Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - sabato 29 agosto 2020

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  • sabato | 29 agosto 2020

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Lectio sabato 29 agosto 2020
 
Sabato della Ventunesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Martirio di San Giovanni Battista
 

Geremia 1, 17 - 19
Marco 6, 17 - 29  
 
 
1) Preghiera 
O Dio, che a Cristo tuo Figlio hai dato come precursore, nella nascita e nella morte, san Giovanni Battista, concedi anche a noi di impegnarci generosamente nella testimonianza del tuo Vangelo, come egli immolò la sua vita per la verità e la giustizia.
 
Giovanni sigilla la sua missione di precursore con il martirio. Erode Antipa, imprigionatolo nella fortezza di Macheronte ad Oriente del Mar Morto, lo fece decapitare (Mc 6,17-29). Egli è l’amico che esulta di gioia alla voce dello sposo e si eclissa di fronte al Cristo, sole di giustizia: «Ora la mia gioia è compiuta; egli deve crescere, io invece diminuire» (Gv 3,29-30). Alla sua scuola si sono formati alcuni dei primi discepoli del Signore (Gv 1,35-40). 
Ultimo profeta e primo apostolo, egli ha dato la sua vita per la sua missione, e per questo è venerato nella Chiesa come martire. Fin dal sec. V il 29 agosto si celebrava a Gerusalemme una memoria del Precursore del Signore. Il suo nome si trova nel Canone Romano.
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2) Lettura: Geremia 1, 17 - 19
In quei giorni, mi fu rivolta questa parola del Signore: «Tu, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti».
 
3) Riflessione su Geremia 1, 17 - 19
• “La parola del Signore fu su di me…”, così Geremia. “La parola del Signore è su di noi”, così noi oggi, la chiesa del Signore. Perché oggi quella Parola afferra noi, la chiesa, e chiama noi ad essere profeti.
Sì, noi siamo affidati a questa Parola forte e scomoda, e chiamati a farla risuonare in tutta la sua scomodità. Se Geremia è stato un profeta per un tempo di crisi, il tempo della fine della libertà del suo popolo, noi siamo una chiesa per un tempo difficile, da molti segni il tempo del tramonto della nostra civiltà occidentale. E se bisogna dire tutto quello che Dio ci comanda di dire al “paese tutto intero”, dovremo anche noi affrontare dei conflitti.
 
A causa della sua predicazione, Geremia ha trascorso venti anni della sua vita prigioniero, perché non ha voluto e nemmeno potuto camuffare nulla sia della Parola che annunciava, sia della realtà del mondo a cui l’annunciava. C’erano quei verbi: “sradicare, demolire, abbattere, distruggere”, che non potevano non suscitare le reazioni più dure, ma che andavano detti, perché solo così si potevano diventare realtà gli altri due verbi “costruire e piantare”…
E è solo perché ha saputo proclamare con coraggio quei primi quattro verbi negativi che Geremia s’è mostrato solidale fino in fondo con coloro che per averli uditi dalla sua bocca gli si rivoltavano contro e l’odiavano e lo legavano con catene: solo così ha potuto creare le condizioni per la loro conversione e la loro ripartenza incontro al tempo in cui si può “costruire” e “piantare” il nuovo…
Così, quest’antico profeta solidale col suo mondo, chiama anche noi alla solidarietà col nostro mondo: come è toccato a lui, così invita anche noi a vivere in tensione tra Dio e le sue esigenze (che poi sono le esigenze dell’amore) e il popolo a cui noi apparteniamo e le sue infedeltà.
E anche la nostra missione ha i suoi verbi negativi e i suoi verbi positivi. E che cos’è per noi oggi “distruggere” e “demolire”? E che cos’è per noi “piantare” e “costruire”?
 
