Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - mercoledì 29 luglio 2020

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  • mercoledì | 29 luglio 2020

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Lectio mercoledì 29 luglio 2020
 
Mercoledì della Diciassettesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
Santa Marta

 
1 Lettera di Giovanni 4, 7 - 16
Giovanni 11, 19 - 27
 
 
1) Preghiera 
Dio onnipotente ed eterno, il tuo Figlio fu accolto come ospite a Betania nella casa di santa Marta, concedi anche a noi di esser pronti a servire Gesù nei fratelli, perché al termine della vita siamo accolti nella tua dimora.
 
Marta, sorella di Maria, corse incontro a Gesù quando venne per risuscitare il fratello Lazzaro e professò la sua fede nel Cristo Signore: «Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo» (Gv 11, 27). Accolse con premura nella sua casa di Betania il divino Maestro, che la esortò a unire al servizio di ospitalità l’ascolto della sua parola (Lc 10, 38-42; Gv 12, 1).
Commenta Sant'Agostino: "Marta, tu non hai scelto il male; Maria ha però scelto meglio di te". Ciononostante Maria, considerata il modello evangelico delle anime contemplative già da S. Basilio e S. Gregorio Magno, non sembra che figuri nel calendario liturgico: la santità di questa dolce figura di donna è fuori discussione, poiché le è stata confermata dalle stesse parole di Cristo; ma è Marta soltanto, e non Maria né Lazzaro, a comparire nel calendario universale, quasi a ripagarla delle sollecite attenzioni verso la persona del Salvatore e per proporla alle donne cristiane come modello di operosità.
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2) Lettura: 1 Lettera di Giovanni 4, 7 - 16  
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. 
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. 
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. 
E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. 
Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
 
3) Commento su  1 Lettera di Giovanni 4, 7 - 16  
- Dio è amore.
Le lettere di Giovanni presentano una sintesi della vita cristiana autentica e sono indirizzate a una comunità o un gruppo di comunità che stanno attraversando una crisi grave: si stanno diffondendo interpretazioni della fede cristiana incentrate sulla salvezza come adesione a teorie un po' misteriose, cioè la corrente di tipo gnostico. Papa Francesco ha richiamato l'attenzione anche nella sua ultima esortazione apostolica - Gaudete et Exultate - proprio su questa tendenza. Il punto centrale della prima lettera è l'affermazione "Dio è amore". Sublime vertice di tutta la fede cristiana. 
 
- Leggere e capire la Parola.
All’inizio della Prima lettera, Giovanni aveva affermato: «Dio è luce» (1Gv 1,5), ma ora afferma che «Dio è amore» (1Gv 4,8.16), in un brano dall’inesauribile profondità, che riprende e porta a compiutezza l’insegnamento sull’agápe già abbozzato in precedenza (cf. 1Gv 2,5-11 e 3,11-24). Siamo di fronte al vertice rivelativo della lettera e, più in generale, a uno degli apici di tutto il Nuovo Testamento.
In questi versetti il discepolo amato proclama sostanzialmente un’unica verità, e lo fa con una forza e un’insistenza tali da conferirle il peso di verità centrale dell’esperienza cristiana: Dio è amore e ci chiama ad amarci gli uni gli altri. L’autore propone un discorso che, per ondate successive, svolge un serrato intreccio di affermazioni, così riassumibile: in quanto amati da Dio nel Figlio, anche noi possiamo e dobbiamo amarci gli uni gli altri con autentico amore; questo nella liberante consapevolezza che «l’amore perfetto scaccia il timore» (1Gv 4,18).
 
