Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - domenica 12 luglio 2020

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  • domenica | 12 luglio 2020

Lectio domenica 12 luglio 2020
 
Domenica della Quindicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
Lettera ai Romani 8, 18 - 23
Matteo 13, 1 - 23
 
 
1) Orazione iniziale 
Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola, che continui a seminare nei solchi dell’umanità, perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno.
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2) Lettura: Lettera ai Romani 8, 18 - 23
Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
 
3) Commento su Lettera ai Romani 8, 18 - 23
? Nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Romani, l'apostolo Paolo ci ricorda come la natura e l'uomo siano accumunati nel dolore a causa del peccato, ma sono anche associati nella risurrezione di Cristo.
Tutta la creazione attende la redenzione per mezzo dell'adozione a figli, e anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo e le sofferenze di oggi sono nulla di fronte a quello che saremo, quando diventeremo inseriti nella risurrezione di Cristo. Tutta la creazione attende questa nostra manifestazione per gioire.
Quando si agisce in modo che tutte le cose siano fatte come dice il Signore, allora si rende l'uomo libero e di conseguenza anche tutta la natura e la creazione diventano libere. L'umanità dovrebbe sempre ricordare la frase "convertitevi e credete al vangelo" e agire secondo questa frase in tutte le attività umane e spirituali.
 
? Le sofferenze che patiamo su questa terra saranno ricompensate quando torneremo al Padre, sebbene la gloria che ci sarà rivelata è già in noi, ma ancora nascosta ai nostri occhi. La rivelazione è aspettativa di tutta la "creazione", intesa come tutto ciò che è stato creato, e che partecipa al cammino che il popolo dei credenti sta facendo verso la méta finale. Tutto ciò che è stato creato, però, è stato sottomesso dal peccato, dalla brama del potere, dall'egoismo umano, che ne hanno solo deteriorato, senza mutare, la loro natura. Questa sottomissione non è certamente opera di Dio ma opera del male, ed è l'uomo stesso che diventa "cattivo" nel momento in cui fa prevalere il male al bene. Tutto questo, però, è qualcosa di transitorio, e un giorno terminerà, e tutti i figli di Dio saranno liberati dal peso del peccato, raggiungendo la gloria celeste. Il passaggio dalla caducità delle cose terrene, del peccato, della cecità che spesso ci accompagna, alla redenzione e alla liberazione dal male, osserverà un percorso temporale personale, come del resto è personale la gestazione della donna.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 13, 1 - 23
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
 
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 13, 1 - 23
? Il vangelo di oggi parla della parola di Dio e della sua efficacia. Gesù, attraverso la parabola del seminatore mette in risalto l’importanza del terreno buono.
Il seminatore, che è Gesù, si mostra molto generoso nello spandere i semi, gettandoli anche là dove apparentemente sono sprecati, come sulla strada; Egli ha fiducia che il frutto verrà. I vari terreni di cui si parla simboleggiano i diversi tipi di persone e/o di situazioni che incidono sul frutto del seme.
Come esemplificava il Card. Martini, possiamo individuare delle categorie. Le persone-asfalto sono quelle che sono indifferenti alle domande esistenziali o esplicitamente non credono in Dio: in esse la Parola non porta frutto. Le persone-terra sassosa sono gli incostanti, quelli che non sono coerenti: credono in Dio ma non accettano le conseguenze morali della fede e non partecipano alla vita della Chiesa. Le persone-terra cespugliosa sono i credenti soffocati dalla mentalità consumistica e non aderenti agli impegni che la fede comporta: credono in Gesù, ma conducono una vita pagana. Infine c’è il terreno che porta frutto: dove il trenta, il sessanta, il cento: potremmo riconoscere questi terreni rispettivamente nei cristiani tradizionalisti, negli appartenenti ai movimenti, ma con poca appartenenza alla comunità, e in coloro che cercano di seguire Gesù e vivono la vita della Chiesa.
Possiamo chiederci: “in quale categoria sono io”? Possiamo rispecchiarci in uno dei tipi di terreno ma forse, di volta in volta, siamo l’uno o l’altro. Lasciamo che la Parola operi in noi: se riconosciamo di essere un terreno di quelli descritti non dobbiamo abbatterci, ma chiedere al Signore che ci renda terreno buono. Accettare di essere terreno sassoso o spine è già un primo passo per andare avanti e non illudersi di essere coloro che portano frutto; il rendermi conto di “chi sono” è un passo importante che permette di prendere qualche contromisura: custodire la Parola nel raccoglimento, dissodare il terreno con piccoli propositi, prendere una decisione importante... 
Per chi deve seminare, invece, è necessario che offra la Parola anche a chi non sembra disponibile, senza pensare “non merita” o “è tempo perso”: Dio non agisce così! Dobbiamo imitare Dio e cercare i modi giusti per annunciare e proporre il Vangelo, per farci capire da chi ascolta; a volte la Parola di Dio è rifiutata perché non ben spiegata o presentata: nostro compito è renderla accessibile e comprensibile senza svilirla o tradirla.
 