Abbiamo tutti avvertito nella carne, e l’avvertiamo ancora, la crisi economica di questi nostri anni: un sistema che non funziona più. Per “costruirne” uno nuovo, più giusto e solidale, che abbracci il mondo intero e non pensi solo a rilanciare i nostri paesi ricchi, non dovremmo forse dire col coraggio che ci viene da Dio la sua Parola che contribuisca a “demolire” la corsa al profitto e all’arricchimento più sfrenato che ci ha portato sino a questo punto?
E anche nel nostro ambito religioso, noi dovremmo “sradicare” l’idea soprattutto molto diffusa di un Dio solo “misericordia”, “il cui mestiere è solo perdonare”, che alla fine diventa irrilevante. No, proprio perché “Dio è amore”, e l’amore è esigente, vuole il bene di chi ama… nel momento stesso in cui ci fa misericordia, non chiude gli occhi sulle nostre menzogne, e vuol “piantare”, e ci chiama a far questo, la sua Parola di giudizio e di grazia (e noi sappiamo bene che solo se prima è “di giudizio”, può davvero essere “di grazia”) al centro delle nostre esistenze.
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4) Lettura: Vangelo secondo Marco 6, 17 - 29  
In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. 
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Marco 6, 17 - 29 
• Oggi commemoriamo il martirio di San Giovanni Battista. Il vangelo riporta la descrizione di come Giovanni Battista fu ucciso, senza processo, durante un banchetto, vittima della corruzione e della prepotenza di Erode e della sua corte.
 
Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò.
Il peccato genera il peccato. Una condotta riprovevole ed una vita basata solo sull'appagamento dei propri desideri può portare a conclusioni drammatiche, anche se non sempre volute, completamente. È quanto è accaduto ad Erode che si trova «costretto» a far uccidere San Giovanni Battista. La scena che ci presenta San Marco e rapida nei suoi tratti ma profonda nelle rappresentazioni psicologiche dei personaggi. Centrale è la debolezza di Erode, presentato come un peccatore sottomesso alle leggi del desiderio e dal potere sfrenato. La sua carica regale è sfruttata per appagare i suoi desideri con feste e banchetti dove regna la lussuria. Si lascia avvincere dal ballo lascivo di una giovane ragazza: Salomè. Imprudentemente Erode si lascia sfuggire un giuramento che risulterà fatale per la presenza di Erodiade che covava nel suo seno desideri di vendetta. La regina consiglierà perfidamente la figlia che le sembra sottomessa. Erode, Salomè ed Erodiade, seppur con connotati psicologici diversi sembrano essere sottomessi; le loro azioni e le loro decisioni non sono libere ma condizionate da altri fattori A queste figure si contrappone nettamente quella di San Giovanni Battista nella sua integrità. Egli si trova in carcere ma dimostra una libertà interiore più forte. È perfettamente consapevole delle conseguenze delle sue azioni e non rinuncia a proclamare la verità, anche se ciò gli costerà la vita. Sono due prospettiva di vita completamente diverse; due ideali che si contrappongono che ci insegnato dove si trovi la vera libertà. Il peccato rende schiavo l'uomo, la verità lo rende libero è l'insegnamento di Gesù che in San Giovanni trova la sua piena attuazione.
 
• Marco 6,17-20. A causa della prigione e dell’assassinio di Giovanni. Erode era un impiegato dell’Impero Romano. Chi comandava in Palestina, fin dal 63 prima di Cristo, era Cesare, l’imperatore di Roma. Insisteva soprattutto su un’amministrazione efficiente che proporzionasse reddito all’Impero e a lui. La preoccupazione di Erode era la sua propria promozione e la sua sicurezza. Per questo, reprimeva qualsiasi tipo di corruzione. A lui piaceva essere chiamato benefattore del popolo, ma in realtà era un tiranno (cf. Lc 22,25). Flavio Giuseppe, uno scrittore di quell’epoca, informa che il motivo della prigione di Giovanni Battista, era la paura che Erode aveva di una sommossa popolare. La denuncia di Giovanni Battista contro la morale depravata di Erode (Mc 6,18), fu la goccia che fece straboccare il bicchiere, e Giovanni fu messo in carcere.
 
