Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - venerdì 6 novembre 2020

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  • venerdì | 6 novembre 2020

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Lectio venerdì 6 novembre 2020
 
Venerdì della Trentunesima settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
Lettera ai Filippesi 3, 17 - 4, 1
Luca 16, 1 - 8
 
 
1) Preghiera 
Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi.
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2) Lettura: Lettera ai Filippesi 3, 17 - 4, 1
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. 
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
 
3) Riflessione su Lettera ai Filippesi  3, 17 - 4, 1
• "La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose". (Fil 3, 20-21) - Come vivere questa Parola?
Paolo ha già attraversato l'Europa e l'Asia e la sua esperienza di cittadino del mondo è ben consolidata. Ha capito il valore che è l'attraversare culture diverse ed è diventato capace di intuire e trattenere di ogni cultura quei germi di verità che permettono al vangelo di Cristo di ridirsi in storie e popoli nuovi. Ora fa un passo in più: comprende che la cittadinanza che ci permette di essere riconosciuti sulla terra e che regola i nostri diritti e doveri, per noi cristiano non è tutto; ne abbiamo una in cielo che ci definisce. 
 
C'è un luogo oltre la terra dove un'anagrafe nuova ci identifica e dà un valore eterno a quello che siamo qui. Lui non fu spettatore della trasfigurazione di Gesù sul Tabor, ma i racconti di Pietro, Giacomo e Giovanni devono avergli fatto intuire quell'oltre, dove ogni aspetto della nostra umanità matura la sua pienezza e totale bellezza.
Signore, aiutaci ad essere sempre consapevoli cittadini della terra e del cielo.
Ecco la voce di don Bosco: "Vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo." 
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4) Lettura: Vangelo secondo Luca 16, 1 - 8
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
 
5) Riflessione  sul Vangelo secondo Luca 16, 1 - 8
Ascoltare da Gesù la parabola dell’amministratore infedele ci stupisce. Sia che si ispiri a un fatto realmente accaduto in quel tempo, sia che inventi di pura fantasia, come può il Signore lodare tale amministratore? È la domanda che ci facciamo. 
Osservando più da vicino, ci accorgiamo però che le lodi di Gesù non si riferiscono propriamente a quest’uomo e al suo agire colpevole: non lo approva completamente, né lo propone come esempio ai discepoli. Come uno gestisce i beni materiali è una questione che non interessa a Gesù. Il centro del paragone è un altro: si tratta dell’intelligenza. I figli della luce dovranno impararla da quest’uomo disonesto. 
Infatti avranno anch’essi dei conti da rendere. Gesù ci esorta a puntare tutto, assolutamente tutto, sull’intelligenza, e a misurare su di essa le nostre parole e le nostre scelte. L’intelligenza che egli esige non è quella di una migliore conoscenza delle cose, del sapere, del “know-how”. Consiste piuttosto nel prendere le proprie decisioni alla luce della meta prefissata; è “la prua della conoscenza” (Paul Claudel) della nave della nostra vita che si dirige verso l’eternità. L’intelligenza ci insegna a non fermarci all’immediato e a guardare, invece, alla meta ultima, come già dicevano gli antichi Romani. 
Ciò potrebbe riguardare anche il buon uso dei nostri beni. Come si dice alla fine del Vangelo di oggi: “Procuratevi amici con la iniqua ricchezza” (Lc 16,9). Colui il cui animo s’attacca troppo alla ricchezza, è sulla cattiva strada. 
Ma l’intelligenza, che tutto dispone in funzione del proprio fine, non basta ai nostri sforzi. Se non ci si vuole ritrovare senza difesa, se si vuole avere Dio stesso non come giudice, ma come amico, bisogna seguire fin d’ora i suoi comandamenti e le sue esortazioni. Ottenere dall’uomo che sia attento ai segni dello Spirito: ecco ciò che Gesù si è proposto di fare per mezzo di tale parabola.
 
La scaltrezza dei figli della luce.
Il Signore Gesù, pur di rendere comprensibili i suoi messaggi di salvezza, ricorre anche al paradosso. Nel vangelo di oggi viene lodata l'astuzia di un autentico imbroglione, che, vistosi scoperto della sua infedeltà verso il proprio padrone e prossimo ad un licenziamento dal suo incarico, cerca, con abilità e scaltrezza, di accaparrarsi la benevolenza dei creditori, per poi sperare di godere della loro protezione. È fin troppo evidente che il Signore non vuole che imitiamo l'astuzia e ancor meno la disonestà dell'amministratore infedele. Vuole invece che, come figli della luce, ci adoperiamo alacremente, da veri sapienti, per conseguire i beni migliori che lo stesso Signore vuole donarci. Egli ci ha avvertiti che "stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita". Per passare per una porta stretta occorre chinarsi e farsi piccoli, diventare umili. Per poter percorrere una strada angusta occorre abilità, destrezza e prudenza. Ecco allora le virtù e la sapienza che Gesù vuole siano praticate dai suoi seguaci. "Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono". La violenza praticabile dal cristiano è il diuturno sacrificio con cui affronta gli ostacoli della vita, è l'abbraccio volontario della propria croce, è la salita faticosa verso il monte dei risorti. Abbiamo il conforto dello Spirito Santo di Dio che ci illumina e ci fortifica, ci rende astuti e sapienti, coraggiosi ed intrepidi. Se tanta pusillanimità ancora serpeggia nel mondo dei cristiani, dipende dalla mancanza di fede e di fiducia nel Signore, dalla mancanza di preghiera e dalla perenne tentazione dell'autosufficienza. Tutto ciò ci rende deboli e paurosi, rischia di riportare la Chiesa nel buio delle catacombe e soprattutto di subire passivamente tutte le angherie o cadere nei facili compromessi con il mondo. Forse è ancora vero che: "I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce".
 
• Luca 16,1-2: L’amministratore è minacciato di rimanere senza lavoro. “C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore”. L’esempio tratto dal mondo del commercio e del lavoro parola da sé. Allude alla corruzione esistente. Il padrone scopre la corruzione e decide di mandar via l’amministratore disonesto. Costui si trova, improvvisamente, in una situazione di emergenza, obbligato dalle circostanze impreviste a trovare un’uscita per poter sopravvivere. Quando Dio si rende presente nella vita di una persona, lì, improvvisamente tutto cambia e la persona si trova in una situazione di emergenza. Dovrà prendere una decisione e trovare un’uscita.
 
• Luca 16,3-4: Cosa fare? Qual è l’uscita? L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno”. Lui comincia a riflettere per scoprire una soluzione. Analizza, una ad una, le alternative possibili: zappare o lavorare la terra per sopravvivere, pensa che per questo non ha forza e per mendicare si vergogna. Analizza le cose. Calcola bene le alternative possibili. “So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.” Si tratta di garantire il suo futuro. L’amministratore è coerente con il suo modo di pensare e di vivere.
 
• Luca 16,5-7: Esecuzione della soluzione trovata. “Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Nella sua totale mancanza di etica l’amministratore fu coerente. Il criterio della sua azione non è l’onestà e la giustizia, né il bene del padrone da cui dipende per vivere e per sopravvivere, ma il suo proprio interesse. Lui vuole la garanzia di avere qualcuno che lo riceva a casa sua.
 
• Luca 16,8: Il Signore loda l’amministratore disonesto. Ed ecco la conclusione sconcertante: “Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”. La parola Signore indica Gesù e non l’uomo ricco. Costui non elogerebbe mai un impiegato disonesto con lui nel servizio e che ora ruba più di 50 barili di olio e 20 sacchi di grano! Nella parabola chi tesse l’elogio è Gesù. Elogia non certo il furto, ma la presenza di spirito dell’amministratore. Seppe calcolare bene le cose e trovare una via di uscita, quando improvvisamente si vide senza lavoro. Come i figli di questo mondo sanno essere esperti nelle loro cose, così anche i figli della luce devono imparare da sé ad essere esperti nella soluzione dei loro problemi, usando i criteri del Regno e non i criteri di questo mondo. “Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe” (Mt 10,16).
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6) Per un confronto personale
• Sono coerente?
• Quale criterio uso nella soluzione dei miei problemi?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 121
Andremo con gioia alla casa del Signore.
 
Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! 
 
Gerusalemme è costruita come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù, le tribù del Signore.
 
Secondo la legge d’Israele, per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio, i troni della casa di Davide.