Gesù e lo lasciarono solo nell’ora della sofferenza (Mc 14,50). Loro non hanno molta consapevolezza critica, non percepiscono la sua realtà personale. Per quanto riguarda il posto d’onore nel Regno accanto a Gesù, colui che lo concede è il Padre. Ciò che lui, Gesù, ha da offrire, è il calice ed il battesimo, la sofferenza e la croce.
 
 Matteo 20,24-27: Non così dovrà essere tra di voi. Gesù parla, di nuovo, sull’esercizio del potere (cf. Mc 9,33-35). In quel tempo, coloro che detenevano il potere non rendevano conto alla gente. Agivano come volevano (cf. Mc 6,27-28). L’impero romano controllava il mondo e lo manteneva sottomesso con la forza delle armi e così, attraverso tributi, tasse ed imposte, otteneva di concentrare la ricchezza della gente nelle mani di pochi a Roma. La società era caratterizzata dall’esercizio repressivo ed abusivo del potere. Gesù aveva un’altra proposta. Lui dice: Non così dovrà essere tra di voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra di voi, si farà vostro schiavo! Insegna contro i privilegi e contro la rivalità. Vuole cambiare il sistema ed insiste nel fatto che il servizio è il rimedio contro l’ambizione personale.
 
 Matteo 20,28: Il riassunto della vita di Gesù. Gesù definisce la sua missione e la sua vita: “Non sono venuto ad essere servito, ma a servire!” È venuto a dare la propria vita in riscatto per molti. Lui è il messia Servo, annunciato dal profeta Isaia (cf. Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12). Imparò da sua madre che disse: “Ecco la serva del Signore!” (Lc 1,38). Proposta totalmente nuova per la società di quel tempo.
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6) Per un confronto personale
• Giacomo e Giovanni chiedono favori, Gesù promette la sofferenza. Ed io, cosa chiedo a Gesù nella preghiera? Come accolgo la sofferenza ed i dolori che avvengono nella mia vita?
• Gesù dice: “Non così dovrà essere tra voi!” Il mio modo di vivere in comunità segue questo consiglio di Gesù?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 30
Salvami, Signore, per la tua misericordia.
 
Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
 
Ascolto la calunnia di molti: «Terrore all’intorno!»,
quando insieme contro di me congiurano,
tramano per togliermi la vita.
 
Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.