Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 30 agosto 2020

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  • domenica | 30 agosto 2020

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Lectio domenica 30 agosto 2020
 
Domenica della Ventiduesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
Lettera ai Romani 12, 1 - 2
Matteo 16, 21 - 27
 
 
1) Orazione iniziale 
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 12, 1 - 2
Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. 
Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
 
3) Commento su Lettera ai Romani 12, 1 - 2
Con il brano che leggiamo oggi si apre la seconda parte della lettera ai Romani, chiamata dagli studiosi parenetica, cioè esortativa. Esauriti gli argomenti di tipo teologico Paolo introduce le sue esortazioni ricordando ai cristiani di Roma che la loro religiosità non si esprimerà più con i sacrifici di animali o di vegetali che caratterizzavano i culti pagani, ma con l'offerta della loro stessa vita attraverso un culto spirituale. Tale culto si esprime nel ricercare e compiere la volontà di Dio. Un programma valido per tutti i tempi.
 
Fratelli, 1 vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. 
Questo versetto iniziale nel testo riporta un dunque, che la versione liturgica ha tolto. Questo dunque collega il discorso con quanto è stato detto precedentemente, cioè la parte teologica. Questa seconda parte invece è esortazione, preghiera e incoraggiamento nei confronti dei Romani, in nome della sua autorità di apostolo. Tale esortazione è fatta in nome della misericordia di Dio, di cui ha parlato qualche versetto prima (11,32) parlando del perdono che il Signore ha riversato sui pagani e riverserà anche su Israele. A cosa esorta Paolo? A compiere un atto liturgico. Un atto liturgico che non si compie nel tempio ma nella vita di ogni giorno. I Romani vengono chiamati ad entrare in relazione con Dio, ad essere un’offerta vivente con il proprio corpo, con la propria vita quotidiana. Paolo chiama questa offerta culto spirituale. Questo termine era già diffuso in alcuni ambienti religiosi del mondo giudaico ed ellenistico, che ritenevano inutili i sacrifici cruenti degli animali e sostenevano l'importanza di un sacrificio costituito da una condotta morale esemplare.
 
Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
Paolo continua specificando come si debba realizzare questo sacrificio spirituale: vi è un comando negativo e uno positivo. I Romani devono abbandonare la mentalità del mondo. Il termine mondo è inteso qui in senso apocalittico: il mondo presente, destinato alla distruzione, contrapposto al mondo nuovo, al Regno di Dio che lo dovrà sostituire. I credenti sono stati liberati da questo mondo in forza del sacrificio di Cristo. Quindi non sono più schiavi della vita di prima, ma devono tenersi un po' a distanza per non lasciarsi di nuovo coinvolgere.
Essi però non devono diventare eremiti. Semplicemente devono cambiare mentalità, lasciarsi trasformare dalla presenza di Dio nella loro vita. Nelle loro attività quotidiane devono lasciare spazio alla volontà di Dio, cercare di conoscerla e di discernere ciò che è meglio per loro, in modo da vivere pienamente la loro nuova condizione di figli di Dio.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 16, 21 - 27
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 16, 21 - 27
• Il brano del vangelo di oggi segue immediatamente quello di domenica scorsa: Pietro ha scoperto la vera identità di Gesù, ha fatto l’incredibile scoperta che questo carpentiere di Nazaret non era altro che il Cristo, l’unto di Israele, la realizzazione dell’attesa, lunga duemila anni, del suo popolo. Ma Pietro probabilmente interpretava la missione di Gesù in termini politici e comunque trionfalistici. Gesù ben se ne rendeva conto e spiegò che tipo di Messia sarebbe stato: sarebbe andato a Gerusalemme per soffrire, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno. Ciò era troppo per Pietro: nel suo spirito, l’idea di sofferenza e l’idea di Messia erano semplicemente incompatibili fra loro.
Non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”: questa fu la risposta di Gesù a Pietro che lo rimproverava per l’annuncio della Passione. Eppure, se Pietro avesse potuto solo rendersene conto, sarebbe stato pervaso dalla gioia! Il Messia, che si sarebbe immerso nella sofferenza, che avrebbe incontrato l’ostilità degli uomini e che avrebbe subito tutte le conseguenze dell’ingratitudine secolare di Israele verso il Dio dell’Alleanza, era proprio lì! Davanti a lui c’era finalmente colui che avrebbe sconfitto Satana in uno scontro decisivo e che avrebbe, in questo modo, portato a compimento il piano divino di salvezza per l’umanità.
Poiché Pietro “cominciò a protestare dicendo: Dio te ne scampi, Signore, questo non ti accadrà mai”, Gesù gli disse: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Nella nostra tendenza innata a resistere a Dio, noi deformiamo la sua immagine, ci rifiutiamo di lasciare che Dio sia come vuole essere. Forse anche noi vorremmo un Dio senza sofferenza, senza croce.
Il nostro Dio è troppo piccolo, troppo fragile e troppo limitato, mentre il Dio di Gesù Cristo è letteralmente troppo bello per essere vero. Gesù si affretta a percorrere la via che porta a Gerusalemme per svelarcelo sulla croce. Sulla croce, infatti, Gesù rivela l’ultimo ritratto di Dio nel dramma della misericordia che vince il peccato, dell’amore che supera la morte e della fedeltà divina che cancella il tradimento.
Chi avrebbe mai immaginato, sia pure in sogno, che Dio sarebbe intervenuto nella nostra storia in questo modo? La Scrittura lo dice: “le mie vie non sono le vostre vie, i miei sentieri non sono i vostri sentieri”. Sfortunatamente, per molti, Gesù è davvero troppo bello per essere vero: per riconoscerlo ed accoglierlo è necessario abbandonare i propri criteri e pregiudizi umani per aprirsi a Dio e alla sapienza della croce.  È un cammino di salvezza impossibile all’uomo ma non a Dio: lasciamoci guidare da Lui!
 