- Meditare la Parola.
Lo stile di questo brano ha accenti di prosa ritmica e per questo, nonostante il tono esortativo, ci appare un canto all’amore vissuto tra fratelli e sorelle, reso possibile e anzi fatto comandamento perché «Dio è amore». Questa affermazione, che sta all’inizio e al centro della pericope, è attorniata da continue riprese che declinano sempre l’amore come agápe. Sì, «Dio è amore» è affermazione solenne, rivelazione chiara, ultima e definitiva su Dio, oltre la quale non si può andare! E si ricordi che non sta scritto che «l’amore è Dio»; anzi, Giovanni inizia affermando che «l’amore è da Dio» (1Gv 4,7): l’amore non va dunque divinizzato e innalzato a idolo, come sovente accade tra gli umani.
«Dio è amore» non vuole essere innanzitutto una definizione, bensì l’affermazione che noi possiamo fare esperienza di lui come amore, sempre! «Dio è amore» significa inoltre molto di più che non una semplice asserzione del fatto che in Dio c’è amore: è un’espressione lapidaria che tenta di raccontarci chi è Dio, la sua natura, per quanto noi siamo capaci di comprenderlo.
Dio, infatti, è amore in se stesso e ha reso visibile questo suo essere amore attraverso suo Figlio Gesù, che lo ha narrato (exeghésato: Gv 1,18) attraverso l’amore da lui vissuto fino all’estremo (eis télos: Gv 13,1). Un amore che ci chiede di fare lo stesso, perché «chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20).
 
- Vivere la Parola.
Commenta con enorme intelligenza spirituale sant’Agostino: «Potresti dirmi che non hai visto Dio, ma non potrai dirmi che non hai mai visto gli uomini. Ama dunque il fratello: se amerai il fratello che vedi, ecco che vedrai Dio, poiché vedrai l’amore stesso, e Dio abita nell’amore … Affermi di amare Cristo? Osserva il suo comandamento e ama il fratello: se non ami il fratello, come puoi amare uno di cui disprezzi il comandamento?».
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 11, 19 - 27  
In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 
Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
 
5) Riflessione  sul Vangelo secondo Giovanni 11, 19 - 27
- La festa di santa Marta ci ricorda che Dio è vita. La realtà più palpitante del cristianesimo è la vita che Dio ci comunica, come la comunicò al popolo d’Israele, e a Lazzaro, suo fratello. E, con la vita, ci dona la partecipazione alla gioia, all’esultanza di giubilo per la vita di Dio in noi, cioè il suo amore, la sua misericordia, la sua tenerezza. Tutto ciò è opera dello Spirito di Dio in noi: dobbiamo essere ben consapevoli del fatto che è lo Spirito colui che dà la vita, colui che la sostiene e la rinvigorisce giorno dopo giorno. Quale coscienza ho di questa presenza efficace dello Spirito nella vita di ogni cristiano, e nel cuore stesso della Chiesa? Oggi Cristo dice a tutti noi: “Io sono la resurrezione e la vita”. Prestiamo attenzione alla vita, a tutto ciò che è buono, ai frutti che la fede cristiana sta producendo in tante persone, tra tanti fedeli cristiani. Facciamo caso alla “risurrezione”, alla trasformazione che Cristo opera in tante persone. Prestiamo attenzione al caso di tante persone che pregano, che vivono gioiosamente il cristianesimo, che vivono “con volti di risorti”, perfino in mezzo alla sofferenza. Lavoriamo, dunque, lottiamo, insieme a tanti fratelli nella fede, affinché aumenti la carità cristiana nella nostra famiglia, nella nostra parrocchia, nel nostro ambiente. Quanto bene si può fare con uno sguardo puro e vivo, con una parola di incoraggiamento, con un buon esempio di preghiera, di ottimismo, di amore verso Dio e verso il prossimo!
 
