Per la preghiera personale e familiare: Lectio divina sulla Liturgia della Parola del giorno - giovedì 9 luglio 2020

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  • giovedì | 9 luglio 2020

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Lectio giovedì 9 luglio 2020
 
Giovedì della Quattordicesima Settimana del Tempo Ordinario (Anno A)
 
Profeta Osea 11, 1-4.8-9
Matteo 10, 7 - 15
 
 
1) Orazione iniziale
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna.
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2) Lettura: Profeta Osea 11, 1-4.8-9
Così dice il Signore: «Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira».
 
3) Commento sul  Profeta Osea  11, 1-4.8-9
Il profeta Osea ha svolto il ministero profetico nel regno d’Israele (Efraim o Giacobbe, come da lui chiamato) durante lo splendido periodo di Geroboamo II° (787-747 a. C.). Egli è il profeta che ha saputo cogliere i rapporti tra Israele e Dio dall’esperienza personale dell’infedeltà della sua donna. Tale esperienza ha assunto valore simbolico e i nomi dei tre figli avuti specificano simbolicamente le conseguenze dell’infedeltà: Izeèl, località nella quale si erano svolte alcune lotte sanguinose nella storia del popolo ebraico; Non-amata, che indica la dolorosa sospensione di ogni sentimento «materno» e «paterno» di Dio per il suo popolo; Non-mio-popolo, che indica l’abbandono del popolo e la condanna di distruzione.
Osea penetra nell’infinita fedeltà e tenerezza del Dio d’Israele. I rapporti tra Dio e il suo popolo sono descritti come rapporti d’amore tra madre e figlia, tra fidanzato e fidanzata, tra sposo e sposa che si appartengono totalmente, accentuando una dimensione materna del tutto nuova nella Bibbia.
 
Ma con le sue infedeltà Israele diviene la figlia «non più amata», la sposa ripudiata. Dio pensa di ricondurla a sé mediante il castigo. Sarà come tornare al deserto e là Israele, almeno nella parte migliore, il resto, tornerà veramente a Dio. La sofferenza sarà punto di partenza per un nuovo avvenire (Os 11,7-11). Dio ha amato e ama troppo Israele per distruggerlo (Os 11, 8-9) e intende recuperarlo, come lo sposo vuole recuperare la sposa amata, nonostante le infedeltà, come è avvenuto per Osea.
 
•  “Il mio popolo è duro a convertirsi.” Come al popolo eletto, il Signore invita anche noi alla conversione e ad un cambiamento di vita. La conversione è un problema di sempre. Eppure, il Signore, anche se siamo testardi al cambiamento di vita, ci considera «suoi», suo popolo, sua proprietà, su cui Egli ha posto la sua benedizione.
Il popolo è duro a convertirsi: che cosa significa «conversione» nella nostra vita? Come la realizziamo in concreto nella quotidianità? Siamo chiamati a «guardare in alto»: quali sono le paure che ci trattengono dal farlo, che ci fanno vivere mediocremente? Anche se non «sappiamo sollevare lo sguardo», quello del Signore è costantemente rivolto verso di noi: siamo davvero consapevoli di questo? Ci sentiamo pienamente «Suoi»?
 
• “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione.”
Questo versetto ci indica quale amore nutre il Signore verso di noi. È un Dio che non disdegna l’umanizzazione dei suoi sentimenti. Possiamo capire l’amore di Dio per noi pienamente in Gesù. È nell’intimo che Dio ci ama, nella profondità, nel cuore.
«Il mio cuore si commuove dentro di me»: facciamo esperienza di un dialogo continuo e fiducioso con Colui che ci ama al punto che il «suo cuore si commuove»? Ogni nostro impegno, servizio, lavoro, studio, gesto, sorriso..., acquista un senso nuovo e più vero se fatto alla luce del Suo Amore: è sempre questo Amore che muove tutte le nostre azioni? Siamo capaci di vivere la gratuità derivante dal sentirci profondamente amati? Nelle difficoltà di ogni giorno, lasciamo risuonare questa Parola: «Come potrei abbandonarti»?
 