? Dove cade il seme di Dio.
È dal principio, dalla creazione, che Dio va spargendo il suo buon seme nel mondo. Alitando su una massa informe, dopo aver creato dal nulla l'universo, ha fatto di noi, dandoci la vita, le sue creature predilette; creandoci a sua immagine e somiglianza e ha nobilitato la nostra natura, dotandoci di intelligenza e volontà. Anche quando, a causa del peccato, abbiamo deturpato la nostra immagine e rotto l'armonia che ci legava al Signore, Egli si è posto subito amorevolmente alla nostra ricerca, spargendo ancora il seme della sua parola nel cuore dell'uomo, nel tentativo di riprendere con noi un dialogo e ristabilire un'alleanza colpevolmente infranta. Ha affidato i suoi messaggi di salvezza a persone da lui stesso prescelte e dando loro il compito di profetare nel suo nome. Ancora una volta però quel seme, quelle parole, quelle sacrosante verità, non hanno trovato sempre la dovuta accoglienza: invece di cuori di carne ha trovato cuori di pietra, non accoglienti e incapaci di far fruttificare il seme. Ha trovato uomini dalla dura cervice: menti immerse nei grovigli delle passioni umane e nei mille affanni della vita e anche lì il seme è rimasto soffocato e il frutto non ha potuto maturare. Noi tutti conosciamo bene il "peso" di quella pietra, che grava sul nostro spirito: è la stessa che fu posta poi sul sepolcro di Cristo nell'insane tentativo di chiuderlo per sempre nelle viscere della terra. Anche quella pietra è stata definitivamente rimossa. Sappiamo bene anche il significato dei rovi e delle spine che soffocano la parola di Dio; andranno poi a coronare il capo del divino Salvatore nella sua passione. Comprendiamo anche il significato dell'ordine perentorio che Cristo darà dinanzi alla tomba del suo amico Lazzaro: "Togliete la pietra!". È la condizione per risorgere, per uscire dal buio della morte e del cuore, per poter poi ascoltare e percepire con chiarezza la Parola che rigenera e da vita. Ai nostri giorni viviamo ancora le stesse condizioni e corriamo gli stessi pericoli: la durezza del cuore è ancora una malattia frequente dello spirito e i grovigli delle spine e delle umane preoccupazioni ci assillano più che mai. Dissodare il terreno dello spirito per renderlo capace di accogliere il seme di Dio che feconda ogni umana esistenza, significa concretamente imparare a stimare i valori dell'anima, spiritualizzare la vita, recuperare la vista e l'udito per accorgerci ancora del Dio che passa seminando i suoi splendidi doni nei solchi della nostra esistenza. Sembrerebbe contraddittorio, ma per rendere fecondo il terreno della nostra anima dobbiamo distogliere lo sguardo dalla terra e rivolgersi con la migliore intensità alle cose del cielo, al pensiero di Dio. Lo diceva già S. Paolo: "Cercate le cose di lassù e non quelle della terra".
 