- Maria e Marta - Ora et labora.
La tradizione benedettina festeggia insieme Marta, Maria e Lazzaro, perché ritenuti prototipo dell'ospitalità che informa di sé ogni monastero. Come la casa dei tre fratelli è stata rifugio accogliente per Gesù durante il suo ministero, così i monasteri vogliono essere luogo di accoglienza e di solidarietà per ogni uomo in cammino. La professione di fede che sgorga dalle labbra di Marta (Gv 11, 23ss) è simbolo, per ogni monaco e monaca, della consapevolezza a cui tale forma di vita deve condurre i fratelli. Leggiamo nella Liturgia della parola il noto episodio di Maria e Marta, le sorelle di Lazzaro che frequentemente accoglievano nella loro casa di Betania Gesù e si suoi discepoli. Marta ci viene descritta come la solerte e generosa donna di casa che da brava cuoca, alla vista degli ospiti, dopo il doveroso saluto, si mette subito all'opera per preparare agli illustri ospiti, ma soprattutto a Gesù, un pranzo buono e ben cucinato. Con quelle affettuose premure Marta vuole dimostrare tutto il suo amore per il Signore. Maria ha corde diverse dalla sorella: è la donna che si bea di parole e ha bisogno di riempire i suoi occhi e il suo cuore dei tratti del volto di Gesù. È una mistica, diremmo oggi. Le due sorelle, pur non essendo fondatrici di alcun istituto religioso, nel corso della storia hanno avuto una schiera innumerevoli di seguaci. Alcuni, alcune si identificavano con Marta ed altri, altre con Maria. Altri hanno finito per invocarle come antesignane di forme diverse e perfino contrastanti di vita religiosa. S. Benedetto è il primo santo che ha operato una meravigliosa sintesi tra lavoro e preghiera. E i monaci dovrebbero essere dei fulgidi esempi di docile ed umile ascolto della parola di Dio e di squisita ed ardente carità verso il prossimo. Un esempio di accoglienza in tante famiglie e in tante case per portare a tutti il messaggio essenziale della santificazione: preghiera, carità, laboriosità.
 
- Oggi l'Apostolo Giovanni ci rivela la fede di Marta, amica di Gesù assieme alla sorella Maria e al fratello Lazzaro, morto ormai da quattro giorni e che Gesù si sta accingendo a risuscitare. Questa fede è quasi perfetta: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». A Marta manca ancora l'esperienza della Croce, della trafittura del Costato, di Gesù Agnello della nuova vita. Quando questa esperienza sarà completata, allora nulla più mancherà alla sua fede.
 
- Marta ci obbliga a mettere una verità nel cuore. Non c'è fede senza esperienza con Gesù Signore. Poiché l'esperienza si compie nella storia, senza storia mai potrà sorgere la fede perfetta in un cuore. Gesù non dona ai suoi discepoli un trattato sulla sua persona e sulla sua missione da apprendere a memoria. Non insegna ai suoi discepoli il catechismo, la dottrina già definita, perfetta, senza lacune. Gesù vive il catechismo che ogni giorno apprende dal Padre nella sua storia quotidiana. Realizza tutta la dottrina su di Lui e la insegna ai suoi discepoli mostrandola compiuta nella sua carne. Man mano che la storia avanza, anche la fede progredisce. Un ministro della Parola non deve insegnare il catechismo. Deve viverlo e vivendolo lo insegna. Deve mostrare la verità nella sua carne, nella sua storia giornaliera. Mostrandola la insegna. Questa via va vissuta da tutti i discepoli del Signore. La vita è il loro catechismo.
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6) Per un confronto personale
a) Qual è il punto di questo testo che più ti è piaciuto o che più ti ha colpito? Perché? 
b) Cosa vorrà dire Gesù con quella affermazione: “Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”?
d) Un evento storico può avere un senso simbolico più profondo. Tu sei riuscito a scoprire un senso simbolico del brano evangelico? 
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 33
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
 
Benedirò il Signore in ogni tempo, 
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore: 
i poveri ascoltino e si rallegrino.
 
Magnificate con me il Signore, 
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: 
mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato.
 
Guardate a lui e sarete raggianti,
 i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta, 
lo salva da tutte le sue angosce. 
 
L’angelo del Signore si accampa 
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore; 
beato l’uomo che in lui si rifugia.
 
Temete il Signore, suoi santi: 
nulla manca a coloro che lo temono.
I leoni sono miseri e affamati, 
ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene.