Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - sabato 25 luglio 2020

Dettagli evento

  • sabato | 25 luglio 2020

https://www.sacrocuoreboli.it/sacrocuore/file/pagine/1114/25-luglio-2020.pdf



Lectio sabato 25 luglio 2020
 
Sabato della Sedicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
San Giacomo
 

2 Corinzi 4, 7 - 15
Matteo 20, 20 - 28  
 
 
1) Preghiera 
Dio onnipotente ed eterno, tu hai voluto che san Giacomo, primo fra gli Apostoli, sacrificasse la vita per il Vangelo; per la sua gloriosa testimonianza conferma nella fede la tua Chiesa e sostienila sempre con la tua protezione.
 
Giacomo, il figlio di Zebedeo, ha assimilato la lezione da Gesù, rapidamente e in modo eroico. Fu il primo degli apostoli a bere dal calice del Signore. Il suo primo martire. 
Una venerabile tradizione della Chiesa di San Giacomo di Compostela e delle altre diocesi della Spagna lo riconosce come il suo primo evangelizzatore. Attraverso l’esperienza di un apostolato intrepido - rendere testimonianza del Vangelo fisicamente fino al “Finis terrae” allora conosciuto - egli seppe che cosa significa servire nel senso di Cristo. Per la Chiesa, e per i suoi membri più giovani, rimangono e rimarranno sempre il suo esempio affascinante e la sua intercessione.
______________________________________________________________________________
 
 
2) Lettura: 2 Corinzi 4, 7 - 15
Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.
 
3) Riflessione  su 2 Corinzi 4, 7 - 15
• "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta affinché questa straordinaria grandezza venga dalla potenza di Dio e non da noi stessi" (2 Cor. 4,7) - Come vivere questa Parola?
In vaso di creta puoi mettere perle e lapislazzuli, il vaso è tutt'altro che alabastro.
Se non stai attento spostandolo, cade in terra e va in frantumi.
Ecco, il vaso di creta è immagine della nostra identità di creatura che, in se stessa è proprio molto fragile.
Attenzione! Il "tesoro", che sta dentro questo vaso di creta che noi siamo, è la GRAZIA SANTIFICANTE, l'inabitazione stessa di Dio che dà un valore di "straordinaria grandezza" a quello che siamo e facciamo. Certamente non può succedere che lo stesso peccato annienti totalmente questa meraviglia, perché è "potenza di Dio" che è all'opera, viene da lui e non da noi stessi.
Ecco: l'umiltà coincide con questa conosciuta verità. Non solo, ma è un continuo volgere le spalle alle pretese, al sussiego, al ridicolo pavoneggiarsi di proprie capacità, dimenticando che tutto viene da Dio.
Lasciamo la parola- preghiera a un santo sacerdote martire in questo nostro tempo, don Andrea Santoro trucidato il 5 febbraio 2006 a Trabazon: "Nel nome di Gesù rendiamo Grazie". Gesù è un rendimento di grazie continuo al Padre. Il canto, la lode purissima l'inno eterno e gioioso al Padre: questo è il Verbo, questo è Gesù. Siamo creati per essere questo: "Una goccia che riflette e loda il Padre, per mezzo di Gesù." 
Ecco la voce del Patriarca di Gerusalemme (3 marzo 2017): Dobbiamo ammettere che siamo come vasi d'argilla spezzati. Ci è stato affidato tanto, ma nella nostra umana fragilità, abbiamo lasciato che molto di questo andasse perduto. D'altra parte sappiamo che il Signore usa vasi fragili come provvidenziali strumenti nel Suo piano di salvezza. Possiamo essere sicuri che il tesoro che ci è stato dato brillerà ugualmente, anche se siamo vasi di argilla.
 
La fragilità.
Quell'immagine di Dio riflessa in noi è il nostro tesoro e ci trasferisce lentamente le qualità di Dio, se noi lo vogliamo. Questa trasformazione è un processo, non un colpo di bacchetta magica. Passa attraverso esperienze generose e piacevoli, come anche attraverso esperienze che mettono alla prova la nostra fragilità e la esaltano. Perché la trasformazione ha bisogno di fragilità per passare. Tribolati, sconvolti, perseguitati, colpiti... così Paolo si descrive, lui e i suoi. Ci lascia capire che ci sono forze interne ed esterne a ciascuno di noi che travolgono l'equilibrio, la stabilità, la pace che desidereremmo. Una lotta dove la fragilità si fa possibilità di non capitolare, occasione per intuire altre soluzioni così da non definirsi schiacciati, disperati, abbandonati e uccisi.
La vita di un credente in Cristo è una vita sopra le righe, spesso incomprensibile, anche a chi la sta vivendo. Ma è l'unica esperienza veramente liberante, che pone in uno stato ricerca continua che ferisce, ma arricchisce il cuore, la mente delle persone e le rende frammenti luminosi dell'unico Dio.
Oggi, Signore aiutaci a non vergognarci della nostra fragilità, aiutaci a viverla come la condizione che più facilmente ci mette nelle tue mani, il luogo nel quale viviamo la nostra trasformazione in te, che ci rende belli, amabili, eterni. 
Ecco la voce di un profeta J. Vanire: "Con la nostra capacità di amare sono risvegliate anche la nostra vulnerabilità e sensibilità più profonda."
______________________________________________________________________________
 
 
4) Lettura: Vangelo secondo Matteo 20, 20 - 28  
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 20, 20 - 28 
La domanda della madre dei figli di Zebedeo che si prostra davanti a Gesù con i suoi due figli, Giacomo e Giovanni, riflette l’ambiguità con la quale il popolo e i discepoli, anche quelli che sono stati scelti, i Dodici, capiscono Gesù, la sua persona e il suo messaggio, e cosa significa seguirlo. Essi chiedono un posto influente in politica, un potere nel mondo. La risposta di Gesù li forza ad un cambiamento radicale di prospettiva in rapporto con lui. Essi si dichiarano disposti a bere dal calice da cui lui stesso deve bere. Si tratta di un regno, quello che annuncia Gesù, che si trova completamente nelle mani del Padre e che si raggiunge con un cammino di dolore e di passione, non una qualsiasi passione o dolore, ma del dolore e della passione del Figlio, di Gesù. Per entrare in questo regno, nel regno del Padre, non è sufficiente bere dal calice ma bisogna bere dal calice di Cristo. 
Gli altri dieci non hanno un’opinione di Cristo diversa da quella della madre e dei figli di Zebedeo. Reagiscono con indignazione e gelosia. Tutti pretendono il primo posto al fianco di colui che sperano sia il futuro Re di Israele. La lezione che dà Gesù, riunendoli, approfondisce fino all’estremo il contenuto paradossale della sua azione liberatrice - incomprensibile per gli uomini, ineffabilmente luminosa vista secondo l’amore di Dio: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. Di qui nasce l’esigenza fondamentale per chi vuole essere suo discepolo: l’esigenza del servizio che va fino al dono della vita per il Maestro e per i fratelli.
 
Raccomandato ma Santo vero.
«Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». È la madre dei due figli di Zebbedeo, soprannominati «Figli del tuono» che parla ed implora per loro un posto di privilegio nel futuro regno. Come ogni buona mamma aspira a vedere i suoi due figli al primo e al secondo posto nel «Regno». Dalla risposta di Gesù appare evidente che a sollecitare la raccomandazione sono stati gli stessi due suoi figli Giacomo e Giovanni. Del resto non erano estranei a simili discorsi neanche gli altri apostoli. Mentre il Signore sta preannunciando la sua prossima passione, sente i suoi che lo seguono discutere su chi di loro dovrà essere il primo. Dice loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Il divino maestro non indugia ad indicare di che trono si tratti e quale è la condizione per sedervi. Il suo regno non è di questo mondo e aggiunge che vuole essere il primo deve essere l'ultimo di tutto e il servo di tutti. Si tratta di bere il calice amaro della passione, di offrirsi in libagione come vittime. Gesù dinanzi a quella passione atroce invocò il Padre suo celeste: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Dovranno arrivare i giorni della passione, dello scandalo della croce, della fuga e della paura per comprendere che cosa significhi bere il calice. Sia Giacomo che Giovanni berranno allo stesso calice di Cristo e coroneranno con la palma del martirio la loro vita. Così ci si svela il vero valore della sofferenza e del martirio: è la partecipazione al sacrificio di Cristo, la condivisione di una crudeltà assurda che sgorga dal peccato per infliggere la morte, ma quella morte che ormai per la forza di Cristo ci conduce alla risurrezione.
 
• Matteo 20,20-21: La richiesta della madre dei figli di Zebedeo. I discepoli non solo non capiscono, ma continuano a pensare alle loro ambizioni personali. La madre dei figli di Zebedeo, portavoce dei suoi figli Giacomo e Giovanni, si avvicina a Gesù per chiedergli un favore: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Loro non avevano capito la proposta di Gesù. Erano preoccupati solo dei loro interessi. Ciò rispecchia le tensioni nelle comunità, sia al tempo di Gesù e di Matteo, come pure oggi nelle nostre comunità.
 
• Matteo 20,22-23: La risposta di Gesù. Gesù reagisce con fermezza. Risponde ai figli e non alla madre: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete forse bere il calice che io sto per bere?" Si tratta del calice della sofferenza. Gesù vuole sapere se loro, invece del posto d’onore, accettano di dare la propria vita fino alla morte. I due rispondono: “Lo possiamo!” Era una risposta sincera e Gesù conferma: "Voi lo berrete”. Nello stesso tempo, sembra una risposta precipitata, poiché, pochi giorni dopo, abbandonano Gesù e lo lasciano solo nell’ora del dolore (Mt 26,51). Non hanno una forte coscienza critica, e nemmeno si rendono conto della loro realtà personale. E Gesù completa la sua frase dicendo: “però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Ciò che Gesù può offrire è il calice della sofferenza, della croce.
 
• Matteo 20,24-27: “Non così dovrà essere tra voi”. “Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli”. La richiesta fatta dalla madre a nome dei figli, causa una forte discussione nel gruppo. Gesù chiama i discepoli e parla loro dell’esercizio del potere: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così tra di voi: colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo”. In quel tempo, coloro che avevano il potere non avevano nessun interesse per la gente. Agivano secondo i propri interessi (cf. Mc 14,3-12). L’impero romano controllava il mondo, sottomettendolo con la forza delle armi e così, mediante tributi, tasse ed imposte, riusciva a concentrare la ricchezza mediante la repressione e l’abuso di potere. Gesù aveva un’altra risposta. Lui insegna contro i privilegi e contro la rivalità. Sovverte il sistema ed insiste nell’atteggiamento di servizio che è il rimedio contro l’ambizione personale. La comunità deve preparare un’alternativa. Quando l’impero romano si disintegra, vittima delle sue contraddizioni interne, le comunità dovrebbero essere preparate ad offrire alla gente un modello alternativo di convivenza sociale.
 
• Matteo 20,28: Il riassunto della vita di Gesù. Gesù definisce la sua vita e la sua missione: “Il Figlio dell’Uomo non è venuto ad essere servito, ma a servire e a dare la sua vita in riscatto per molti”. In questa auto definizione di Gesù sono implicati tre titoli che lo definiscono e che erano per i primi cristiani l’inizio della Cristologia: Figlio dell’Uomo, Servo di Yavè e fratello maggiore (Parente prossimo o Gioele). Gesù è il messia Servo, annunciato dal profeta Isaia (cf. Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12). Imparò da sua madre che disse: “Ecco l’ancella del Signore!” (Lc 1,38). Proposta totalmente nuova per la società di quel tempo.
______________________________________________________________________________
 
 
6) Per un confronto personale
• Giacomo e Giovanni chiedono favori, Gesù promette sofferenza. Ed io, cosa cerco nel mio rapporto con Dio e cosa chiedo nella preghiera? Come accolgo la sofferenza che avviene nella vita e che è il contrario di ciò che chiediamo nella preghiera?
• Gesù dice: “Tra di voi non sia così!” Il nostro modo di vivere nella chiesa e nella comunità concorda con questo consiglio di Gesù?
 
 
7) Preghiera finale: Salmo 125
Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.
 
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
 
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
 
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
 
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.