? Ogni giorno su di noi una pioggia di semi di Dio.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. Magia delle parabole: un linguaggio che contiene di più di quel che dice. Un racconto minimo, che funziona come un carburante: lo leggi e accende idee, evoca immagini, suscita emozioni, avvia un viaggio. Gesù amava i campi di grano, le distese di spighe, di papaveri, di fiordalisi, osservava la vita e nascevano parabole. Oggi osserva un seminatore e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio.
Il seminatore uscì a seminare: la parabola non perde tempo in preamboli o analisi, racconta un fatto o una esperienza. Il seminatore, non un; il Seminatore per eccellenza, Colui che con il seminare si identifica, perché non fa altro che questo: dare vita, fecondare. Seminatore: uno dei più belli nomi di Dio. E subito l'immagine d'un tempo antico ci riempie gli occhi della mente: un uomo con una sacca al collo che percorre un campo, con un gesto largo della mano, sapiente e solenne. Ma il quadro collima solo fin qui. Il seminatore della parabola è diverso, eccessivo, illogico: lancia manciate generose anche sulla strada e sui rovi. È uno che spera anche nei sassi, un prodigo inguaribile, imprudente e fiducioso. Un sognatore che vede vita e futuro ovunque. Una pioggia continua di semi di Dio cade tutti i giorni sopra di noi. Semi di Vangelo riempiono l'aria. Si staccano dalle pagine della Scrittura, dalle parole degli uomini, dalle loro azioni, da ogni incontro. Ma per quanto il seme sia buono, se non trova acqua, luce e protezione, la giovane vita che ne nasce morirà presto. Il Seminatore getta il seme, ma è il terreno che permette di crescere. Allora io voglio farmi terra buona, terra madre, culla accogliente per il piccolo germoglio. Come una madre, che sa quanto tenace e desideroso di vivere sia il seme che porta in grembo, ma anche quanto fragile, vulnerabile e bisognoso di cure, dipendente quasi in tutto da lei.
Essere madri della parola di Dio, madri di ogni parola d'amore. Accoglierle dentro sé con tenerezza, custodirle e difenderle con energia, allevarle con sapienza. Ognuno di noi è una zolla di terra, ognuno è anche un seminatore che cammina nel mondo gettando semi. Ogni parola, ogni gesto che si stacca da me, se ne va per il mondo e produrrà qualcosa. Che cosa vorrei produrre? Tristezza o germogli di sorrisi? Paura, scoraggiamento o forza di vivere?
«Il cristiano è uno ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ha però la sicurezza che non va perduto nessun atto d'amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. Tutto ciò circola nel mondo come una forza di vita». (E.G. 278-279).
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- La parabola cosa può dire alla Chiesa oggi? Quale terreno presenta la nostra comunità ecclesiale? E a livello personale quale disponibilità interiore e comprensione manifestiamo davanti all’ascolto della Parola?
- Non è vero che i pericoli segnalati da Gesù ai suoi discepoli circa l’accoglienza della Parola interessano anche noi? Per esempio: l’incostanza di fronte alle difficoltà, la negligenza, la pigrizia, l’ansia per il futuro, le preoccupazioni quotidiane?
- I discepoli sono stati capaci di domandare a Gesù, di interrogarlo sulle loro preoccupazioni e difficoltà. Nel tuo cammino di fedeltà alla Parola di Dio a chi rivolgi i tuoi interrogativi, le tue domande? Dalla qualità delle nostre domande dipendono anche le risposte che Gesù sa comunicarci nel rapporto intimo e personale con lui.
 
7) Preghiera: Salmo 64
Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.
 
Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.
 
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
 
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.   
 
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!
 
 
8) Orazione Finale
Fa’, o Padre, che i semi del Vangelo ricevuti in questa liturgia mettano radici profonde nei nostri cuori, perché solo così possiamo essere testimoni della verità che ora accogliamo nella fede.