Dalla croce di Cristo alla nostra croce quotidiana.
Gesù indubbiamente esercitava un fascino irresistibile sui suoi discepoli. Non potevano non compiacersi della santità del loro Maestro. La sua dottrina suscitava ammirazione nelle folle che l'ascoltavano: "Egli parlava con autorità e non come i loro scribi"; accompagnava e confermava con segni e prodigi l'annuncio delle sue verità. Tutto lasciava presagire un futuro di gloria e un approdo trionfante. Possiamo perciò immaginare l’incredulità, lo sconforto, la profonda delusione degli apostoli quando dopo aver sentito parlare di Regno, ora ascoltano dalle labbra del Signore un annuncio di una passione e di una morte crudele ed ingiusta. L'intervento maldestro di Pietro, da poco proclamato beato per la sua splendida professione di fede, questa volta gli merita un severo rimbrotto e addirittura l'appellativo di "satana". Mentre ha proclamato Gesù, "Figlio del Dio vivente" perché il Padre gli lo ha rivelato, ora non pensa più "secondo Dio, ma secondo gli uomini". "Lo scandalo della croce" comincia a mietere le sue prime vittime! Del resto se gli apostoli non entrano con la forza della fede e l'illuminazione dello Spirito Santo, nel mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, non potranno capire quello che Gesù sta per scandire loro come programma di vita: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Se Egli non ci avesse preceduto e non ci avesse insegnato il significato redentivo della croce, nessuno lo avrebbe seguito. Arriva invece a convincerci che: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà ". L'esempio di Cristo, la luce dello Spirito Santo ci fanno vedere che ormai per sempre noi passiamo dalla morte alla vita, dal sepolcro alla risurrezione. La vera intelligenza cristiana che ci rende capaci di operare una vera gerarchia di valori sia nel tempo che nell’eternità: "Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?".
 
Prendere la croce di Cristo è abbracciare il giogo dell'amore.
Se qualcuno vuole venire dietro a me... Ma perché seguirlo? Perché andare dietro a lui e alle sue idee? Semplice: per essere felice. Quindi Gesù detta le condizioni. Condizioni da vertigine. La prima: rinnegare se stesso. Parole pericolose, se capite male. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente dalla vita piena, riuscita, compiuta, realizzata. Rinnegare se stessi non significa mortificare la propria persona, buttare via talenti e capacità. Significa piuttosto: il mondo non ruota attorno a te; esci dal tuo io, sconfina oltre te. Non mortificazione, allora, ma liberazione.
Seconda condizione: Prenda la sua croce e mi segua. Una delle frasi più celebri, più citate e più fraintese del Vangelo, che abbiamo interpretato come esortazione alla rassegnazione: soffri con pazienza, accetta, sopporta le inevitabili croci della vita. Ma Gesù non dice “sopporta”, dice “prendi”. Al discepolo non è chiesto di subire passivamente, ma di prendere, attivamente.
Che cos'è allora la croce? È il riassunto dell'intera vita di Gesù. Prendi la croce significa: “Prendi su di te una vita che assomigli alla sua”. La vocazione del discepolo non è subire il martirio ma una vita da Messia; come lui anche tu passare nel mondo da creatura pacificata e amante.
La croce nel Vangelo indica la follia di Dio, la sua lucida follia d'amore. Il sogno di Gesù non è uno sterminato corteo di uomini, donne, bambini, anziani, tutti con la loro croce addosso, in una perenne Via Crucis dolorosa. Ma l'immensa migrazione dell'umanità verso più vita. Sostituiamo croce con amore. Ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, prenda su di sé il giogo dell'amore, tutto l'amore di cui è capace, e mi segua. Ciascuno con l'amore addosso, che però ha il suo prezzo: “Là dove metti il tuo cuore, là troverai anche le tue spine e le tue ferite”.
All'orizzonte si stagliano Gerusalemme e i giorni supremi. Gesù li affronta scegliendo di non assomigliare ai potenti del mondo. Potere vero per lui è servire, è venuto a portare la supremazia della tenerezza, e i poteri del mondo saranno impotenti contro di essa: il terzo giorno risorgerò. Quindi la parola centrale del brano: chi perderà la propria vita così, la troverà. Ci hanno insegnato a mettere l'accento sul perdere la vita. Ma se l'ascolti bene, senti che l'accento non è sul perdere, ma sul trovare.
L'esito finale è “trovare vita”. Quella cosa che tutti gli uomini cercano, in tutti gli angoli della terra, in tutti i giorni che è dato loro di gustare: la fioritura della vita. Perdere per trovare. È la fisica dell'amore: se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato. 
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Per me come singolo, la Parola è più una oppressione o uno strumento di aiuto per vivere la mia testimonianza di cristiano? 
- Per me come famiglia o Comunità, quanto so vivere val mio interno la relazione della Parola?
- Per me come comunità, la Parola è azione di carità verso il prossimo sociale?
- Ho mai pensato alla mia vita come a un atto liturgico, un'offerta a Dio, in tutto quello che faccio? 
- Mi capita talvolta di conformarmi ancora a questo mondo? 
- Come cerco di discernere la volontà di Dio?
 
 
7) Preghiera: Salmo 62
Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
 
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua. 
 
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
 
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.     
 
Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.
 
 
8) Orazione Finale
Siamo come Pietro, Signore e vorremmo che il Cristo manifestasse la sua potenza e la sua forza. Invece tu lo hai predestinato alla croce. Converti il nostro cuore, o Padre, perché possiamo accogliere sempre la tua volontà, anche quando si presenta nella croce.
 

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