Vergine Pietrafesa

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L’Assunzione della Vergine del Pietrafesa

di Paolo Sgroia

 

L’ex convento di S. Antonio, fondato dai Frati Minori nel lontano 1233 in località Paterno, è uno dei più antichi della provincia di Salerno. La chiesa annessa intitolata a S. Anna, è una delle poche ad Eboli che non sia stata depredata da mani ignote. Questo, certamente, grazie al fatto che l’edificio sacro è parte integrante dell’Ospedale Civile “Maria SS. Addolorata”.

La chiesetta ricca di storia è impreziosita da innumerevoli opere d’arte, tra cui molte statue e tele di indiscusso valore artistico. I dipinti più apprezzabili sono: un olio su tela dell’800 che raffigura S. Vito, riconducibile all’area culturale neoclassica; una Madonna di Caravaggio (cm 210x120) del ‘700, con i santi Domenico e Francesco, di artista ignoto, appartenente ai signori Ferrari; e sull’altare principale di marmo con tronetto costruito nel 1858 è l’opera chiaramente più importante, ossia un dipinto del noto artista Giovanni de Gregorio.

L’opera che raffigura “l’Assunzione della Vergine” è una delle più belle che si possono ancora ammirare in Eboli, le altre che facevano parte di un notevole patrimonio artistico, purtroppo, sono andate perdute per vari motivi, ed altre sono state trasferite al Museo Diocesano di Salerno.

De Gregorio nasce a Petra-fixia, l’antica Satriano di Lucania, tra il 1579 e il 1580, come si ricava da un atto notarile del 27 settembre 1595, nel quale si afferma che egli all’età di 15 anni frequentava la bottega napoletana di Fabrizio Santafede1.

Dopo essere ritornato a casa si trasferisce a Vignola, oggi Pignola, dove si sposa e apre la sua bottega, scuola per altri artisti tra i quali Giuseppe De Gregorio suo figlio adottivo, Girolamo Bresciano da Pietragalla e Francesco Romano da Laurenzana.

La sua produzione pittorica è attiva tra la provincia della Basilicata e quella di Principato Citra. La sua prima opera firmata che si conosce è La Pietà del 1608, realizzata per la chiesa di S. Francesco di Potenza. Ma certamente c’è un vuoto da colmare, dopo il 1601, anno in cui termina la sua formazione nella bottega di Santafede.

La ragione della sua fortuna va ricercata nello stile del pittore, intriso di naturalismo sofisticato derivante da influssi fiamminghi come mostrano i toni cromatici vivi, con la luce che indaga ogni particolare degli oggetti rappresentati2.

L’Assunzione della Vergine di Eboli (cm 200x160), è realizzata qualche anno prima del 1630. La commissione è richiesta per la chiesa della SS. Annunziata3 (notizia da avvalorare con documenti); in seguito la tela è acquisita dai padri Cappuccini per essere collocata definitivamente nella chiesa del loro convento, ora cappella del presidio ospedaliero.

L’opera è eseguita in un periodo in cui l’artista arricchisce il proprio repertorio con prelievi diretti dalla pittura controriformista di Ippolito Borghese, da cui ne studierà anche la retorica gestuale delle figure, il senso plastico, le soluzioni volumetriche, e soprattutto l’impianto luministico contrastato e chiaroscurato, senza rinunciare, però, alla sua personalissima formula coloristica4.

La figura dell’Assunzione della Vergine di Eboli che si staglia su un fondo luminoso è dipinta sopra delle nuvole, sorretta dalle mani di due angioletti festanti, tutt’attorno quattro angeli sonanti ed ancora altri due angioletti festanti. Il suo sguardo è rivolto al cielo con le braccia aperte in atteggiamento di umile preghiera; sulla parte superiore della tela quattro testine alate fanno da decorazione alla composizione in un modo di dipingere insolito e quasi unico per l’artista lucano.

La figura della Vergine è connotata da una maggiore espressività sentimentale e pietistica, rispetto ad analoghe figure precedenti5. Nella parte inferiore più chiaroscurata del dipinto, ai piedi della Vergine una tomba vuota e dei discepoli con lo sguardo stupito6, figure inedite nel repertorio del maestro. Il concitato gesticolare degli Apostoli dai tratti caricati, rievoca soluzioni narrative già sperimentate nella Deposizione di Castelcività7

 

NOTE:

1) P. L. De Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606, Napoli 1991, p. 335.

2) A. Miraglia “Manierismo lucano: Giovanni de Gregorio detto il Pietrafesa” in Basilicata

    Regione n. 5, 1997.

3) S. Saccone, Pietrafisianus Pingebat, Opere di Giovanni de Gregorio, 1608-1653. Napoli 1993,

     p. 25. 

4) Idem, pag. 66.

5) Idem, pag. 60.

6) P. Sgroia, Un’altra opera per la chiesa di S. Anna, in Agire del 29/03/03, p. 13.

7) S. Saccone, Pietrafisianus Pingebat, op. cit., pag. 60.

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