•  “Non darò sfogo all’ardore della mia ira, …, perché sono Dio e non uomo…” Dio ama da Dio e non da uomo. Dio ragiona da Dio, è pazzo per l’uomo fino a diventare il maledetto tra i maledetti sulla croce, sempre in mezzo agli uomini.
«Non darò sfogo all’ardore della mia ira»: il perdono e la misericordia, sono delle costanti nel rapporto di Dio con l’uomo: come ci poniamo davanti a questo atteggiamento? Lo riteniamo un po’ illogico? Siamo pronti ad accogliere il perdono di Dio? A perdonare noi stessi? E i nostri fratelli? Siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio ma il peccato sporca questa somiglianza: lasciamo lavorare lo Spirito perché agisca nel profondo purificando la nostra anima?
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4) Lettura: dal Vangelo di   Matteo 10, 7 - 15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. 
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
 
5) Riflessione sul Vangelo di  Matteo 10, 7 - 15
•  Questo passo del Vangelo ci mette in imbarazzo. È necessario che i messaggeri di Gesù vivano in una povertà e in un’assenza totale di bisogni per rendere gli uomini attenti, grazie a questo stile di vita semplice, al messaggio di Gesù che sono incaricati di trasmettere. Certo, dietro a queste parole c’è l’esperienza di tutti i primi missionari cristiani, partiti per diffondere il messaggio di Gesù nella semplicità e nella povertà più estreme. Ed è certo anche che noi non possiamo più praticare questo stile di vita nel nostro mondo così complicato: un mondo di previdenze e di sicurezze. 
Tuttavia, non possiamo semplicemente mettere da parte l’esigenza scomoda che contengono queste parole. Ricchezza e possesso, carriera e considerazione, prestigio negli affari e titoli onorifici... non giocano un ruolo troppo grande nel nostro spirito? Che cosa significa oggi per noi l’esortazione di Gesù a rinunciare alle nostre esigenze e ai nostri bisogni, per noi cristiani che viviamo in una società opulenta? Qual è la loro importanza di fronte agli enormi problemi ecologici provocati proprio dalla nostra opulenza? San Francesco d’Assisi e i suoi frati hanno preso molto seriamente le parole di Gesù. All’inizio, molti hanno riso di loro, ma alla fine essi hanno avuto più impatto di tutti i loro avversari messi insieme... Nella nostra epoca, in cui siamo affascinati dal consumo, non sarebbe ora di rimettere l’accento sulla “povertà” e sulla “semplicità”?
 
 
 
 
•  Strada facendo...
«Predicate che il Regno di Dio è vicino»: gli Apostoli, adempiono la loro missione, guidati e sorretti dalla Spirito Santo. Il loro compito è di dare al mondo un annuncio di pace e di salvezza, che hanno già ricevuto a loro volta e che, se accolto, sortirà effetti prodigiosi nella vita degli uomini: gli infermi, i malati di lebbra sono guariti, i morti risuscitano, i demoni sono scacciati. Sono così in sintesi enunciati gli effetti della grazia divina, che fa d'ogni uomo una creatura nuova. È l'avvento del Regno di Dio. È necessario però che tale annuncio sia dato nell'assoluta gratuità, sia perché è dono di Dio e non degli uomini, sia perché rifulga che esso sgorga dall'amore e non può essere in nessun modo barattato con il denaro. L'operaio deve andare sgombro d'ogni umana sicurezza perché egli deve riporre la sua fiducia solo in Colui che lo ha inviato e nella purezza del messaggio che ha da annunciare. Non può fare affidamento neanche sulla certezza che quanto egli predica sia poi effettivamente accolto. Anzi l'apostolo sa bene che andrà incontro all'odio e alle persecuzioni. La storia della chiesa è ricca di esempi di annunciatori eroici e di martiri in una catena ininterrotta fino ai nostri giorni. Ogni cristiano, per vocazione, deve diventare un fedele testimone di Cristo e ciò anche quando il mondo ci ostacola, ci contraddice e ci umilia. Le strade del mondo debbono essere ancora percorse da schiere di apostoli, da ferventi testimoni di Cristo affinché la verità rifulga e il bene prevalga.
 
• Matteo 10,7: L’obiettivo della missione: rivelare la presenza del Regno. “Andate ed annunciate: Il Regno dei cieli è vicino”. L’obiettivo principale è quello di annunciare che il Regno è vicino. Ecco la novità che Gesù ci porta. Per gli altri giudei mancava ancora molto per la venuta del Regno. Sarebbe avvenuto dopo che loro avessero svolto la loro parte. La venuta del Regno dipendeva, secondo loro, dal loro sforzo. Per i farisei, per esempio, il Regno sarebbe giunto solo dopo l’osservanza perfetta della Legge. Per gli esseni, quando il paese si fosse purificato. Ma Gesù pensa in un modo diverso. Ha un modo diverso di leggere i fatti della vita. Dice che è già giunta l’ora (Mc 1,15). Quando lui dice che il Regno è vicino o che il Regno è già in mezzo a noi non vuol dire che il Regno stava giungendo solo in quel momento, ma che era già lì, indipendentemente dallo sforzo fatto dalla gente. Ciò che tutti aspettavano, era già in mezzo alla gente, gratuitamente, ma la gente non lo sapeva, né lo percepiva (cf. Lc 17,21). Gesù se ne rese conto! Perché lui guarda la realtà con occhi diversi. Lui rivela ed annuncia ai poveri della sua terra questa presenza nascosta del Regno in mezzo a noi (Lc 4,18). È il granello di senape che riceverà la pioggia della sua parola ed il calore del suo amore.
 
• Matteo 10,8: I segni della presenza del Regno: accogliere gli esclusi. Come annunciare la presenza del Regno? Solo mediante parole e discorsi? No! I segni della presenza del Regno sono innanzitutto gesti concreti, fatti gratuitamente: “Guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, scacciare i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Ciò significa che i discepoli devono accogliere dentro la comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica sia la religione che la società che esclude, ed indica soluzioni concrete.
 
• Matteo 10,9-10: Non procuratevi nulla per il cammino. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non devono portare nulla: “Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento”. Ciò significa che devono aver fiducia nell’ospitalità della gente. Poiché il discepolo che va senza nulla, portando solo la pace (Mc 10,13), mostra che ha fiducia nella gente. È sicuro che sarà accolto, che potrà partecipare alla vita e al lavoro della gente del luogo e che potrà sopravvivere con ciò che riceverà in cambio, poiché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. Ciò significa che i discepoli devono aver fiducia nella condivisione. Per mezzo di questa pratica loro criticano le leggi di esclusione e riscattano gli antichi valori della convivenza comunitaria.
 
• Matteo 10,11-13: Condividere la pace in comunità. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma devono cercare persone di pace e rimanere nella casa. Cioè devono convivere in modo stabile. Così, per mezzo di questa nuova pratica, criticano la cultura dell’accumulazione che distingueva la politica dell’Impero Romano, ed annunciavano un nuovo modello di convivenza. Una volta rispettate tutte queste esigenze, i discepoli potevano gridare: Il Regno di Dio è giunto! Annunciare il Regno non vuol dire, in primo luogo, insegnare verità e dottrine, ma spingere verso una nuova maniera fraterna di vivere e di condividere partendo dalla Buona Novella che Gesù ci ha portato: Dio è Padre e Madre di tutti e di tutte.
 
• Matteo 10,14-15: La severità della minaccia. Come capire questa minaccia così severa? Gesù ci porta qualcosa di totalmente nuovo. Lui è venuto a riscattare i valori comunitari del passato: l’ospitalità, la condivisione, la comunione attorno al tavolo, l’accoglienza agli esclusi. Ciò spiega la severità contro coloro che rifiutano il messaggio. Poiché non rifiutano qualcosa di nuovo, ma il proprio passato, la propria cultura e saggezza! La pedagogia di Gesù ha come obiettivo scavare nella memoria, riscattare la saggezza della gente, ricostruire la comunità, rinnovare l’Alleanza, ricostruire la vita.
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6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione
• Come attuare oggi la raccomandazione di non portare nulla per il cammino quando si va in missione?
• Gesù ordina di cercare persone di pace, per poter rimanere a casa sua. Chi sarebbe oggi una persona di pace a cui rivolgerci nell’annuncio della Buona Novella?
 
 
7) Preghiera: Salmo 79
Fa’ splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi.
 
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. 
 
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.