• Marco 6,21-29: La trama dell’assassinio. Anniversario e banchetto di festa, con danze ed orge. Era un ambiente in cui i potenti del regno si riuniscono e in cui si formavano le alleanze. La festa contava con la presenza “dei grandi della corte, due ufficiali e due persone importanti della Galilea”. È questo l’ambiente in cui si trama l’assassinio di Giovanni Battista. Giovanni, il profeta, era una denuncia viva di questo sistema corrotto. Per questo, lui fu eliminato con il pretesto di una vendetta personale. Tutto questo rivela la debolezza morale di Erode. Tanto potere accumulato in mano di un uomo senza controllo di sé! Nell’entusiasmo della festa e del vino, Erode fa un giuramento leggero a una giovane ballerina. Superstizioso come era, pensava che doveva mantenere il giuramento. Per Erode, la vita dei sudditi non valeva nulla. Marco racconta il fatto dell’assassinio di Giovanni così come è, e lascia alle comunità il compito di trarne le conclusioni.
 
Tra le linee, il vangelo di oggi dà molte informazioni sul tempo in cui Gesù viveva e sul modo in cui era svolto il potere da parte dei potenti dell’epoca. Galilea, la terra di Gesù, fu governata da Erode Antipa, figlio del re Erode, il Grande, dal 4 prima di Cristo fino al 39 dopo Cristo. In tutto, 43 anni! Durante tutto il tempo in cui Gesù visse, non ci fu cambiamento di governo in Galilea! Erode era signore assoluto di tutto, non rendeva conto a nessuno, faceva come gli pareva. Prepotenza, mancanza di etica, potere assoluto, senza controllo da parte della gente!
 
Erode costruì una nuova capitale, chiamata Tiberiade. Seffori, l’antica capitale, era stata distrutta dai romani in rappresaglia contro una sommossa popolare. Ciò avvenne quando Gesù aveva circa sette anni. Tiberiade, la nuova capitale, fu inaugurata tredici anni dopo, quando Gesù aveva circa 20 anni. Era chiamata così per far piacere a Tiberio, l’imperatore di Roma. Tiberiade era un luogo strano in Galilea. Era lì dove vivevano i re “i grandi della sua corte, gli ufficiali, i notabili della Galilea” (Mc 6,21). Era lì che vivevano i padroni delle terre, i soldati, la polizia, i giudici molte volte insensibili (Lc 18,1-4). Verso di lì erano canalizzate le imposte e il prodotto della gente. Era lì che Erode faceva le sue orge di morte (Mc 6,21-29). Non risulta nei vangeli che Gesù fosse entrato nella città.
 
Durante quei 43 anni di governo di Erode, si creò una classe di funzionari fedeli al progetto del re: scribi, commercianti, padroni di terre, fiscali del mercato, pubblicani ed esattori, militari, polizia, giudici, promotori, capi locali. La maggior parte di questo personale viveva nella capitale, godendo dei privilegi che Erode offriva, per esempio l’esenzione dalle imposte. Un’altra parte viveva nei villaggi. In ogni villaggio o città c’era un gruppo di persone che appoggiava il governo. Vari scribi e farisei erano legati al sistema e alla politica del governo. Nei vangeli, i farisei appaiono con gli erodiani (Mc 3,6; 8,15; 12,13), e ciò rispecchia l’alleanza esistente tra il potere religioso e il potere civile. La vita della gente nei villaggi della Galilea era molto controllata, sia dal governo che dalla religione. Era necessario molto coraggio per iniziare qualcosa di nuovo, come fecero Giovanni e Gesù! Era lo stesso che attrarre su di sé la rabbia dei privilegiati, sia del potere religioso come del potere civile, sia a livello locale che statale.
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6) Per un confronto personale
• Conosci casi di persone che sono morte vittime della corruzione e del dominio dei potenti? E qui tra di noi, nella nostra comunità e nella Chiesa, ci sono vittime di autoritarismo e di eccesso di potere? Dà un esempio.
• Superstizione, corruzione, viltà, marcavano l’esercizio del potere di Erode. Paragonalo con l’esercizio del potere religioso e civile oggi, sia nei vari livelli sia della società che della Chiesa.
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 70
La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
 
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
 
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
 
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.
 
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.
 
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